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Sul concetto di nazione ebraica. Parte 1: processi storici e storiografici nella ristrutturazione dell'identità ebraica in termini nazionali.

Creato il 08 giugno 2011 da Prospettivainternazionale

I. In nazioni e nazionalismi dal 1780 Eric J. Hobsbawm individua nella costruzione nazionale un processo caratterizzante dello sviluppo storico del XIX secolo e illustra i due paradigmi nazionali che hanno animato la formazione del moderno Stato-nazione europeo.

Al primo paradigma i cui riferimenti storici risiedono nelle vicende dell'Indipendenza Americana e della Rivoluzione Francese, soggiace un'idea rivoluzionaria-democratica di nazione, animata da criteri di tipo comprensivo e originariamente incentrata sullo Stato in quanto strumento al servizio del popolo sovrano. In questo Stato-macchina l'etnia o altri elementi di continuità storica risultano tutti ugualmente irrilevanti per la caratterizzazione del cittadino-popolo sovrano nonché per la definizione della nazione. Tale rappresentazione basata su criteri universalistici colloca l'idea oggetto della fedeltà dei cittadini (la patria) esattamente all'opposto rispetto a quella di un'unità preesistente ed atavica e ad essa ben si attaglia l'apparentemente leggera formula di Renan che nel XIX secolo in dissonanza con lo spirito prevalente del suo tempo descrisse la nazione come un plébiscite de tous les jours. In questo paradigma è facile scorgere la cifra dell'eredità filosofica del giusnaturalismo che, mutatis mutandis, nel solco della concezione contrattualistica immagina lo Stato come il risultato di un atto di volontà di tutti coloro che intendono partecipare alla costruzione di un ordine nuovo che ridisegni la mappa dei soggetti e dei poteri nonché, prevalentemente nel caso francese, come lo strumento atto a rompere le rigide stratificazioni sociali e le tradizioni culturali di un passato plurisecolare.

Il oggettiva realizzazione dell'eticità dei soggetti che ad esso appartengono e che da esso traggono identità), esso compone la comunità nazionale attorno ad un concetto di popolo secondo paradigma concettuale di nazione si forma invece nella seconda metà del secolo XIX e trovando nella vicenda nazionale tedesca il suo riscontro più forte, darà luogo a quello che sarà chiamato specificamente (Volk) inteso come una totalità storico-spirituale che ha radici ancestrali e che, nella forma dello Stato-nazione, trova un suo sviluppo storico iscritto nell'orizzonte del progresso. Se il popolo-Stato è un'entità oggettiva, la tematizzazione del soggetto nella comunità politica viene operata sulla scorta di criteri esclusivisti ed i soggetti ne divengono parte non in quanto "si vogliono" nazione (come nel modello rivoluzionario), ma in quanto sono storicamente (lo vogliano o no) incorporati in esso. Ne consegue che in questo tipo di rappresentazione storicistico-organicistica dello Stato la fedeltà dei soggetti riguarderà, sostanzialmente e paradossalmente, non tanto il Paese, bensì la sua idealizzazione. nazionalismo. Basato su una concezione organica della realtà politico-sociale che caratterizza lo Stato (inteso qui non come mezzo ma come

II. L'Europa del XIX secolo è stata altresì la culla del nazionalismo ebraico ed entrambe queste idee di nazione, nonché gli eventi storici ad esse correlati, rappresentano il background sociale e culturale entro il quale si sono mossi gli ingrannaggi che hanno portato alla formazione e allo sviluppo del sionismo ed entro il quale esso deve essere compreso.

Se volgessimo il nostro sguardo all'
Europa occidentale della prima metà del XIX secolo per indagare lo status degli ebrei in quei Paesi in cui la sinergia tra lo sviluppo economico e le trasformazioni sociali stavano inesorabilmente travolgendo gli assetti dell'antico regime (segnatamente Francia, Gran Bretagna e Germania in via di unificazione) facendo emergere la necessità della nazione, noteremmo che la maggior parte dei seguaci della religione mosaica aspiravano a diventare e diventeranno cittadini francesi, tedeschi e così via; contestualmente il processo di secolarizzazione europeo stava determinando uno sganciamento degli ebrei dell'Europa occidentale dalla tradizionale autorità rabbinica che per lungo tempo li aveva protetti dalle minacce esterne di una società ostile e la loro identità veniva gradualmente arricchita dai caratteri di una dimensione civica afferente al sentimento di appartenenza nazionale.

