Sul declino della Romània bizantina – 2 (di Mirko Pazienza)

Creato il 30 maggio 2012 da Istanbulavrupa

E così si giunse al periodo drammatico del 1071-1081, quando sembrò che la Romània fosse sul punto di crollare per gli attacchi contemporanei dei Normanni ad ovest e di popolazioni turche a nord e ad ovest. E il tutto nella PIU’ FOLLE E CIECA politica di bizantinizzazione forzata delle aree orientali siroarmene! Ancora nel 1064, quando Costantino X (1059-1067) annette il principato armeno di Kars, e i Turcomanni selgiuchidi espugnano Ani (romea dal 1045), Costantino X dicevo, CONTINUA nella FOLLE politica di assimilazione religiosa forzata, mentre i Turcomanni già dal 1048 col bagno di angue di Kapetrou presso Teodosiopoli/Karin/Erzurum, hanno massacrato 100.000 persone, e da allora i loro raids diventano sempre più devastanti e in profondità fino alle porte di Ankara (1068). Imperatori di valore come lo sfortunato Romano IV Diogene (1068-1071), falliscono a Manzikert, proprio per le ragioni sovracitate, oltre per il tradimento dei generali romei Giuseppe Tarcaniote e Andronico Ducas (futuro suocero di Alessio I Comneno), oltre che per la diserzione di un intero reggimento di mercenari peceneghi passati al sultano Alp Arslan (1063-1072). E tuttavia Manzikert, come molte date storiche, è più che altro una convenzione per indicare la VERA catastrofe romea che avvenne DOPO quegli eventi dell’estate 1071. Le ricerche storiche infatti, hanno ormai dimostrato come Alp Arslan si comportasse con generosità e spirito di lealtà cavallersca verso lo sfortunato Romano da lui imprigionato dopo la battaglia, trattandolo con tutti gli onori e stipulando un trattato in cui chiedeva solo l’Armenia, Edessa e Antiochia più 10.000.000 di lingotti aurei, poi scalati ad un milione e infine a 500.000. E qui veniamo al punto cruciale, e cioè che l’obiettivo dei sultani Selgiuchidi, impadronitisi dell’Iran, seguiti da grandi masse di sudditi nomadi Oghuz nel 1040-1055 circa, vi avevano restaurato l’ortodossia sunnita e il rispetto formale verso il Califfato Abbaside di Baghdad. Scopo di Toghrul Beg (1038-1063), e di Alp Arslan, era appunto la restaurazione della Sunna, e i raids sugli altipiani armeni avevano il duplice scopo di dare sfogo alla sete di pascoli e bottino per i suoi sudditi Oghuz, popolazioni di pastori seminomadi, i quali tra Azerbaigian e Eufrate, trovavano terreni adatti all’insediamento loro e del loro bestiame, non molto diverse dalle terre centroasiatiche tra Caspio e Aral da cui provenivano. L’Armenia poi (insime a Edessa/Urfa e Antiochia) serviva ai Selgiuchidi come base per la guerra contro “l’eretico” Califfato Fatimide d’Egitto. In sostanza il trattato di Manzikert del 1071 avrebbe potuto essere una catastrofe MOLTO MINORE se a Costantinopoli si fossero accettate le concilianti richieste del sultano selgiuchide, ritornando al confine antecedente alle conquiste di Niceforo II Foca (963-969 d.C.). E tuttavia le cose andarono diversamente: Romano Diogene sulla via del ritorno a Costantinopoli fu detronizzato da un golpe organizzato dal ministro Michele Psello, facendo arrestare Romano e facendolo accecare (ottobre 1071). Romano poi morì per le torture subite (estate 1072), e nel 1072 morì pure Alp Arslan, combattendo nel Khorasan contro un vassallo ribelle. Il nuovo imperatore, Michele VII (1071-1078), si rivelò una nullità, come del resto suo padre Costantino X e la dinastia dei Ducas in genere, lasciando il potere ad un figuro come Psello. L’esercito era ormai allo sbando e diversi comandanti militari e governatori insorsero per contendersi il trono, mentre il nuovo sultano selgiuchide