l’articolo 30-11-2015 di Pietro Rizzo
Il Nobel Deaton ha il merito di aver indicato le coordinate per orientarsi nell’affrontare i problemi che incidono sulla carne viva dei poveri del mondo. Le motivazioni del conferimento del Nobel sono nelle risposte ai tre quesiti sulle politiche di welfare e di lotta alla povertà:
- Come i consumatori distribuiscono i loro acquisti tra differenti beni;
- Quanta parte dei redditi è spesa e quanta è risparmiata;
- Qual è il modo migliore per misurare e analizzare il welfare e la povertà.
In merito al primo quesito, si fa riferimento al contributo di Deaton all’analisi della domanda di consumo, elaborando uno strumento molto efficace e innovativo.
Il suo saggio Almost Ideal Demand System (ancora attualissimo), propone un modello per valutare l’interdipendenza tra la domanda di ciascun bene, il prezzo di tutti gli altri beni e il reddito dei singoli individui. Ad esempio, se il prezzo delle arance scende, sembra lapalissiano che la gente comprerà più arance. Ma se il prezzo delle mele scende più di quello delle arance, si venderanno meno arance. Quindi per determinare quale prodotto sarà consumato di più, è necessario metterlo in relazione con tutti gli altri. Non solo, ma anche con il reddito dei singoli individui. E forse con altri fattori. Come si vede districarsi da questo ginepraio è complicato (Newton docet).
Per il secondo quesito si fa riferimento alle pubblicazioni apparse intorno al 1990, dove Deaton mostrava come gli individui adattano i consumi ai loro redditi, che fluttuano in modo diverso rispetto ai dati aggregati.
Il terzo quesito, relativo al modo migliore per misurare e analizzare il welfare e la povertà, è molto intrigante. Secondo il comitato del Nobel, Deaton ha spiegato come affrontare il problema povertà dalle radici. Dice Deaton:
“For a long time, economists have labored with the idea that a country may become stuck in a poverty trap. Low incomes can result in such low calorie intake that people cannot work at full capacity—thus their incomes remain low, and so does their calorie intake. The question of poverty traps is important in designing international assistance to the poorest countries”.
Prosegue Deaton: se l’assistenza ai paesi molto poveri è orientata ad incoraggiare la crescita economica, e tuttavia l’aumento del reddito ancora non genera un apporto calorico sensibilmente maggiore, c’ è un (buon ) motivo per riorientare l’assistenza verso aiuti alimentari diretti.
Se ho capito bene, viene ribaltato un concetto da tutti condiviso: e cioè che ai paesi poveri non bisogna dare il pesce, ma la canna da pesca, perché nel primo caso mangiano qualche volta in più, nel secondo mangiano per tutta la vita.
La sua proposta iconoclastica per accelerare lo sviluppo è: ridurre gli aiuti internazionali. Secondo lui, gli occidentali sprecano risorse quando cercano di mettere le economie dei paesi poveri sul sentiero dello sviluppo come l’hanno conosciuto essi stessi.
Il miglioramento del benessere delle persone deve essere dissociato dall’accumulazione di ricchezze e dall’aumento del livello di attività economiche, che costituisce l’obbiettivo ultimo dell’aiuto.
La priorità è la salute, in particolare la lotta alla malnutrizione. E migliorare la salute degli abitanti dei paesi in via di sviluppo costa poco. Si deve finanziare la ricerca sulle malattie e si devono distribuire direttamente agli abitanti vaccini e generi alimentari.
(Il fatto che gli aiuti agli stati favoriscano il dilagare della corruzione, a mio avviso, rafforza notevolmente le tesi di Deaton.)
Su questo punto si sono focalizzate le critiche più taglienti, a cominciare da quelle di Bill Gates che ha definito i suoi argomenti molto deboli e anche strani. E’ una vera chicca il titolo dato a un articolo francese: “Angus Deaton, le Nobel d’Economie que Bill Gates adore”.
Nel libro “Why is consumption so smooth?” appare il cosiddetto Paradosso di Deaton, secondo cui le spese per i consumi individuali non seguono l’andamento del reddito: una volta superata una certa soglia di reddito, il livello dei consumi si appiattisce.
Un punto molto enfatizzato dai media è quello relativo allo stipendio magico. Due titoli spiegano tutto: Magic Number for Happiness: $75,000 a Year; The Perfect Salary for Happiness: $75,000.
Banalizzando si dice che per Deaton chi guadagna di più o di meno di 75000 $ è destinato a essere infelice. In realtà il ragionamento è più sottile.
Analizzando i risultati di un sondaggio dal titolo «Well being index», il Nobel è giunto alla conclusione che la sensazione di benessere cresce con il reddito fino alla soglia di 75.000 dollari; oltre questa soglia la qualità della vita non viene percepita migliore. “Un palazzo – afferma – provoca una forte eccitazione il primo mese, ma poi diventa una casa”.
Prima di chiudere, non posso sottrarmi al dovere di esprimere la mia partecipazione al dolore dei famigliari, parenti, amici e dello stesso Deaton per l’attacco di infelicità acuto che lo ha colpito quando ha ritirato il milione (circa) di dollari del premio.