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Sul livello di conoscenza di un soggetto: è possibile darne una valutazione oggettiva?

Creato il 09 novembre 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

465px-JohnLockedi Salvatore Daniele. E’ possibile valutare oggettivamente il livello di conoscenza di un soggetto? In linea di principio, la risposta è affermativa.


Cominciamo col definire operativamente la conoscenza come la capacità di formulare o riconoscere proposizioni vere di un dato universo di discorso. Per ‘proposizione’ intendiamo un’asserzione dotata di senso, oggetto, dunque, di comprensione per chi la formula o la riconosce come vera. Possiamo calcolare, allora, la percentuale di tali proposizioni su un insieme scelto come campione rappresentativo dell’universo in questione e stabilire un ranking (gradiente) di valori percentuali che rappresentino i vari livelli di conoscenza, per esempio da ‘insoddisfacente’ ad ‘ottimo’. Ossia, in altre parole, possiamo valutare le conoscenze di un soggetto in base alle risposte esatte date ai quesiti posti da un questionario. Non esclusivamente in base al loro numero ‘grezzo’, perché potremmo anche attribuire ad alcune risposte un ‘peso’ diverso, maggiore o minore:rationes non modo sunt numerandae, sed etiam ponderandae. Come e chi definisce un campione rappresentativo? E’ un problema importante in un’ottica di ‘oggettività’, ma si può rispondere: coloro che sono istituzionalmente esperti in materia. L’elaborazione dei dati, inoltre, dovrà essere conforme alle regole procedurali della statistica. Anche questo problema, non meno importante, può essere risolto dai competenti del settore.

Proviamo ad eseguire una sorta di ‘esperimento quasi-mentale’e costruiamo un ipotetico questionario con le relative risposte alle domande formulate. Sia i quesiti che le soluzioni valgono come modelli.[1]
Consideriamo l’universo di discorso Usf ‘storia della filosofia’.
D1:“Chi è l’autore del Saggio sull’intelletto umano e in che anno l’opera fu pubblicata?”
R1:“L’autore è John Locke e l’opera venne edita nel 1690.”
D2:“Quali mali dell’animo umano cura il quadrifarmaco di Epicuro?”

R2:“Il timore degli dei, la paura della morte, l’angoscia di non poter raggiungere la felicità, la sofferenza per il male.”
D3:“Che cos’è lo spazio per Kant?”
R3a:“Per Kant lo spazio è la forma del senso esterno.”
R3b: “Per Kant lo spazio è la forma del senso esterno, cioè quella rappresentazione a priori che necessariamente sta a fondamento della percezione degli oggetti e del loro disporsi uno accanto agli altri.”
D4:“Qual è il principio fondamentale della filosofia di Popper?”
R4: “Il principio fondamentale della filosofia di Popper è la richiesta della falsificabilità delle asserzioni che pretendono di essere scientifiche.”
D5:“Socrate ritiene che nessuno compie il male…: l’azione ingiusta, infatti, è causata dall’…Questa dottrina è nota come…”
R5:“Socrate ritiene che nessuno compie il male volontariamente: l’azione ingiusta, infatti, é causata dall’ignoranza del vero bene. Questa dottrina è nota come intellettualismo etico.”
D6:“Cosa intende Spinoza con il termine ‘sostanza’?”
R6:“Per ‘sostanza’ Spinoza intende ciò che è in sé e per se stesso si concepisce, ossia ciò il cui concetto non ha bisogno di nessun altro concetto per essere formato.”

