Ho preso il libro di cui parliamo oggi per un solo, banalissimo, motivo. Aveva un payoff a cui non ho saputo resistere.
Mi proponete qualcosa come Downton Abbey -che prima o poi riuscirò a vedere tutto, sì- per pura strategia di vendita. Pare che non lo so? Lo so eccome. Pare che questo può impedirmi dal prenderlo? Ma manco per sogno (voi signori del marketing, sappiatelo: sono la perfetta vittima. Perfettamente consapevole ma per nulla desiderosa di sfuggirvi)!!
E' un libro strano: parte in sordina, quasi in punta di piedi ed io ho passato le prime cento pagine a chiedermi dove fosse stà benedetta saga familiare, dato che mi pareva che la protagonista fosse una e una sola. E non mi stava nemmeno tanto simpatica.
Poi man a mano prende respiro, in un crescendo misurato e sobrio ma implacabile: e la scena diventa più grande, i personaggi acquistano ruolo e spessore. Come se ad una voce sola se ne aggiungessero altre, per ritrovarsi alla fine ad ascoltare un coro maginificamente accordato. E anche quella protagonista inzialmente antipatica, alla fine mi è piaciuta e sono riuscita a capirla meglio.
E poi c'è Vienna, in ogni sua pagina: non la città stereotipata dei valzer e della Sacher Torte. Uan città viva, gioiosa e spumeggiante. E poi ferita e umiliata. E nel finale ancora diversa.
E' uno di quei libri che alla fine ti dispiace abbandonare. Di quelli che ogni tanto ti chiedi dove sarà uno dei protagonisti, cosa starà facendo ora. Non perchè abbia un finale incompiuto ma perchè in qualche modo sono diventati parte del tuo mondo, letterario e non. E che mi ha fatto venire voglia di tornare a Vienna, per guardarla con occhi nuovi.
Ogni tanto fidarsi delle trovate di quelli del marketing non è sbagliato.