Giorgio Napolitano non mi piace. Non mi piace perché vestiva la divisa dei GUF, mentre i suoi coetanei morivano sulle montagne o finivano a Bolzano, nelle mani sadiche e torturatrici dei Seiffert e degli Stain. Non mi piace perché era l’anello di congiunzione tra gli USA (la CIA?) ed il PCI. Non mi piace perché, dopo l’ elezione al Colle, è diventato la testa di ponte di Berlusconi, anche e probabilmente per affrancarsi dagli “spettri” di Budapest e di Botteghe Oscure, squallidamente evocati e branditi ad ogni timido “ma” opposto al centro-destra. Non mi piace altresì lo spettacolo, irresponsabile e dilettantesco, messo in scena dalla nostra classe politica (anche) in questo frangente, che lo ha visto riconfermato. Ma accetto la sua elezione, perché rientra nel perimetro della prassi democratica. La Costituzione Repubblicana, infatti, assegna al Parlamento (quindi ai rappresentati del popolo sovrano), il compito di eleggere il capo dello Stato, e il Parlamento ha scelto Napolitano, nuovamente ed a larghissima maggioranza. Assurdo parlare di “golpe” come bambini capricciosi, o ventilare scenari politicamente da “Day after” perché è stato bocciato un candidato, Rodotà, scelto e votato da una forza con appena il 4% dei voti (SEL) e da un’altra, il M5S, che ha deciso di sterzare verso il giurista (dopo averlo bollato come superpensionato castista) sulla scorta di una mini-consultazione tra 50 mila simpatizzanti, su un totale di 61 milioni di cittadini. Assurdo e scorretto da parte del M5S, inoltre, pretendere il supporto del PD a comando, dopo aver snobbato il partito di Bersani per ben due mesi, incatenando il Paese all’immobilità, tenendo nel congelatore le tante, lodevoli e condivisibili proposte che il programma di Grillo prevedeva e prevede. E’ mia opinione, torno a ripeterlo, che il leader pentastellato sia stato colto nell’impreparazione più totale da un successo elettorale che non si attendeva. Privo di una progettualità gestionale definita, cerca adesso di assestare la propria linea di galleggiamento sull’esposizione delle contraddizioni altrui, non facendo, quindi, ma disfacendo. Chi scrive era sul punto di votarlo, e sarebbe felice di ricredersi per la terza volta
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