Facciamo qualche osservazione. R1 non pone problemi, è esatta sic et simpliciter. Lo stesso vale per R2,con la precisazione forse che la sua esattezza tout court avrebbe come prerequisito la conoscenza che per Epicuro la filosofia ha una finalità terapeutica, è medicina animi. R3a e R3b sono entrambe esatte, ma ovviamente R3bè molto più completa e le si dovrebbe attribuire quindi un peso maggiore nella valutazione. R4è una delle possibili risposte esatte, la più probabile, ma non si potrebbero rifiutare: “il realismo conoscitivo”, “l’accrescersi e il progredire della conoscenza scientifica” o “la difesa della democrazia contro i totalitarismi del secolo scorso”. Queste potrebbero addirittura attestare una conoscenza più approfondita del pensiero dell’autore. Qui si coglie un problema per quanto riguarda i quesiti a risposta multipla: non potendo sempre dare come alternativa, per salvaguardare la validità della prova, risposte false in maniera troppo palese, il rischio che si corre è di considerare corretta non tanto la risposta ‘esatta’, ma la più accreditata di una gamma di risposte possibili. Una soluzione potrebbe essere quella di dare l’opportunità di fornire più di una risposta. D5 è una richiesta di integrazione: si potrebbe anche qui presentarne più di una e chiedere di indicare quella giusta. Questo tipo di quesito mi sembra costituisca uno strumento apprezzabile, perché richiedendo una riflessione più ampia avrebbe, a mio avviso, un maggiore valore probatorio. Naturalmente si deve trovare un giusto equilibrio nel rapporto fra elementi dati e quelli da integrare. Non si dovrebbe trascurare il problema dell’ordine delle richieste di integrazione: una data sequenza, fungendo più o meno da guida, potrebbe facilitare o rendere più difficile l’esecuzione della consegna. Riguardo ad R6,infine,mi sembra che sia davvero difficile discriminare quanto sarebbe dovuto ad una conoscenza reale e quanto ad una buona capacità di memoria. Una risposta effettiva a D6 richiede la conoscenza del problema affrontato dall’autore, del suo rapporto con i predecessori, dei presupposti da cui parte e dei fini che vuole conseguire: tutto questo va accertato. In realtà D6 è un compendio di domande, un esempio di domanda chiave della disciplina, la cui risposta può stare alla fine di un itinerario concettuale. Una risposta errata o incompleta, una mancata risposta, non dovrebbe essere troppo penalizzante, soprattutto in una valutazione comparativa, perché la probabilità di ottenere una risposta esatta non è molto alta.

Concludendo si può osservare in generale che i requisiti per una valutazione oggettiva, la certezza e la precisione, mostrano la tendenza a variare in ragione inversa, usando liberamente un concetto  del citato Popper, al ‘contenuto informativo’ richiesto dal quesito. In altre parole, le domande più affidabili per l’oggettività valutativa sono quelle che richiedono la conoscenza di nozioni e concetti puntuali, più circoscritti, l’incertezza cresce gradualmente quando i quesiti posti richiedono conoscenze più ampie e articolate. Quando ciò accade, la valutazione oggettiva delle risposte, in un certo senso contro le intenzioni, richiederebbe ulteriori accertamenti mediante un colloquio orale, ossia una tradizionale interrogazione, proprio quella su cui, da più parti, pende la scure dell’accusa di essere troppo ‘soggettiva’. Si correrebbe il rischio, altrimenti, di conseguire l’oggettività della valutazione quasi dovendo restringere il campo delle conoscenze da valutare. I questionari sono strumenti senz’altro utili per certi scopi: servono per un approccio preliminare, sono funzionali come sondaggio ed esplorazione per acquisire informazioni importanti, sollecitano l’attenzione verso specifici obiettivi conoscitivi; ma è dubbio che essi, da soli, possano garantire, come alcuni sostengono, diminuendo in modo significativo il peso dei fattori soggettivi, quell’oggettività che è il risultato del concorso di diversi elementi.

La valutazione non dovrebbe cadere nell’eccesso di configurarsi come una sorta di saldo fra il dare, l’insegnamento, e l’avere, l’apprendimento. Restando salva l’esigenza di richiedere una buona conoscenza disciplinare e senza perorare la causa di un’indulgenza generalizzata, si deve osservare tuttavia che una valutazione ‘oggettiva’ non può non tener conto della persona da giudicare. La valutazione non dovrebbe essere un momento disgiunto dal procedere dell’insegnamento, ma una parte integrante. E’ opportuno programmare, con correzioni in itinere, quello che può essere trasmesso e deve essere assimilato, discriminando ciò che può essere recepito solo con buona approssimazione. Una parte non trascurabile dell’insegnamento consiste di ciò che non ha un effetto immediato, ma vale la pena di comunicare perché contribuisce alla maturazione: è quella ‘conoscenza tacita’ che a tempo debito emerge alla coscienza. Del resto, scriveva un professore universitario tedesco:“la nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo”.
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[1]La filosofia, si dice, è una disciplinasui generis. Ciò che vale per essa può essere applicato ad altri ambiti disciplinari? In altri termini, ho costruito ed esposto solo unexemplum ad hoc? A mio parere le scienze letterarie ed umane ricadono nelle stesse condizioni conoscitive della filosofia ed ho il sospetto, anche se non le competenze, che anche per le scienze naturali la valutazione oggettiva non possa essere affidata solo ai test.

Featured image, John Locke ritratto da Godfrey Kneller.

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