Dagli anni Venti del XIX secolo molti intellettuali ebrei tedeschi guardavano con estremo favore e partecipavano attivamente al processo per la conquista di diritti civili che aveva cominciato a fare parzialmente breccia nei diversi principati e regni della Germania e che costituiva un aspetto fondamentale della nazionalizzazione della politica. Questo spirito è ben rappresentato in Geschichte der Israeliten seit der Zeit der Makkab äer bis auf unsere Tage , una monumentale opera in 9 volumi dei quali il primo fu pubblicato nel 1820, in cui lo storico ebreo tedesco Isaak Markus Jost compie il primo studio sistematico della storia degli ebrei nel corso dei secoli. Senza trattare l'epoca biblica e procedendo tramite uno studio monografico degli stili di vita degli ebrei nelle diverse comunità fino all'epoca contemporanea, Jost voleva mostrare ai lettori tedeschi, fossero ebrei o cristiani, che le comunità ebraiche non erano elementi disgiunti di un unico popolo; cultura e usanze variavano completamente da un luogo all'altro, soltanto un'unica fede in Dio le univa; non esistendo un'entità politica sovraebraica che li tenesse separati dai gentili del mondo moderno, gli ebrei godevano degli stessi diritti di uguaglianza civile di tutte le altre comunità e gruppi culturali che facevano il loro ingresso nella nazione moderna. Il fatto che Jost avesse perfettamente individuato i principi del nazionalismo tedesco in ascesa e che gli premesse di tematizzare in tale ascesa l'integrazione degli ebrei tedeschi emerge con forza da una lettera scritta ad un amico all'epoca della pubblicazione del primo volume della sua Geschichte :

Lo Stato non può riconoscere la legittimità degli ebrei finché costoro non si uniranno agli abitanti di questo paese.

Lo Stato si regge solamente grazie al popolo che vi risiede e questi deve costituire un'entità unica. Per quale motivo esso dovrebbe sostenere una comunità il cui principio fondante è che la verità appartiene esclusivamente a essa e deve dunque evitare ogni integrazione con gli abitanti dello Stato? [...] Questo sarà il modo di ragionare dei nostri figli, che abbandoneranno di buon grado una chiesa oppressiva per il diritto alla libertà, per il senso di appartenenza al popolo ( Volk), per l'amor di patria e lo spirito di servizio nei confronti dello Stato, beni supremi dell'uomo su questa terra.

L'idea di cui Jost si faceva propugnatore era un'idea condivisa dagli ebrei tedeschi che, in essa, vedevano la loro speranza di integrazione nella modernità incombente.

La situazione sociale e culturale degli ebrei dell' Europa orientale invece era molto diversa: qui, segnatamente nella Russia zarista, il pogrom antiebraico era una pratica sociale ricorrente che si innestava con valenza di valvola di sfogo in un contesto generale d'immobilità ed arretratezza socio-economica. In un contesto sociale altamente ostile e che precludeva agli ebrei ogni possibilità di integrazione, l'autorità religiosa aveva continuato ad operare come un punto centrale della dimensione individuale dell'ebreo orientale.

Ma a partire dalla seconda metà del XIX secolo qualcosa cominciò a cambiare anche nella definizione identitaria e nelle aspirazione degli ebrei dell'Est Europa. Alcuni intellettuali tedeschi di estrazione ebraica, coinvolti nel fermento che animava i circoli intellettuali europei e li raccoglieva attorno al dibattito sulla questione nazionale (che intanto assumeva sempre più i connotati propri del paradigma organico), mossero i primi significativi passi per l'i nquadramento dell'identità ebraica in un moderno (ed europeo) paradigma nazionale autonomo. Le opere di Heinrich Graetz e di Moses Hess aprirono una nuova stagione nella storiografia ebraica. Rispetto all'approccio idiografico di Jost, Graetz ed Hess adottarono una prospettiva panteista che riformulava l'esitenza ebraica lungo il corso della storia facendola trasparire come una presenza rimasta sempre etnicamente e culturalmente unitaria durante i secoli, proveniente da un tempo remoto ed accomunata da un unico destino, in altre parole, Graetz ed Hess descrissero il fenomeno della diaspora ebraica tramite il canone di una nazione intesain senso organico. In questa svolta storiografica avviene dunque uno slittamento semantico (se non semiotico) del termine "ebreo" da un ambito prevalentemente culturale-religioso non alternativo e non inconciliabile con le varie appartenenze nazionali (Jost), ad uno etnico-razziale. Queste idee furono accolte con freddezza dagli ebrei dell' Europa occidentale mentre sortirono una forte influenza sulle comunità orientali in quanto contrapponevano all'idea dell' integrazione (impossibile per gli ebrei dell'Europa orientale) quella dell' emancipazione nazionale ebraica.

