di Rina Brundu. Si sarebbe voluto fare punto e a capo già dalla mezza giornata di ieri. Fare finta di nulla. Ignorare. I problemi della femminilità e dell’universo femminile in fondo sono altri; sono altri, gravi e purtroppo molto diversi dal mero fastidio, finanche dello sfregio alla nostra intimità spirituale che può procurare la celebrazione in pompa magna dell’ennesimo rito mediatico obsoleto, arretrato, nazionalpopolare, sommamente provinciale e profondamente mediterraneo-maschilista, sessista.
Già, si sarebbe voluto fare finta di nulla, ma è risultato davvero difficile farlo. Di fatto non c’é stata trasmissione, non c’é stato telegiornale odierno dove i conduttori e i giornalisti del Servizio Pubblico italiano (quello che paghiamo con i nostri soldi), non ci abbiano buttato addosso fiumi che erano mari che erano oceani di retorica zuccherosa, avvilente, offendente; e dove non lo abbiano fatto con una sfacciataggine privata di ogni senso del pudore, della vergogna, infarcita con quella sorta di angelica-innocenza tipica del monello (o dello scemo?) del villaggio che non si rende neppure conto della marachella che sta combinando.
Ma Renzi non doveva riformarla la RAI? Lo scrivo senza alcuna ironia, avendo apprezzato la mancanza di una qualsiasi dichiarazione renziana importante a proposito di quella che sarebbe la nostra “festa”. Una considerazione e un tatto molto apropos e ben lontani, per esempio, dalle aperture dei vari “Mezzogiorno in famiglia”, che parevano ologrammi etereizzati di scene da un passato ottocentesco da dimenticare presto e bene. Riformare questa grande azienda di divulgazione culturale è importantissimo: non soltanto per liberarla dalle “grinfie” partitiche, ma come ha insegnato la funesta giornata di oggi per rivoltarla upside-down, metterla al passo con i tempi, farla entrare finalmente in una dimensione digitale e creativa diversa, mettere al primo posto un professionismo in linea con i minimi-requirements neuronali del tempo che viviamo.
Un ossimoro dunque la presenza, questa sera, della libera Mrs Louise Ciccone, in arte Madonna, nel solito teatrino popolare e populistico che è il programma “Che tempo che fa” (Rai3) di Fabio Fazio. La prima impressione che si è avuta – nel vedere quell’artista di calibro mondiale, versione ultima diva holliwoodiana, character riuscito e suo malgrado molto delicato a metà strada tra le immortali fantasie artistiche di George Lucas e le visioni oniriche degli antichi sacerdoti Maya e Atzechi – è che si trovasse colà per errore. Poi mano a mano che il tempo passava, mentre la figura del conduttore diventava sempre più piccola fino a quasi a perdersi nel mare magnum della sua noiosa previdibilità (retorica pseudo-femminista compresa), e quella di lei cresceva, fino quasi a consegnarci una immagine irreale che è fondamentalmente mito artistico costruito con attenzione sopraffina al dettaglio, quell’impressione diventava certezza. Certezza che la “calata” italica di Mrs Ciccone sia stata solo un’altra tappa per vendere qualche copia in più del nuovo CD.
O per dirla con la condiscendentissima (quanto scaltrissima e sommamente saggia) Madonna di oggi, che ha guardato giustamente schifata le mimose consegnatele a viva forza dal padrone di casa: “So, what’s your actual question, Mr Fazio? Pardon, Mr Pinocchio?”.
Featured image, Madonna, source Wikipedia English, © Pascal Mannaerts / www.parcheminsdailleurs.com / CC-BY-SA-3.0