Una sera Nicola si presenta a casa mia per una pizza. Aveva appena finito di leggere un libretto scritto da tre nostri concittadini. Era il racconto del loro pellegrinaggio a Santiago de Compostela in bici. Poco dopo una sua concitata, illuminata ed esaltante descrizione, stavamo già comprando i biglietti di aereo per noi e le bici su internet.
Primo problema, poco tempo. A differenza dei tre nostri concittadini, non siamo arzilli pensionati. Per fare tutto il pellegrinaggio del cammino francese, circa 850km, avevamo bisogno di almeno 20 giorni in sella più 2 di aereo/macchina…impossibile. Abbiamo così ridotto il tutto. Potevamo contare solo in 8 giorni di ferie in totale. Abbiamo così deciso di partire da Leon: aeroporto a portata di mano e 330km di bici fino a Santiago. Pochi giorni dopo l’acquisto dei biglietti d’aereo, la Ryanair ci comunica di aver smesso di volare direttamente a Leon. Cambiamo allora destinazione, Madrid e da la si affitta una macchina fino a Leon.
Per gli interessati: volare con Ryanair portandosi appresso una bici costa 50 euro in più. La bici deve essere smontata cioè occupare il minor spazio possibile; ruote sgonfie e chiusa in una scatola. Non lesinare su gommapiuma o altro materiale da imballaggio, il personale dell’aeroporto non userà le stesse vostre cure con la vostra compagna di viaggio. Nello scatolone della bici potete infilare anche il casco le borracce e altri suppellettili non delicati. Per la macchina a noleggio, ci siamo affidati ad EuropCar, è ben distribuita in Spagna (Madrid, Leon, Santiago…) e i costi sono bene o male gli stessi. In una macchina “media” (così definiscono macchine tipo Seat Leon) abbassando i sedili, ci stanno 2 bici smontate (le bent occupano sempre un pò di più vista la lunghezza del telaio), 2 serie di valigie da bici e 2 cavalieri in carne.
Da bravi pellegrini, prima di partire bisognava procurarsi le «credenziali». E’ un foglio nel quale si attesta che l’interessato non è un turista ma un pellegrino. In ogni ostello, chiesa o altro luogo autorizzato visitato durante il pellegrinaggio si potranno trovare i timbri da apporre a questo foglio, in questo modo si proverà di aver percorso il cammino. Questa credenziale servirà per avere accesso agli ostelli. Alla fine del cammino con questa raccolta di timbri, si otterrà la “Compostela”. Noi ci siamo rivolti alla confraternita “Amici di Santiago” di Monselice.
Ma andiamo al sodo…
Il giorno dopo il nostro arrivo a Leon (tenersi una mezza giornata per visitare la chiesa e dintorni), siamo partiti come razzi sulle ali dell’euforia…cinque giorni dopo eravamo a Santiago. Quello che c’è stato in mezzo abbiamo tentato di raccoglierlo in 450 foto e in tanti ricordi.
Sempre per gli interessati: non percorrete la strada, tutte le indicazioni per “biciclette” vanno ignorate. Se seguite gli itinerari per biciclette, questi vi spediranno irrimediabilmente per la strada asfaltata, perderete di conseguenza tutti i paesaggi, luoghi remoti e ben celati da fitta vegetazione, il contatto con i pellegrini a piedi e tanto, tanto altro. In molti tratti sarete costretti ad arrampicarvi con la bici a mano…ne vale la pena! Se volete seguire la strada, scegliete un’altra destinazione. Fate il percorso dei pellegrini a piedi ricordando che loro hanno la precedenza. Evitare quindi di piombare ai cinquanta all’ora giù per le stradine nel bosco (almeno fino alle 16, normalmente alle 15 i pellegrini a piedi si fermano..hehe!).
