Magazine Media e Comunicazione
Lo fa in un libro intervista, L'Informazione che non c'è, che offre al lettore uno sguardo al passato, al presente e al futuro dell'Informazione nel panorama di casa nostra.
Dopo aver utilizzato Notizie S.p.A. per delle conclusioni personali sulla questione dell'informazione (iper)locale, condivido le mie osservazioni anche su questo testo con la speranza che si possa arrivare a qualche conclusione condivisa.
1. Pluralismo esterno ed interno - La scarsità del pluralismo esterno è il frutto di un gioco al massacro che porta gli Editori ad offrire contenuti acquistati a prezzi impressionanti sul mercato per rivenderli, di fatto, non tanto a noi fruitori (TV e Quotidiani), quanto agli inserzionisti. Alla Radio questa esasperata concentrazione non c'è: il distributore di contenuto si fa riconoscere dalle emittenti delle royalties ogni volta che il contenuto stesso "viene passato". Un meccanismo, questo, favorito dal fatto che, alla Radio, non esiste la logica dell'esclusiva: ciò che annoierebbe in TV (riguardare più di una volta un programma), non annoia alla Radio (ascoltare più di una volta una canzone). Il riconoscimento di royalties abbassa notevolmente i costi della programmazione radiofonica e permette a tante emittenti di rimanere in vita con il risultato dello spezzettamento dell'offerta e il conseguente abbattimento del fenomeno della concentrazione. Questo fa si che si possa parlare, per la Radio, di maggiore pluralismo esterno.
Di sicuro, quindi, il panorama radiofonico italiano si avvicina molto allo scenario di riferimento di Michele Polo, la democrazia ateniese e l'Agorà, posto in cui tutti potevano dire la propria e nel quale si realizzava il vero e proprio pluralismo. Ma il pluralismo dell'Agorà non era forse un pluralismo interno? E, per tornare alla Radio italiana, non è forse un'illusione parlare di pluralismo sol perchè esistono tante emittenti?
Mi spiego meglio: alla fine ogni ascoltatore segue le proprie trasmissioni preferite e, salvo qualche eccezione, ciascuna ha la propria impostazione ideologica/politica. La conclusione è questa: il pluralismo o è interno oppure non è.
Scorrendo le righe del libro di Polo, mi stavo illudendo che la radio (e quindi anche Internet che, per l'informazione, offre una possibilità praticamente a chiunque) fosse la soluzione per il pluralismo. Ma così non è: ciascuna emittente dovrebbe garantire pluralità di voci al suo interno perchè l'ascoltatore possa dirsi davvero cresciuto seguendo la programmazione. Quindi, pur se in un panorama migliore perchè spezzettato e non in mano a due padroni (come avviene per la TV), quello radiofonico non credo sia un ecosistema informativo migliore. Per Internet è la stessa cosa: pluralismo esterno implicito nella piattaforma; pluralismo interno negato dagli Editori per interessi di parte. Questa è la ragione per cui, per garantire (sul Web come su ogni altro mezzo) la qualità dell'informazione, occorre distruibuire l'informazione su una piattaforma che, pluralistica, lo è internamente.
2. Approfondimento online - Dice Polo, parlando dei quotidiani, che il giornale cartaceo vende poco poichè non può competere con gli altri mezzi in quanto a velocità di fruizione del contenuto. Ormai, continua nella sezione del libro dedicata all'Informazione di Domani, vince il mezzo che ruba meno tempo al fruitore e l'approfondimento, contenuto tipico del quotidiano cartaceo, non è più un contenuto vincente. Questa osservazione porterebbe a concludere che sul Web è impossibile approfondire. È probabile che, al momento, questo sia vero. Occorre ora stabilire se questo sia un bene oppure no. Sperando che sia condiviso il fatto che "l'approfondimento serve", la soluzione è molto semplice: distribuire con un sistema di incentivi statali anche online l'approfondimento e farlo pagare; e, dato che l'obiettivo non è quello della semplice vendita, sarebbe da incentivare anche il commento dei lettori. Questo sistema sarebbe anche in grado di garantire, permettendo la pubblicazione dei commenti di tutti, anche il pluralismo interno (più voci nello stesso spazio, non - solo - nello stesso mezzo).
3. Effetto torre di Babele sul Web - Se è vero che il carico di informazioni presenti sul Web è impressionante; se è vero anche che la selezione dei contenuti viene fatta ogni giorno dalle persone sempre e solo con lo stesso strumento, Google (che è tutto tranne che democratico); beh, non si può ignorare che, proprio per il fatto che la selezione viene fatta sempre dallo stesso filtro, ciascuno è parte sempre della stessa cerchia (G+ le chiama proprio così!). Lo scenario è inquietante perchè realizza un freno alla crescita con un fenomeno (descritto da Eli Pariser nel suo The Filter Bubble) in cui non soltanto gli editori, ma anche i meccanismi che girano intorno ai contenuti da essi prodotti (un esempio è proprio Google), più che alla generazione di senso, ricercano - per scopi evidentemente ed esclusivamente commerciali - "consenso al consumo" (via). Come si può evitare tutto questo? Purtroppo non è sufficiente un'azione di carattere culturale (Edgard Morin spunto interessante lo da Edgar Morin); da un punto di vista tecnologico mi verrebbe da dire: aboliamo i cookie.
Il Modello Fotovoltaico che auspico e che man mano va formandosi anche nei numeri, risolverebbe alcuni degli aspetti sui quali ho appena riflettuto con voi.
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