Sulla divisione del lavoro e sul prezzo del benessere.

Creato il 12 febbraio 2015 da Lostilelibero

Cose pese...

L’industrialismo, dallo spinning jenny fino al water frame, passando per il mule, sino alla navetta volante inventata da John Kay e alle macchinazioni di Watt, ha provocato un enorme aumento della produzione di merci. Questo incremento produttivo, di massa, che dall'industria cotonifera ha raggiunto poi ogni comparto industriale, non è stato ispirato esclusivamente dall'innovazione tecnologica. D'accordo con l'etica borghese capitalista-positivista, quella che vuol fare i conti, scientificamente, solo per efficientare i propri guadagni, questo industrialismo ha finito per creare anche un nuovo topos umano. Un "uomo strumento", meccanicizzato, utile esclusivamente a quei processi produttivi di cui esso diventa così metafora, indifferente oggetto, spersonalizzata caricatura. E grazie a questa diversificazione della produzione, in una sorta di posticcia nemesi, ha generato parallelamente anche un diverso tipo di lavoratore: parcellizzando la produzione industriale aumenta infatti anche la divisione del  lavoro. E più un lavoratore si specializza, più si allontana da qualsiasi possibilità di autosufficienza. Egli ormai è diventato totalmente dipendente dagli altri diversamente specializzati suoi pari, quasi come quel musiliano ”uomo senza qualità” fatto di qualità senza l'uomo. 
Qualificato come uomo esclusivamente in base al lavoro svolto, questo figlio dell'industrialismo sembra così accettare il bisogno della dipendenza, ma solo per poi assoggettarsi ad altre necessità, apparentemente più nobili e fintamente egualitarie. Come il denaro, ad esempio, diventato velocemente lo strumento per comprarsi ogni fittizia libertà, quella stessa fasulla indipendenza che "l'uomo del Cotton King" non potrebbe mai raggiungere autonomamente. Il denaro, essendo informe, uguale nelle mani di ognuno, possibilità infinita, astrazione, viene infatti, d'ora in avanti, assurto al rango di strumento privilegiato. E' il "fine" attraverso cui liberarsi dalla dipendenza causata dalla segmentazione lavorativa: con esso posso comprarmi le specializzazioni che mi mancano! Lo stesso Adam Smith, padre nobile del liberismo e convinto apologeta della divisione del lavoro, si accorse delle sue potenziali conseguenze. Scrisse infatti ne La ricchezza delle Nazioni, in anticipo rispetto all’alienazione marxista e alla parodia chapliniana di Tempi Moderni: “l’uomo che passa tutta la sua vita a compiere un piccolo numero di operazioni semplici, non ha modo di esercitare la propria intelligenza (…) egli si abitua a questo esercizio e generalmente incretinisce”. In tal senso, “essere utile alla società produttiva”, più che una medaglia da appendersi orgogliosamente al petto, parrebbe piuttosto un titolo indecoroso. Se non una qualità disdicevole tout court, almeno una di quelle più prossime al vizio, di cui, magari, vergognarsi in silenzio…

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