Avanzano ancora quasi 2 giorni. Non si può perdere tempo a Santiago, sembra di essere a Venezia! Turisti e bancarelle…non e´ il momento di fermarsi, c’e` la Galizia da visitare, Finisterre da raggiungere. L’ideale sarebbe stato avere 10 giorni di tempo, ma grazie alla meticolosità nell’organizzazione e ai parenti in loco di Nicola, siamo riusciti a fare anche un bel giro extra a Santiago. Per il ritorno non c’è da preoccuparsi. A Santiago esiste un negozio «El Velocipede» che si arrangia a smontare la bici (comprese le bent), impacchettarle a dovere, e procurarvi il trasporto all’aeroporto per l’ora desiderata. Prendendo appuntamento, potete lasciare la bici all’ «ultimo minuto» sfruttando al meglio anche l’ultimo giorno.
Ora qualche meritata nota sulla bent. La Explorer non ha perso un colpo! Mi è solo scesa la catena una volta, non ho capito ancora se il rapporto era troppo basso o il salto troppo alto, hehe! Un 10 secco alla trasmissione. Un 10 con lode ai freni a disco, con circuito idraulico, potenti e oserei dire «chirurgici». Andiamo con un altro 10 alla forcella ammortizzata, senza è impensabile mettersi su una simile strada, si sfascia la bent e che ci sta sopra. Borse! All’inizio ero un po’ scettico, ma dopo l’esperienza un buon 9 alle Radical Medium. Sono bisacce da cavallo, comodissime dopo che si è imparato ad usarle. Prima di tutto bisogna impedire alle borse di entrare nella ruota posteriore. Allo scopo, mi sono costruito una specie di ragnatela con un filo di Dracon utilizzato dagli Arceri per costruire le corde del loro attrezzo (inestensibile e resistente alla trazione) , passandolo diverse volte tra il sedile e il telaio. I salti e i circa 12 chili di peso, tendono ad allentare le cinghie. Meglio dopo aver trovato la giusta lunghezza, cucire o fermare in qualche modo queste cinghie. Legando con uno spago passato tra gli occhielli laterali le due bisacce, le Radical si trasformano in una comoda unica valigia da infilare nella stiva dell’aereo. Pedalare con le borse piene da sicurezza, il baricentro infatti si sposta in basso notevolmente. Non superate però i 10 – 11 kg di carico, avrete bisogno di un paio di litri di acqua sempre a disposizione e sono altri 2 chili…le bisacce ce la fanno ancora, le gambe no. Quindi le borse si meritano un 9 solo perché non le ho capite subito. Se dovessi cambiare qualcosa, penso proprio che metterei le mani sulle ruote (..in realtà lo già fatto!). La ruota da 26″ non può montare un copertone particolarmente artigliato (non rimane spazio ai lati) e alla mattina su fango e erba bagnata mi avrebbe fatto comodo. Una ruota da 24″ avrebbe aiutato un po’ nelle salite e negli stop improvvisi (io ho già di mio le gambe piuttosto corte e la forcella ammortizzata alza ulteriormente il muso della bent) .
Il manubrio va girato “tutto in avanti”, così si lascia lo spazio per il torace quando si viaggia seduti. Questa posizione permette di affrontare in tutta sicurezza le discese più impegnative: si vede bene davanti alla ruota, si alleggerisce la ruota dietro che non è ammortizzata, si fa lavorare la forcella anteriore e in caso di necessità, si riesce a puntare più velocemente i piedi a terra.
Ancora una nota: La bent viola i diritti sulla privacy! Chi volesse mettersi sul cammino per Santiago con una bent, sappia che centinaia di persone da tutto il mondo vorrà una foto con questo strano attrezzo. Sarà fermato centinaia di volte per rispondere alle solite domande (ma è comoda? ma è facile? ma cos’è?…). La bent quando arriva mette allegria!
Bene concludo.
Grazie Nicola per le tue brillanti idee (Quando ripartiamo? Dove andiamo adesso?).
Grazie a Slyway e a tutti quelli che ci lavorano dietro, a cominciare da Stefano, per le creature che costruite.
Davide T.