di Rina Brundu. “”Ci vedremo all’inferno Sheldon”; la parte più terrificante della frase è la virgola mancante”, così rispose Sheldon Cooper quando gli amici tentarono di terrorizzarlo con un trucchetto da bambini, nell’episodio The Good Guy Fluctuation della nota sit-com americana The Big Bang Theory. Alla maniera di Sheldon, anche io, nel leggere l’ormai “famigerato” post di Alessandro Di Battista sui terroristi che stanno insanguinando l’IRAQ, post titolato “ISIS: Che fare?” ho subito pensato che avrei messo la minuscola dopo i due punti.
Una provocazione la mia perché ritengo sia anche provocatorio e strumentale il modus con cui la stampa sta montando questo nuovo caso Di Battista. In realtà, l’articolo in questione – e credo che chiunque si sia preso la briga di leggerlo tutto, è lunghetto, concorderà – ha il solito stile digitalizzante, epidermico, wikipedico vecchia maniera, nazional-popolare e scontato che sovente leggiamo nel blog di Grillo; per esempio, se fosse un video-racconto andrebbe benissimo anche nella mitica serie “Ancient Aliens” o nei documentari dedicati all’archeologia misteriosa. Di fatto, Di Battista non si fa mancare nulla e dalle guerre coloniali, agli intrighi della CIA, alla citazione di Berlusconi e Dell’UTRI nelle note in calce, fino al nostro mito Mattei e alle misere trame internazionali italiche dei tempi che furono, alle equazioni opinabili quali uomo bianco = profitto ad ogni costo… tutto viene buttato sul piatto un poco a casaccio.
Lo stile è dunque quello della scrittura online, dove la distanza scrittore-lettore è minima e l’autore scrive come se stesse scrivendo all’amico di una vita, in maniera anche un poco svagata e scazzata. C’é tanta ingenuità che cola come grasso su domande idealmente retoriche quali: “Mi domando per quale razza di motivo si provi orrore per il terrorismo islamico e non per i colpi di stato promossi dalla CIA. Destituire, solo per osceni interessi economici, un governo regolarmente eletto con la conseguenza di favorire una guerra civile è meno grave di far esplodere un aereo in volo?” Come si evince il cittadino Di Battista non è proprio “familiar” con le dinamiche che fanno vivere la geopolitica, ma è un male?
E poi il resoconto wikipedico continua fino a scomodare dall’inferno l’anima bruciata di Saddam Hussein e le memorie sopite dell’operazione “Desert Storm”, voluta dagli americani per salvare il Kuwait (leggasi il petrolio) dal pericolo dell’invasione imminente. L’attentato alle Torri Gemelle è ricordato solo alcuni incisi più tardi, prima di arrivare ad un altro momento da oratorio salesiano profondamente illuminante: “L’avanzata violenta, sanguinaria, feroce dell’ISIS è soltanto l’ultimo atto di una guerra innescata dai partiti occidentali costretti a restituire i favori ottenuti dalle multinazionali degli armamenti durante le campagne elettorali. Comprare F35 mentre l’Italia muore di fame o bombardare un villaggio iracheno mettendo in prevenivo i “danni collaterali” sono azioni criminali che hanno la stessa matrice: il primato del profitto sulla politica”.
Dopo avere elencato i fatti, lo scrittore passa quindi a suggerire una possibile linea d’azione e si interroga: cosa fare adesso? Esorta la comunità internazionale e l’Italia a fare qualcosa, ma purtroppo per lui la naiveté operativa e filosofica è di nuovo dietro l’angolo. “Innanzitutto occorre mettere in discussione, una volta per tutte, la leadership nordamericana. Gli USA non ne hanno azzeccata una in Medio Oriente..”. Per favore qualcuno spieghi al cittadino che gli USA non sono l’italietta renziana e la loro leadership non è frutto di una “concessione” altrui o di un “faticoso” accordo raggiunto a Bruxelles con gli squali della Merkel, perché c’é un limite anche all’imbarazzo che può procurare l’esagerata esposizione mediatico-digitale.
Infine, dopo avere rassicurato sulle sue intenzioni di bravo ragazzo: “L’Italia dovrebbe promuovere una moratoria internazionale sulla vendita delle armi”, ottime intenzioni curiosamente ignorate da chi lo attacca per motivi puramente utilitaristici, ecco il punto che ha fatto stracciare le vesti ai nostri giornalisti di punta: “Dovremmo smetterla di considerare il terrorista un soggetto disumano con il quale nemmeno intavolare una discussione. Questo è un punto complesso ma decisivo. Nell’era dei droni e del totale squilibrio degli armamenti il terrorismo, purtroppo, è la sola arma violenta rimasta a chi si ribella. E’ triste ma è una realtà. Se a bombardare il mio villaggio è un aereo telecomandato a distanza io ho una sola strada per difendermi a parte le tecniche nonviolente che sono le migliori: caricarmi di esplosivo e farmi saltare in aria in una metropolitana. Non sto ne giustificando né approvando, lungi da me. Sto provando a capire”.
Anche la leopardiana donzelletta che “vien dalla campagna in sul calar del sole”, si sarebbe resa conto che tra “passione” politica e orizzonte d’attesa intellettuale settato ci può essere uno scarto sostanziale capace di far naufragare anche lo scrittore più scaltro nel mare mosso della semantica: mi domando invece perché questo non lo abbiano notato i nostri media. Un altro caso di molto rumore mediatico per nulla? Il dubbio mi assilla.