Malik Shah (1072-1092), di fronte al mancato riconoscimento degli accordi di Manzikert, non solo mantenne ciò che ormai deteneva, ma dette sfogo all’avanzata turcomanna oghuz verso il cuore dell’Anatolia, con poco o nullo contrasto da parte romana. Anzi, vi furono comandanti mercenari come il normanno Russel de Bailleul, il quale s’impadronì di Amasya e ne fece un principato sul modello dei suoi simili di Puglia, ma fu abbattuto dal giovane generale Alessio Comneno col concorso dei nuovi invasori Turcomanni (1073), e Russel prigioniero a Costantinopoli. Alessio e altri generali che avevano ripreso per poco Cesarea di Cappadocia, dovettero nuovamente abbandonarla ai Turcomanni così come Amasya (1073). A peggiorare le cose ci si mise il governatore del Tema degli Anatolici, Niceforo Botaniate, cioè di Botania in Frigia, il quale nel 1078, coll’aiuto dei Turcomanni prese Nicea e ottenne il trono imperiale come Niceforo III (1078-1081), ma al prezzo di cedere l’Anatolia occidentale al principe dei Turcomanni, il cadetto selgiuchide Suleyman ibn Qutulmish, fondatore del Sultanato di Rum (1077-1308) e suo primo sultano con sede proprio a Nicea! Soltanto alcuni principi armeni, già ufficiali dell’esercito romano, come Filarete Vahram, Tatul, Thoros tra l’Eufrate, il Tauro ed Edessa, e Rupen e Hetum in Cilicia, non persero la testa e si abbarbicarono nei territori su cui assunsero il governo, e a capo di grandi masse di Armeni immigrati tra Eufrate e Cilicia, sia in seguito alle deportazioni romee dei secoli X-XI, a scopo di ripopolamento di queste aree sottratte ai Musulmani da Niceforo II a Basilio II, e sia in fuga di fronte alle devastazioni turcomanne del 1030-1071 della Grande Armenia. Filarete Vahram tra il 1071 e il 1090 circa divenne il più potente signore di questi nuovi territori armeni, mantenendo sia l’alto controllo su tutti gli altri e sia mostrando un’ambigua fedeltà a Costantinopoli, riuscendo persino ad ottenere la conferma del ducato (governatorato) di Antiochia, rimasta romana (circa il 1078). Se l’Anatolia venne così devastata, anche il Balcano romano non fu indenne agli assalti selvaggi dei Turchi d’oltre Danubio, Peceneghi e Uzi, affini ai Turcomanni Selgiuchidi e dello stesso ceppo Oghuz, sebbene in gran parte pagani e, secondo Franco Cardini, almeno in parte, Cristiani Nestoriani, originari delle aree intorno al Lago Balkhash. Incursioni iniziate nell’inverno 1046-47 e talmente devastanti che il cronista romeo Michele Attaliata (c.1020-30-1085), scrive che: “Tutta la popolazione d’Europa (Balcanica cioè) pensava di EMIGRARE!” Inoltre anche qui vi furono sollevazioni militari, sia di pretendenti al trono bulgaro, come Piotr Deljan e Alusiano (1040-41), Costantino Bodin, principe della Zeta (attuale Montenegro e Serbia) nel 1072-1073, i Pauliciani di Filippopoli guidati da un certo Leka nel 1078, e i vari generali romei Niceforo Basilacio, Niceforo Briennio tra Durazzo e Adrianopoli nel 1077-1078, coevi a Niceforo Botaniate, poi divenuto imperatore e Niceforo Melisseno in Anatolia, quest’ultimo nel 1080. Insomma intorno al 1080-1081 la quasi totalità dell’Anatolia era in mano turcomanna, sotto un cadetto selgiuchide residente a Nicea, ma il Balcano, seppur in una situazione di devastazione interna ed esterna simile, era ancora romano. Il perché di questo diverso destino, che proprio dal Balcano, col golpe di Alessio Comneno nell’aprile del 1081, sarebbe partita la salvezza e parziale ripresa di prestigio imperiale romano-bizantina per un altro secolo ancora, per me non trova ancora una spiegazione esaustiva.



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