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Sulla fede

Creato il 02 febbraio 2012 da Rory

Sulla fede

Io nella simpatica attività di leggere “Il Maestro” di S.Agostino

Amati lettori,

stavo iniziando il post scrivendo “nonostante io sia così alternativa o voglia posare come tale, ho una grande fede in Dio” ma mi sono resa conto che non solo una cosa non esclude l’altra ma che al giorno d’oggi, con tutti questi mangiapreti e compagnia cantante, dire di credere è quasi più controcorrente del dire di non credere. Nessuna contraddizione, insomma.

Penso che la fede sia un dono, uno di quelli che però difficilmente può essere regalato. E’ una cosa che o possiedi dalla nascita oppure trovi nel corso della vita, qualche volta un’altra persona può anche donartela, nel senso di instradarti verso di essa ma è qualcosa di molto raro. Non credo, insomma, nella catechizzazione delle persone, soprattutto se è forzata o peggio. Certo, parlo di religione non solo con persone come Ciccio che come me credono ma non mi metterei mai a dire“devi credere per forza, altrimenti avrai la dannazione eterna” perché la fede è una scelta interiore ed io non sono nessuno per obbligare le altre persone. Tra l’altro, avere fede è una cosa complicata. Certo, si prega per ottenere qualcosa, per fare si che Dio illumini la tua strada ma non è una cosa che accade sempre o meglio, succede magari anche per vie traverse, tramite segni che vanno interpretati e sui cui c’è da riflettere. Insomma, quelli che pensano che la preghiera sia un gettone nel grande parcheggio di Dio sbagliano di grosso. Dio non è un distributore automatico di grazie e di desideri realizzati.

Vi dirò in breve la mia esperienza. Fino al liceo, non ero molto interessata alla religione; verso i quindici anni la rinnegavo e non credevo assolutamente in nulla, per me era tutto un aspettando Godot. Poi un giorno successe che ero disperata, stavo davvero male, uno di quegli psicodrammi adolescenziali. Entrai nella chiesa che c’è vicino al mio liceo, la mia Chiesa preferita. Stavo piangendo e uno dei gesuiti che prestano servizio lì mi abbracciò e mi consolò. Non so perché ma da allora iniziai a vedere le cose in modo diverso. Non ho mai più incontrato quel gesuita ma ho continuato ad andare in quella chiesa, soprattutto quando sono triste. Ancora oggi, a volte, mi seggo su una delle panche e piango in silenzio. Ma dopo esco sentendomi più forte, con la consapevolezza che riuscirò a superare il brutto momento o l’ostacolo che sto attraversando.

Non voglio fare la parte del Manzoni dei poveri, nè pretendo di spiegare in termini semplicistici il mio rapporto con la fede, anche perché non ne sono capace. Una cosa però è certa, so di non essere mai realmente da sola.


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