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Sul luogo comune dell’«amnistia mascherata»

Creato il 05 dicembre 2013 da Malvino
Mi sono sempre detto a favore di un’amnistia, e non ho cambiato idea, ma ho sempre tenuto a precisare che la considero una soluzione squisitamente emergenziale, resa ormai indispensabile a fronte dell’incapacità dello stato di rispettare i diritti umani di chi è detenuto nelle sue carceri, ma sostanzialmente inadeguata a risolvere in via definitiva il problema che la rende necessaria: senza strumenti di pena alternativi alla detenzione in carcere, senza una revisione della misura di carcerazione preventiva, senza la depenalizzazione di alcuni reati, ci troveremmo in breve a dover considerare indispensabile un’altra amnistia, come d’altronde insegna l’esperienza dei tempi in cui se ne decideva una ogni tre anni, con la stessa filosofia che consigliava la concessione dei condoni edilizi.Anche per questo ho sempre ritenuto, e non ho mai mancato di rimarcare su queste pagine, che cercare di far forte la necessità di un’amnistia col darle il valore di soluzione definitiva o addirittura «strutturale», come qualcuno si ostina a sostenere con sprezzo di onestà e buonsenso, significa giocare sporco sulla pelle di chi sta in carcere, poco importa se per basso calcolo o vacuo umanitarismo.Questo insistere sulla necessità di un’amnistia di là dallo stretto necessario che la richiede come soluzione emergenziale, d’altronde, produce anche altri argomenti fallaci, tra i quali il più frequente è quello che ce la propone come sanatoria a fronte di un’«amnistia mascherata», per di più «di classe», dunque tanto più odiosamente ingiusta, che si sostanzia nell’impunibilità dei reati che arrivano ad essere prescritti grazie ad avvocati tanto più costosi quanto più bravi che si può permettere solo chi è ricco. Qui, credo, siamo dinanzi a un singolare sproposito che coniuga un luogo comune, vedremo quanto malamente fondato, con la convinzione che l’equità sociale si ottenga segando le gambe a chi è troppo alto, piuttosto che a dare trampoli a chi è troppo basso.Lungi da me negare che un buon avvocato costa e che il costo è spesso proporzionale all’abilità sul campo e alla conoscenza delle variabili che lo rendono scorrevole o accidentato, d’altra parte, come ogni luogo comune, anche quello dell’avvocato Coppi che sicuramente ti farà assolvere in Cassazione ha un fondo di verità. Di fatto, i numeri dicono che più di un terzo delle prescrizioni maturano nel corso delle indagini preliminari, fase del procedimento in cui il ruolo dell’avvocato è irrilevante. Non è tutto, perché anche gran parte delle prescrizioni che maturano nel corso del processo sono in gran parte dovute a disfunzioni della macchina giudiziaria (difetti di notifica, assenza dei giudici, cambio del collegio giudicante, testimoni che non compaiono in udienza, ecc.), che è non certo il difensore a causare. In pratica, le prescrizioni che si ottengono grazie alla strategia difensiva sono assai meno di quelle che gli stessi avvocati tendono a far credere ai propri clienti per ovvi motivi, senza voler tener conto del fatto che gli espedienti per cercare di far arrivare a prescrizione un reato li conoscono anche i praticanti dopo due o tre anni di esperienza in un qualsiasi studio legale.

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