(Pensieri annotati su Blu Agorà Caffè tra il 20 e il 23 maggio 2005)
Com’è ovvio, desideriamo che la persona che ci interessa presti attenzione a noi. Non possiamo però decidere d'essere attraenti per forza. Si seduce, casomai, quando si bada a tutto tranne che a sedurre. Quando ci si limita a essere se stessi, a comportarsi naturalmente, senza preoccupazioni o forzature. Quasi soprappensiero, insomma. Occorre lasciar fluire verso l’altro ciò che siamo, liberamente, senza predeterminazione. La seduzione funziona come un’energia che attraversa le vie più misteriose dell’animo umano, sulle quali non esercitiamo alcun controllo. Il destino può avere un ruolo chiave nel farci conoscere le persone che riteniamo giuste al momento giusto - questo sì. Sebbene ciò che chiamiamo destino sia, almeno in parte, frutto di scelte precedenti, compiute spesso in modo non razionale.
La timidezza può costituire addirittura un fattore positivo, a patto che non sia patologica e diventi paralizzante. Chi saggiamente dubita dei propri mezzi si sorveglia con più consapevolezza e quasi mai sbraca. Avendo esperienza dei propri limiti, il timido mantiene un comportamento riservato, lieve, punta sull'affabilità e sulla cortesia senza tuttavia esibirle (non ne sarebbe capace). E si mostra sensibile alle risposte che fornisce l’oggetto delle proprie attenzioni. Per inciso: talvolta gli va storta e ci soffre come una bestia, ma se ha un briciolo di senso dell’umorismo finisce per passarci sopra. (Non parlo per sentito dire…)
È il concetto di serendipity, modalità con la quale sono stati scoperti molti farmaci. Si parte con l’obiettivo di sintetizzare un principio attivo, poi ci si accorge che uno o più metaboliti intermedi hanno un effetto terapeutico, diverso da quello previsto e magari più utile. Nel tentativo di sintetizzare nuovi sulfamidici, ad esempio, sono stati prodotti certi antidiabetici orali. Partendo dalla farmacologia, si può dire che anche la felicità è il classico esempio di “sottoprodotto”: non si può fare qualcosa (andare al cinema, comprare un oggetto, frequentare una persona) allo scopo di essere felici. Non accadrà mai. Si va al cinema perché si ha voglia di vedere un bel film, per passare una serata in compagnia di amici gradevoli: la felicità scaturirà, eventualmente, da questo piacere. La felicità non può essere un obiettivo, proprio come la seduzione. Non ci si può imporre di essere seduttivi allo scopo di rimorchiare. Si desidera frequentare una persona perché piace, si sta bene insieme, si scoprono argomenti di interesse comune, affinità, analogie. Una scintilla brillerà casomai in modo del tutto spontaneo, naturale. Altrimenti, pazienza. D’altro canto, bisogna accettare l’idea che quasi tutto ciò che facciamo sta al di fuori del controllo razionale. Perlomeno, io la penso così. (Ci ho riflettuto durante il week-end…)
Mostrare le gambe, oppure i muscoli se parliamo di uomini, è un trucco talmente scontato da apparire sconfortante. Sedurre non vuol dire portare la persona che interessa a fare un giro in macelleria. La seduzione non è la via più breve tra il tavolo di un ristorante e la camera da letto. Il letto va bene, come no, è comodo e accogliente: la ricerca di una sintonia che coinvolga allo stesso modo psiche e soma è tuttavia più piacevole di qualunque sbrigativa lusinga. A mio modo di vedere, la seduzione è un misto d’inconsapevolezza e distrazione: la forza di volontà non c’entra nulla. Non ci si può imporre di essere affascinanti ad ogni costo. Si seduce quando si pensa a qualunque cosa tranne che a sedurre. Da questo punto di vista, meno si fa e meglio è. La ricerca deliberata della seduzione è anzi d’ostacolo alla comparsa (eventuale) di un sentimento che abbia come elementi essenziali la sincerità e la verità. E l’essenziale è visibile soltanto agli occhi dei veri amanti.