Ciao a tutte.
Avendo Nuvole e Gomitoli una piccola sezione chiamata “Letture e Pensieri”, oggi vorrei arricchirla un poco. A dire il vero, questa mattina mi sono alzata con il proposito di recensire (ossia: dire la mia) sui libri che mi sono piaciuti. Chissà, magari potrei influenzare una vostra possibile scelta o, perché no?, conoscere la vostra opinione.
L’intento mio mattutino è nato da questo libro:

La copertina è tratta dalla versione del libro per Kindle.
Se non erro, da questo libro hanno tratto un film che non ho visto. In attesa di reperire il film, vi lascio una spassionata opinione non intellettuale – s’intende :-) – su un libro scoperto per caso, scritto da un’autrice che non conoscevo, scomparsa il 19 agosto del 1942 ad Auschwitz.
Sappiate che questo testo bello ed intenso è un’opera rimasta incompiuta. “(…)Irène Nemirovsky scriveva su un grosso quaderno rilegato in pelle, sull’erba, sotto un albero, nella campagna di Issy-l’Évêque, il villaggio della Borgogna dove si è rifugiata all’inizio della guerra, nel settembre del 1939, e dove vive stabilmente con la famiglia dal 1941, di fatto prigioniera. Ha la stella gialla che si è cucita sul petto (…). Riempie veloce il suo quaderno, non rileggerà (…). (…) Il quaderno rilegato in pelle è rimasto a Issy-l’Évêque, in una valigia con i ricordi familiari che le due figlie, Denise ed Élisabeth, porteranno con sé nella loro fuga, sopravvivendo al padre, Michel Epstein, arrestato nell’ottobre del 1942. deportato ad Auschwitz ed immediatamente ucciso in una camera a gas. Soltanto nel 1992 Denise Epstein trova il coraggio di trascrivere a macchina quel quaderno, l’ultimo manoscritto della madre (…)” (dalla prefazione di Lanfranco Binni).
Ho voluto riportare piccoli brani della prefazione per darvi l’idea della storia, cioè di come è nato Suite Francese.
Mi sono lasciata completamente catturare da quest’autrice e dalla sua scrittura poetica, descrittiva, delicata e, a tratti, forte come un pugno nello stomaco, soprattutto nei dialoghi – veri, mai scontati – e nei pensieri dei suoi personaggi – pensieri che svelano fino in fondo la natura degli stessi.
La prima parte del libro – Tempesta di Giugno – è corale, non emerge mai un solo protogonista, non esiste. I vari personaggi si muovono, parlano, vivono ed incrociano le loro storie sullo sfondo della seconda guerra mondiale, l’avanzata dei tedeschi verso Parigi. Sono personaggi che sanno farsi odiare, detestare, amare e suscitare tenerezza. Sono veri. Sono reale estratto delle umane virtù e difetti, che ben potrebbero essere decontestualizzati ed inseriti ai giorni d’oggi. Le loro storie, le loro vite ti entrano dentro e non ti lasciano.
Nella seconda parte, Dolce, il registro narrativo cambia. I dialoghi calano (non spariscono, s’intende) e acquista maggior forza la capacità descrittiva della Némirovsky. Qui ho avuto l’impressione di leggere le pagine come se fossi io stessa lì dentro, tra le parole, nelle parole, tra le pagine e nelle pagine. Infatti, non solo ogni parola viene letta d’un fiato, per non dire bevuta, ma si sente tutto: la parola scritta diventa suono (scroscio di pioggia, luce della luna, passi di tedeschi, clangore di porte che si chiudono, acre profumo di tabacco, suono di pianoforte, risa e giochi di bambini…). La parola diventa vita e la si percepisce, si tocca, si annusa, investe e veste il lettore. Per quanto sia diversa dalla prima parte, Dolce non è slegata da Tempesta di Giugno: ritornano i nomi di alcuni personaggi, si rievoca l’anno appena trascorso (in cui è ambientata la prima parte, Tempesta di Giugno), ma diminuiscono i personaggi senza che venga meno la coralità del libro. Tuttavia, tra tutte le presenze narrate che vivono e interagiscono, tre spiccano: le due signore Angellier – la madre di Gaston, fatto progioniero e la di lui moglie, Lucile – e l’ufficiale tedesco Bruno von Falk. Inutile ripetere quanto i personaggi vengano, anche qui, descritti con naturalezza e spietatezza. Naturalezza perché si ha l’impressione di essere lì con loro e di conoscerli (e chi non non conosce una delle due signore Angellier nella propria vita?); spietatezza perché ogni mancanza, particolare, difetto e peculiarità viene palesato al lettore sotto forma di pensieri che tutto svelano facendo acquisire a ciascun personaggio piena sostanza e solidità.
Giunta alla fine… (e fine non è propriamente la parola giusta)… un senso di squisita compagnia mi ha pian piano abbandonata. Irène Némirovsky mi ha accompagnata negli intervalli dei miei lavori o durante gli stessi (quando non riuscivo proprio a staccarmi dalla sue pagine). La compagnia ha lasciato il posto a riflessioni importanti e più grandi di me. Ma, soprattutto, mi sono fermata a pensare a lei, a Irène Némirovsky, alla sua vita, al suo capolavoro interrotto… a questa bella persona che tanto avrebbe potuto ancora dare alla letteratura…
Suite Francese è un libro da scoprire, da vivere. La sua forza è la Némirovsky che ha scritto tutto in grosso quaderno rilegato in pelle.
Alla prossima recensione (ossia: dico la mia) su un altro libro. Benben <3"><3"><3"><3
