Helsinki, Finlandia, 26 apr 2011, giorno 106, ore 21:40, aeroporto di Helsinki
Non so bene da dove cominciare. Ieri ho dormito in ostello e credo che non lo farò mai più finchè sarò da queste parti. Sì, ho fatto la doccia e ho dormito in un letto, ma i 26 Euro che mi hanno chiesto non li riesco proprio a giustificare. Oltretutto non avevo nemmeno internet, poichè per accedere alla WiFi bisognare pagare altri 5 Euro. Vaarta Airport: internet free, bagni puliti e ottime panchine. Lo zaino lo lascio un po’ negli ostelli e un po’ nei depositi bagagli delle stazioni. Le mie finanze non stanno affatto bene, sono quasi al verde e i prezzi di questi Paesi non sono consoni alla situazione. Oggi ho consegnato il passaporto all’ambasciata russa. Il 6 maggio, salvo imprevisti, dovrei finalmente ottenere il visto russo alla modica cifra di 83 Euro compresa l’assicurazione sanitaria che è d’obbligo avere se si vuole ottenere il visto. Me lo merito, l’ho sudato troppo per non averlo sul passaporto. Fino a quel momento vivrò per la strada, non c’è soluzione. Per mangiare sono ospite fisso di McDonald’s: è il modo più economico per nutrirsi, anche più del supermercato. Eppure questa situazione non è male. Niente check-in o check-out, niente file, niente moduli da riempire, niente documenti. Libero. C’è un po’ di McCandless in tutto questo. Avevo voluto di più, speravo in maggiore libertà, ma i negozi che vendono attrezzature da campeggio hanno una strana concezione della parola “Offerta”, quindi mi accontenterò di quello che ho. Ho anche pensato di iniziare il buisness del riciclaggio. E’ una storia curiosa, ve la racconto.
Mi è capitato in un paio di occasioni di fare spesa al supermercato. Di solito tengo un conto mentale di quello che spendo, ma in entrambi i casi quel conto si è rivelato errato. Pochi centesimi, massimo un Euro, eppure non capivo. L’altro giorno stavo facendo spesa quando ho visto cinque barboni in fila ad una specie di distributore. Mi sono incuriosito e ho guardato quello che facevano. Tutti avevano delle sportine piene di plastica, vetro e lattine che infilavano dentro ad un buco col codice a barre rivolto verso l’alto. In quel preciso momento ho capito perchè tutti i barboni di Riga, Vilnius, Helsinki e Tallinn elemosinavano bottiglie. Anche nei viaggi passati, se un barbone mi vedeva con una bottiglietta quasi vuota mi chiedeva se gliela davo. Non ho mai capito perchè: fino a ieri. Perchè sono soldi! Se un barbone chiedesse degli spiccioli otterrebbe solo rifiuti, se invece chiede bottiglie vuote in molti casi ottiene ciò che vuole. La macchina in cui tutti infilano i rifiuti è in realtà un contatore. Alla fine del lavoro, dopo aver infilato dentro tutte le bottiglie e le lattine, la macchina eroga uno scontrino che i barboni cambiano alla cassa. Ho controllato sullo scontrino e tutto torna. Una bottiglietta d’acqua costa 1,75 Euro. Sullo scontrino viene scritto 1,55 acqua, più 0,20 bottiglia. E’ una cosa geniale. Tanto per cominciare, anche se non ho i dati reali, con questo sistema la città di Helsinki sono sicuro che ricicli almeno l’80% di vetro, plastica e lattine; inoltre i barboni non si mettono a fare l’elemosina, ma sostituiscono in parte i netturbini. E non guadagnano male. 20 cent per ogni bottiglia di plastica e 15 cent per ogni lattina. Per il vetro non lo so, ma credo più che con la plastica. E’ un bel buisness, per uno che non ha nulla, e a quanto ne so è diffuso in tutto il nord Europa, di sicuro in Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania. Anche in Cina, ora che ci penso, vedevo spesso vecchi e barboni che rovistavano nel pattume o che mi chiedevano la plastica. Credo che sia l’unico lavoro del mondo che è lecito fare in nero e senza fatturare. Sono totalmente a favore di questo sistema e se me la dovessi vedere proprio male potrei sempre provare. Scherzi a parte (forse) adesso devo attendere dieci giorni per i documenti. Col fatto che sono in Europa e posso circolare senza passaporto ma solo con la mia carta di identità avevo pensato di andare a Stoccolma. Non che mi aspetti che i prezzi siano più bassi, ma la nave per arrivarci è economica e magari trovo delle soluzioni più pratiche per dormire. Qui, anche se dormo in aeroporto, devo comunque pagare l’autobus che mi ci porta e il deposito bagagli. E’ come pagare un ostello senza avere l’ostello. Cercherò online i prezzi dei collegamenti interni di Stoccolma e se avrò fortuna domani comprerò il biglietto.
Rileggendo quello che ho scritto sembro un incrocio tra lo Scrooge di “A Christmas carroll” e zio Paperone. Non sono tirchio, non è una questione di denaro, è una questione di spazio, di percorso. Quando i soldi saranno finiti del tutto e non potrò nemmo più comprare da mangiare dovrò essere già dalle parti dell’Italia. E che fine farò io? Ho tante altre cose che vorrei fare, tanti altri posti che vorrei vedere. Se per poterli raggiungere dovrò dormire sulle panchine, allora così sia. Sono uno che si accontenta per la sistemazione, ma non si accontenta mai per quello che riguarda la strada, quella da percorrere, quella che è ancora da fare, quella che aspetta. Anche se guardandomi indietro mi rendo conto di averne percorsa tanta, non mi basta mai. Sono un tossico delle distanze, non so che fare. La lezione di Whitman l’ho imparata alla grande e credo che anche Kerouac sarebbe fiero di me. L’importante è andare: il modo di farlo si trova sempre.