di Rina Brundu. “Mussolini’s grand-daughter caught up in underage pros*i*ution scandal in Italy after her husband is accused of paying teenage girls for se*”, “La nipote di Mussolini invischiata in uno scandalo di prostituzione minorile in Italia dopo l’accusa al marito di avere pagato delle minorenni per fare se**o” titolava pochi giorni fa il tabloid inglese Daily Mail. Il Daily Mail è però solo uno dei tantissimi giornali che, all’estero, si sono occupati dello scandalo Mussolini, uno dei pochi cognomi italiani che, fuori dai confini, fa ancora notizia.
Ma più della risonanza estera che ha avuto questo ennesimo caso di lenzuola-sporche italiane, mi hanno colpito dati editoriali al vetriolo comparsi sui nostri quotidiani, a dimostrazione che non c’è mai limite all’umana malvagità. Per quanto incredibile possa sembrare, proprio tra le pagine dei nostri organi d’informazione “più seri” sono comparsi paragrafi su paragrafi a memoria dei giorni in cui Alessandra Mussolini chiedeva la castrazione chimica per i pedofili e lanciava con il tipico trasporto questa o quell’altra invettiva a supporto di questa o quell’altra crociata. Un poco come se in risposta al dolore di una madre a cui hanno appena rapito il bambino, il giornale della parrocchia pubblicasse un articolo per rammentarle dei giorni in cui l’aveva mandato senza chaperon alle gite dei boy-scouts.
Pazzesco! Non vi è dubbio alcuno che l’Alessandra Mussolini di questi tempi sia persona e donna ferita. Non vi è dubbio alcuno che sia parte lesa nello scandalo che ha coinvolto il marito, sia moglie offesa, sia madre preoccupata e addolorata, sia persona più fragile. Ne deriva che davanti alla fragilità degli altri si fa sempre un passo indietro, e se non si è capaci di dire qualche parola che possa aiutare sarebbe quanto meno più dignitoso stare zitti.
Ma ciò che mi fa veramente incazzare davanti al ridicolo status-quo informazionale è il fatto che si spari senza pietà su Alessandra Mussolini per il semplice motivo che è sempre stata persona che ha avuto il coraggio di dire ciò che pensava, anche quando il suo pensiero, spesso, era tutto fuorché politically-correct. E ancora ti sorge il dubbio che si spari su di lei senza pietà non solo perché ha sempre avuto il coraggio delle sue idee ma soprattutto perché è sempre stata donna che ha sempre avuto il coraggio delle sue idee. E donna che non ha mai scelto di vivere il suo essere donna con spirito di subalternità.
Nell’Italia bigotta, incancrenita e ipocrita che ha appena finito di festeggiare il suo 8 marzo, festa sessista per eccellenza, affogandolo dentro mari e oceani di retorica mediatico-telelevisiva senza limiti e senza vergogna, c’è davvero di che preoccuparsi. Ma non troppo, almeno per chi pensa che appena una voce libera viene zittita ce ne sarà sempre un’altra che prenderà il suo posto. Io per esempio non ho alcuna intenzione di zittirmi, non per ancora almeno.
Featured image, Dolores Ibarruri (1895-1989).