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Sulle primarie Usa: establishment in crisi

Creato il 12 febbraio 2016 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
800px-Secretary_Clinton_8x10_2400_1di Michele Marsonet. Una cosa è certa: sta cambiando il mondo e con esso pure l’America. Pur rammentando che Iowa e New Hampshire sono due Stati piccoli, anche se il primo ha una sorta di valore “scaramantico” nella politica Usa, è chiaro che gli elettori stanno dimostrando un rigetto dell’establishment già ben noto in Europa.

Nel New Hampshire si sapeva che Bernie Sanders avrebbe conquistato la maggioranza dei delegati, ma ha sorpreso il distacco pesante inflitto a Hillary Clinton. Anche sul versante repubblicano i sondaggi davano per favorito Donald Trump ma, pure in questo caso, non era previsto che il tycoon distaccasse in modo così netto Marco Rubio, il prediletto dalla macchina del GOP.

Che sta succedendo, dunque? Da un lato abbiamo un anziano senatore che si autodefinisce “socialista” e che, in passato, ha avuto inclinazioni comuniste con viaggi nella Cuba di Fidel Castro e una decisa avversione per il Pentagono e l’industria bellica statunitense.
Dall’altro troviamo un miliardario senza peli sulla lingua che – forse – si diverte a scandalizzare il pubblico tradizionale con battutacce volgari a più non posso e idee strampalate, come quella di costruire un muro sull’estesissimo confine tra Stati Uniti e Messico. Sapendo però, da navigato uomo di spettacolo qual è, che spesso irriverenza e stranezze portano voti.

Il punto è questo. Sanders e Trump sono completamente diversi dal tipico uomo politico americano, e pare si divertano entrambi a rimarcarlo, sin qui con molto successo. Perdono invece tutti coloro che vengono percepiti come troppo vicini ai palazzi del potere di Washington e, soprattutto, a Wall Street.

Se continua così – e, ripeto, non è affatto certo che accada – gli elettori della prima superpotenza mondiale stanno dimostrando una disaffezione per la politica tradizionale che supera ogni previsione.

Negli Usa come altrove quasi sempre prevalgono figure di mediazione, che si collocano al centro dello scenario pescando un po’ a destra e un po’ a sinistra, attente però a escludere dal gioco vero le ali estreme. Ebbene, queste strane primarie ci dicono invece che sono proprio le suddette ali estreme a calamitare la parte maggiore dei voti.

E’ difficile, per esempio, trovare nella storia recente un candidato di successo più a sinistra di Sanders. Ci sono certo stati, venendo tuttavia tagliati subito fuori dopo le primissime votazioni.

Nel campo repubblicano è più facile trovare nel passato candidati di una destra, per così dire, “spinta”. Caso emblematico e celebre quello di Barry Goldwater il quale, però, aveva un’aria più familiare di Trump. Si era allora ai tempi della Guerra Fredda e il defunto senatore dell’Arizona era il classico falco anti-sovietico che predicava la necessità di ricorrere, se necessario dal suo punto di vista, alle armi nucleari.

Niente di simile in Trump, che in Europa viene definito “populista” (di destra, ovviamente) senza cogliere in pieno l’effetto dirompente che la sua ostilità al “politically correct”  ha avuto su larghi strati dell’elettorato (e non solo conservatore).

Penso sia opportuno ripetere che siamo soltanto agli inizi della corsa, e che Iowa e New Hampshire forniscono una quantità modestissima di delegati. Eppure tutti hanno la sensazione che, questa volta, la politica americana sia giunta davvero a un punto di svolta. Basta, a dimostrarlo, il nervosismo estremo di Hillary e del marito ex Presidente, che non si attendevano di essere presi a schiaffi sin dagli esordi (anche se i sondaggi, in fondo, l’avevano predetto).

Ora occorre vedere se l’establishment dei due partiti tradizionali riuscirà a riprendere il controllo prima che scendano in campo, magari come indipendenti, personaggi di spicco quali Michael Bloomberg.

Chi scrive continua a ritenere che una sfida finale tra Bernie Sanders e Donald Trump sia mera fantapolitica, ma al momento è impossibile abbinare a tale sensazione argomenti seri. L’unico fatto sicuro è che queste primarie Usa non ci annoieranno.


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