Una gita a Berlino, immersi nella foresta, tra alberi slanciati e odori di muffe. Camminiamo più di un’ora alla ricerca di un Friedhof, un cimitero, in cui sono sepolti i “senzanome” e la ultrafamosa Nico.
Berlino, agosto 2013. Il Salone del Lutto dimezzato non aveva che l’imbarazzo della scelta tra le molte possibili gite da fare, ma per forza di cose ha dovuto depennare alcune delle gite che avrebbe voluto fare, non essendo solo in vacanza. A un certo punto, però, i miei compagni di viaggio avanzano l’idea di una gita a Grunewald-Forst, la grande foresta che si estende nella parte ovest della città, fino a lambire il Wansee.
Pare, infatti, che lì ci sia un sito decisamente inquietante che nell’ordine è stato: sede di un’accademia nazista, collina artificiale costruita con le macerie della guerra, luogo in cui gli americani costruirono imponenti torri di osservazione per spiare i sussurri della Berlino est. Oggi le torri sono praticamente abbandonate. Centinaia di graffiti sono dipinti sulle pareti, e la “stoffa” delle palle che le sormontano in molti punti è sfrangiata, e mossa dal vento.
L’idea mi attrae, ma ho la brillante intuizione di guardare per bene la cartina, prima di andare. Per scoprire che nel mezzo della foresta c’è anche un cimitero. Cerco un po’ di informazioni in rete e scopro che lì è sepolta Christa Päffgen, Nico, e che il posto è noto come “cimitero dei suicidi” o “dei senzanome”. Ci penso un po’ su, studio il percorso, e il giorno prestabilito compro una banana da posare sulla sua tomba, con l’intenzione di andare a trovarla.
Se il posto sulla cartina sembra difficile da raggiungere, dopo un’ora di cammino mi dico che è addirittura impossibile. I miei compagni di viaggio, dopo la prima mezz’ora di cammino sembrano demotivati. Tutti tranne Michele, a dire il vero, che pare assecondare di buon grado la mia smania. Passiamo in mezzo ad alberi altissimi, su viottoli sterrati; a un certo punto, sulla destra scorgiamo le sagome bianche delle torri che, però, sono la seconda parte del viaggio. Le ortiche abbondano sul percorso, e infatti ne raccogliamo un po’ per farci un risotto, alla sera. Pian piano, anche se avevo ben chiara la strada da prendere, l’assenza di indicazioni, il proliferare di bivi, e la difficoltà o impossibilità di connessione mi fanno pensare che non raggiungeremo mai la meta. Invece arriviamo a una casa immersa nel verde e nel silenzio. Potrebbe anche trattarsi di una roba stile Blair Witch Project, ma il giardino è curato, i fiori sono variopinti e ordinati, i muri intonacati di fresco. No, non è Blair Witch. Forse solo un temerario, o un folle, che vuole vivere fuori dal mondo, in un posto che fa paura.
Ci siamo persi? È probabile. Vado in avanscoperta e, poco oltre la casa, vedo la scritta, su un palo di legno: “Zum Friedhof”. Eccolo, finalmente. Ancora pochi passi e siamo davanti all’entrata. Muratura, una porticina di legno, e due insegne a forma di bara. Se avevo voglia di gotico, eccomi accontentata.
Scriiiiiiiccc, fa la porta, come in un classico horror movie. Ed eccole. Croci lignee e tombe senza nome, che non raccontano molto altro se non la scelta di tanti, e l’abbraccio della foresta. Pare che la prima sepoltura vi sia stata fatta nel 1900, e che da allora questo posto abbia accolto molti dei cadaveri dei suicidi riemersi dalle acque del Wansee, poco distante. E poi tanti altri, rifiutati dai cimiteri più intransigenti, che i morti suicidi non potevano accoglierli.
Le lapidi sono immerse nel verde, alcune ne sono quasi completamente coperte. Edere rampicanti si intrecciano rigogliose sulle croci di Sant’Andrea. Una panchina, a un certo punto invita a riflettere, e a interrogarsi, sulla vicenda di tutti quei morti datati 30 aprile 1945. Probabilmente gente che, finita la guerra, non voleva fare i conti con un tribunale, con un giudizio, e ha preferito farli con la propria coscienza.
Ma non tutte le lapidi non recano un nome. Quella di Nico, ad esempio ce l’ha. È una lapide nera, condivisa con sua madre. E, intorno alla lapide, i ricordi dei tanti fan che continuano a farle visita, benché raggiungerla sia difficilissimo. Qualche rosa rossa di stoffa, un angioletto dorato, dei palloncini neri ormai sgonfi, cuori, una piuma di pavone, la sua foto, una bottiglia di Vodka. E ora anche la nostra banana. La ripongo accuratamente su un basamento di pietra. E sto lì a guardare con indosso tanta inquietudine, che nemmeno la pace della natura riesce a scalzare.
Questa foresta di storie grevi ne ha viste fin troppe e le fronde degli alberi recano in sé il peso di decisioni pesanti. Sanno del nazismo, sanno delle macerie, sanno dei suicidi. Sono come i testimoni silenziosi di un qualcosa che Berlino vorrebbe dimenticare, forse. Relegando nella foresta tutto quel che non le piace. Ma Nico no, non la si può mica dimenticare. E un cuore, una bottiglia di Vodka o una banana stanno a testimoniarlo.
@si_ceriani
Info:
Per raggiungere il Friedhof Grunewald Forst prendere la ring 41 o 42 (dipende da dove vi trovate) fino alla fermata Westkreuz. Quindi la S-Bahn 7 fino a Grunewald- Poi, camminate, camminate e camminate, fino alla casa bianca. Il cimitero è lì dietro. C’è anche modo di arrivarci in autobus, dalla strada che passa direttamente dietro al cimitero ma, visto che me ne sono accorta dopo, lascio che camminiate anche voi.
Se poi volete raggiungere la Teufelsberg tornate indietro sui vostri passi e non date retta a chi vi consiglia una strada diversa.