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SUL CONCETTO DI CLASSICO #arte #estetica #ideale

Creato il 06 giugno 2013 da Albertomax @albertomassazza

 

laocoonte

Secondo l’etimologia, il termine “classico” fa riferimento, già dai tempi di Servio Tullio, alla classe più agiata e nobile della popolazione, da prendere come guida e modello. Fu Aulo Gellio, nel II secolo d.C., il primo a traslarne il concetto in ambito estetico, definendo “classicus auctor” lo scrittore eccellente, magistrale. Nel corso della storia, il termine ha assunto differenti sfumature, generando anche delle contrapposizioni molto accentuate, come la polemica tra classicisti e romantici all’inizio dell’ottocento.

Nella storia dell’arte si parla di classico innanzitutto in riferimento all’arte greca e latina, ma allo stesso tempo, lo storico greco intende il periodo che va dalla maturità civica alla morte di Alessandro Magno e il latinista non avrebbe difficoltà a definire classico il periodo che va dalla Repubblica matura ai primi secoli dell’Impero. C’è sempre un classico più classico degli altri!

La modernità ha moltiplicato esponenzialmente le occasioni buone per usare questo termine. Per la storia dell’arte, è classico il Romanico, in contrapposizione al Gotico; Umanesimo e Rinascimento, poi, sono attraversati da un costante riferimento al classico, tanto che si è iniziato a parlare di Classicismo, replicato nel XVIII secolo dal Neoclassicismo. Col Romanticismo, il termine ha iniziato ad assumere anche un’accezione negativa, tra le altre, di qualcosa di scolastico, passatista, stereotipato, contrapposto all’estro e allo spontaneismo romantico. Le avanguardie del primo novecento si sono ribellate con furia iconoclasta ai canoni classici, ma i campioni di quelle stesse avanguardie oggi vengono tranquillamente definiti classici.

Discorso simile per quanto riguarda la storia della musica. Per il senso comune, la musica classica è quella di tradizione scritta, accademica, appartenente al passato, contrapposta alla musica leggera. Per gli addetti ai lavori, la stessa musica si divide in sinfonica, cameristica, operistica, corale e via dicendo, mentre per “periodo classico” s’intendono i musicisti gravitanti attorno alla corte di Vienna tra la seconda metà del settecento e l’inizio dell’ottocento e che ha avuto, come massimi esponenti, Haydn, Mozart e Beethoven. E oggi, come non definire classici Miles Davis e Coltrane, Hendrix e i Genesis, anche loro animati in differente misura da uno spirito polemico nei confronti dei canoni espressivi classici?

In letteratura e teatro si parla di Neoclassicismo in riferimento al periodo storico in cui vennero riprese le forme espressive dell’antichità, Poema epico e tragedia in particolare. Al contempo, si parla di classico per autori ed opere esemplari, a prescindere dal periodo storico di riferimento, così come il termine è usato per indicare opere culto di generi particolari. Questo vale anche per le arti prive di una lunga tradizione: si parla di classici del cinema in generale come di classici del thriller o della commedia e via dicendo.

Nel senso comune, il termine ha un’accezione spesso negativa, anche di situazione sfortunata: “sono uscito di casa e si è messo a piovere, un classico”. Nella cultura giovanile, in particolare, classico è sinonimo di accademico, polveroso, contrapposto alla dinamicità e alla spontaneità del moderno. Ma classico è definito anche un avvenimento sportivo tradizionalmente importante o un risultato particolarmente esemplare.

Ad ogni buon conto, in ossequio al nietzscheano eterno ritorno, l’accezione del termine di gran lunga più comune nella contemporaneità è quella che si richiama alla sua lontana origine etimologica. Il classico è ciò che ha sempre qualcosa da insegnare, da prendere come punto di riferimento, anche, Italo Calvino docet, nella contrapposizione più radicale.



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