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Sulla prevedibilità dei fenomeni naturali

Creato il 24 giugno 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
640px-Novum_Organum_1650_cropdi Michele Marsonet. Il dominio del mondo circostante e la completa prevedibilità dei fenomeni naturali sono – da sempre – obiettivi primari della civiltà occidentale. Già presenti in modo inequivocabile nel pensiero classico greco, quando la distinzione tra scienza e filosofia ancora non si poneva, essi hanno assunto importanza crescente dalla rivoluzione galileiana in poi, con appendici significative in campo filosofico (si pensi al “Novum Organum” di Francis Bacon).

La scienza moderna è nata non solo per conoscere, ma anche per “dominare” il mondo. L’intento era quello di giungere alla predizione completa e perfetta di eventi che, pur appartenendo a un mondo non creato dagli esseri umani, può tuttavia essere soggiogato e piegato alla nostra volontà, per quanto complesso – e a volte insondabile – esso sia

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I tragici terremoti che spesso colpiscono l’Italia, al pari dei vari tsunami e cicloni che si abbattono in modo ciclico e inesorabile su aree diverse del pianeta rappresentano – pur con i loro risvolti dolorosi – un’occasione per riflettere circa le nostre capacità di previsione. Quasi sempre in occasione di qualche catastrofe naturale, e soprattutto da noi, compaiono personaggi che affermano: “Io l’avevo detto!”. E, quando nessuno si arroga il merito della previsione inascoltata, si verifica una sorta di corsa collettiva ad incolpare le autorità governative e locali, non importa di quale colore esse siano.

Accade soprattutto in presenza di alluvioni. Anche in quel caso, infatti, l’uomo della strada è portato a pensare che “la colpa deve pur essere di qualcuno”, e gli amministratori rappresentano il bersaglio ideale. Aggiungiamo che giornali e TV danno una robusta mano al diffondersi di questo modo di pensare.

Il fatto è che in ambito scientifico ipotesi e spiegazioni debbono passare un vaglio rigoroso prima di essere accettate come valide dalla comunità degli scienziati. E valide – mette conto notarlo – non equivale a “incontrovertibili”. I meteorologi avvertono sempre che le loro previsioni hanno una validità puramente probabilistica, cosa di cui ci scordiamo quando un bollettino sbaglia in modo clamoroso.

Ma anche i medici non si stancano di notare che le previsioni circa la diffusione di una certa malattia non possono mai essere considerate esatte. Se passiamo a scienze “dure” tipo fisica e chimica la situazione migliora un po’, ma è ben lungi dall’essere ottimale. Non esistono quindi “protocolli” rigidi e immutabili che ci consentano, da un lato, di distinguere scienza e non-scienza e, dall’altro, di conseguire la predicibilità completa dei fenomeni naturali.

Per quanto riguarda le discipline umane e sociali le cose stanno ancor peggio, nonostante il grandioso tentativo marxiano di formulare le “leggi della storia”. Occorre insomma una maggiore dose di umiltà quando ci rapportiamo alla natura. Non si riesce a controllarla perché non dipende da noi, né possiamo conoscerla in modo completo a causa dei limiti intrinseci del nostro apparato percettivo e sensoriale.

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