III. La violenta ondata di pogrom che ebbe luogo in Russia dal 1881 portò molti ebrei orientali a spostarsi verso l'Europa centro occidentale Il fatto che la Germania rappresentasse geograficamente il crocevia per eccellenza di questi flussi migratori, il carattere organico della nazione tedesca da poco unificata, il protrarsi del periodo di depressione economica cominciato nel 1873 congiuntamente alle posizioni antiassimilazioniste degli ebrei che provenivano dall'Est, furono tutti fattori che concorsero a creare un anni fece la sua comparsa in Germania , un pamphlet scritto da Leon Pinsker, medico ebreo dell'Impero zarista schierato su posizioni antiassimilazioniste, rivolto agli ebrei europei come un "avvertimento alla sua gente da parte di un ebreo russo".Pinsker dopo i pogrom russi del 1881 non solo divenne sostenitore dell'emancipazione nazionale ebraica ma fu anche fondatore del movimento degli cocktail letale che si manifestò in un diffuso sentimento sociale di cifra antisemita. In quegli stessi Auto-emancipazione Amanti di Sion, un'organizzazione che cominciò nel 1884 l'insediamento dei primi ebrei nella Palestina allora sotto il dominio dell'Impero Ottomano . Se Heinrich Graetz e Moses Hess possono essere definiti dei pionieri del protonazionalismo ebraico, Pinsker che all'idea nazionale aggiunse per primo il concreto impegno per la creazione di uno Stato ebraico indipendente (che avrebbe dovuto ospitare tutti gli ebrei del mondo), può essere definito di buon grado un protosionista. Se Heinrich Graetz e Moses Hess con il loro approccio storiografico che faceva della Bibbia un testo adatto anche ad una lettura laica in qualità di libro storico della rinascita nazionale avevano contribuito a spezzare la concezione ciclica del tempo ebraico rendendola lineare e teleologicamente funzionale all'idea nazionale, Pinsker, adoperandosi concretamente per attuare per via politica e dunque per mano umana la rinascita di uno Stato ebraico, infranse il mito biblico dell'attesa del ritorno messianico e attirò su di se le critiche degli ebrei ortodossi e in generale di quelli legati più ad una dimensione prettamente religiosa della loro identità ebraica. Si ricordi infatti che fino alla comparsa del nazionalismo ebraico gli ebrei appartenenti alle più disparate culture ed etnie, che per millenni avevano vissuto in tutto il mondo, non avevano mai manifestato il desiderio di creazione di uno status politico ebraico, né tantomeno di uno Stato territoriale situato nell'antica Terra Santa

Ovviamente anche gli ebrei occidentali furono vittime del crescente sentimento antiebraico che si diffondeva in Europa ed il processo di integrazione in cui avevano riposto tante speranze fu sottoposto ad una serie di smottamenti che finirono per minarne la linearità. Questo non avvenne solo in Germania; anche negli Stati che facevano riferimento ad un'idea civica di nazione non mancarono eventi, come l' Affaire Dreyfus scoppiato in Francia nel 1894, che fecero tornare alla ribalta temi antisemiti e fecero sorgere nuove incertezze tra i cittadini degli Stati dell'Europa occidentale circa la reale possibilità di portare a compimento definitivamente e stabilmente il processo d'integrazione.Theodor Herzl seguì l' Affaire Dreyfus inqualità di giornalista corrispondente da Parigi e nel 1896 scrisse Der Juudenstaat (lo Stato degli ebrei) in cui l'idea di uno Stato nazionale ebraico veniva individuata come unica via di soluzione ai problemi degli ebrei di tutto il mondo. Herzl promosse il primo congresso sionista di Basilea del 1897 in cui venne fondata l'Organizzazione Sionista, un foro entro il quale l'insieme frammentato di voci e umori che fino a quel momento avevano animato il dibattito sulla questione ebraica troveranno una loro composizione e matureranno in un progetto politico ben definito negli scopi e nei mezzi. Il programma di Basilea pubblicato dal primo congresso sionista così recitava: di estrazione ebraica

Il Sionismo si impegna per assicurare agli ebrei residenti in Palestina un proprio territorio nazionale sicuro e riconosciuto internazionalmente.

Il congresso pianifica le seguenti modalità per il raggiungimento di questo obiettivo:

1. L'incoraggiamento programmatico di insediamenti in Palestina popolati da agricoltori ebrei, artigiani e commercianti;

2. L'unificazione e l'organizzazione di tutti gli ebrei in gruppi locali e generali, in accordo con le leggi dei loro rispettivi Paesi;

3. Il rafforzamento di un sentimento e di una coscienza nazionale tra gli ebrei;

4. La preparazione di attività per l'ottenimento del consenso dei governi necessario per il conseguimento degli obiettivi del Sionismo.

