Mi ha fatto molta impressione e ovviamente anche molta tristezza apprendere la notizia della morte di Maria Schneider. Le cronache ci dicono che si è lasciata andare, che aveva rinunciato a vivere ben prima che fosse aggredita dalla malattia. Un destino triste e in qualche modo annunciato quello che si è portato via una donna di 58 anni alla quale la vita ha riservato la fama, ma non la felicità.
Maria Schneider ha ballato per una sola estate, quella del 1972: un film, un ruolo, una condanna. Ultimo tango a Parigi ne fece allo stesso tempo la sua fortuna e la sua dannazione. In quello che è diventato oggi il mondo dello spettacolo, certe stelle e stelline farebbero carte false per diventare a vent'anni la donna più sexy del pianeta. La Schneider lo fu quasi suo malgrado, interpretando uno dei film più controversi e 'scandalosi' della storia del cinema e finendo per essere travolta da quel ruolo 'maledetto'.
Non c'è da stupirsene. Molti sono stati gli attori rimasti 'schiavi' di un personaggio, che ha condizionato per sempre la loro carriera: pensiamo solo a Anthony Perkins (Psyco), Malcom McDowell (Arancia meccanica) o Bela Lugosi (Dracula), le cui intepretazioni ebbero conseguenze pesanti anche sulla loro vita privata.
Ma per Maria Schneider il discorso fu diverso. Lei, ingenua e disincantata ventenne, non si rese subito conto leggendo il copione di quello che sarebbe stato il suo ruolo in 'Ultimo tango'. Accettò la parte con l'incoscienza e la sfrontatezza di chi vuole bruciare le tappe della carriera, e certo non immaginava il massacro mediatico e morale che le fu riservato dalla critica pervenista e bigotta degli anni '70. E non solo da quella... il film fu dichiarato blasfemo dai tribunali di buona parte del mondo, in Italia fu perfino condannato 'al rogo', come ai tempi della Santa Inquisizione. E la Schneider fu considerata alla stregua di una strega cattiva, da additare e marchiare come un esempio negativo, diventò la pietra dello scandalo in tutto il globo.
Le parole sono pietre, diceva Carlo Levi. E credo che la morte di Maria Schneider debba farci riflettere, una volta di più, su come vadano usate e sul peso che hanno quando si danno giudizi morali sulle persone. Da noi la povera Mia Martini è morta per questo, e moltissimi altri tuttora soffrono di questa assurda gogna mediatica. E la regola deve valere per chiunque scrive, dal più acclamato dei critici fino all'ultimo dei dilettanti come il sottoscritto. In un mondo massificato, dominato dai media, dove grazie al web una notizia fa in pochi secondi il giro del pianeta, l'uso della parola va doppiamente soppesato e pianificato, perchè nessuno di noi può disporre della vita di una persona, nemmeno con una penna (o tastiera) in mano.