Dal congresso di Basilea in poi le trattative con le Grandi Potenze dell'epoca (segnatamente con la Gran Bretagna) diventeranno il modus operandi con il quale il sionismo cercherà di raggiungere i suoi obiettivi; obiettivi che nel 1917 troveranno in una lettera del carteggio tra l'allora ministro degli esteri inglese Lord Arthur Balfour e Lord Lionel Rotschild, esponente della comunità ebraica sionista inglese, un primo riconoscimento diplomatico ufficiale. La Dichiarazione Balfour, questo il nome del documento, riferiva a Lord Rostschild che il governo inglese vedeva con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico e che si sarebbe adoperato per faciltare il perseguimento di questo scopo aggiungendo che questo intervento non avrebbe dovuto pregiudicare i diritti civili e politici delle comunità non ebraiche della Palestina, né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni. L'impegno inglese si inseriva in un contesto di competizione geopolitica tra Francia e Gran Bretagna le quali, tramite la formula dei mandati elaborata in seno alla Società delle Nazioni, all'indomani della Prima Guerra Mondiale si sarebbero spartite i territori dell' Impero Ottomano ormai dissolto. Da qui le sorti del sionismo e quelle delle popolazioni arabe della Palestina sarebbero drammaticamente entrate in contatto dando inizio allo sviluppo storico dell'annosa diatriba oggi conosciuta come conflitto arabo-israeliano.


IV. Aggiungiamo una breve nota sulle quattro principali fonti ideologiche del movimento sionista: la religione ebraica, il nazionalismo secolare, una gamma di ideali socialisti e il liberalismo classico.

La religione ebraica ha apportato nel contesto sionista una serie di contributi al movimento che ne hanno segnato lo sviluppo. Il simbolismo religioso piegato alle esigenze del nazionalismo, ha permesso la creazione di una mitologia nazionale in grado di fungere come potente mezzo di mobilitazione. La sua valenza risiedeva in special modo nella possibilità di toccare le corde di ebrei appartenenti a diverse culture e Paesi, e di attenuare dunque uno dei maggiori problemi del movimento sionista: coagualare e mobilitare senza l'ausilio di una macchina statale una popolazione altamente diversificata al suo interno per lingua, costumi, ideologia politica e grado di integrazione sociale, sparsa in zone geografiche del mondo molto distanti tra loro. Un secondo problema era rappresentato dal fatto che il sionismo propugnava l'idea della nazione ebraica ma necessitava, come tutti i movimenti nazionalisti moderni, di unire questa idea ad una sua fondamentale dimensione storico-territoriale. Il mito del ritorno in Terra Santa, anch'esso distorto in funzione del nazionalismo, fornirà una potente ed imprescindibile dimensione territoriale che sarà dunque individuata nel luogo geografico della Palestina. Si noti in merito che la rinascente lingua ebraica si riempirà di immagini positive come "ascesa alla terra", "redenzione della terra", "compimento" riprese da termini biblici e riadattate al contesto dell'insediamento Dopo l'indipendenza il mito nazionalista dell' esclusiva appartenenza della Terra d'Israele al popolo ebraico continuerà a svolgere una sua funzione ideologica nella legittimazione dell'espansionismo che lo Stato porterà avanti nelle terre circostanti e la religione continuerà ad essere un forte espediente del nazionalismo per la definizione dell'identità del Paese.

L'ideologia del sionismo socialista ha permesso una forte mobilitazione dall'Europa dell'Est in special modo nel periodo tra la seconda e la quarta ondata migratoria verso la Palestina (1904-1929). L'apporto ideologico del sionismo socialista va anche individuato nella formazione della concezione di un "nuovo ebreo" che si concretizzò nella figura dell' halutz, o pioniere, e nella trasposizione in seno al movimento sionista di istanze relative all'egualitarismo, alla giustizia sociale e al comunitarismo, che troveranno una loro concreta espressione nella creazione del kibbutz, del moshav e dell' Histradrut, strutture che si riveleranno di primaria importanza per l'organizzazione della comunità sionista-ebraica insediata in Palestina nella fase prestatale

La corrente liberale, che trovava negli ebrei dell'Europa occidentale il suo principale riferimento socio-culturale e in Theodor Herzl il suo fondatore, poneva l'accento più sulla valenza del sionismo in quanto movimento politico capace di raggiungere l'obiettivo della creazione di uno Stato per gli ebrei che sulla dimensione ideologico-spirituale propugnata da alcune componenti del movimento. Politicamente il sionismo liberale è stato determinante per essere riuscito, tramite l'approccio diplomatico da esso promosso, ad inserire le aspirazioni sioniste nel contesto della competizione tra le potenze europee. Tuttavia la sua influenza sull'organizzazione della collettività stanziata in Palestina rimase marginale in quanto gli ebrei dell'Europa occidentale che raggiungesero la Palestina furono una minoranza fino all'ascesa dei totalitarismi.

Nel prossimo post tratteremo alcuni aspetti del collegamento tra concetto di nazione ebraica e cittadinanza israeliana.


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