Sullo stato di salute del web

Da Mario

Recentemente Chris Anderson di Wired è uscito con la notizia sensazionale della morte del web, calcando decisamente la mano sull'interpretazione dei dati a sua disposizione.Iniziamo con la definizione stessa di web, molto diversa da quella più generale di internet.Questa definizione è molto importante in quanto nel post vengono separati i contenuti web fruiti tramite browser da quelli che sono consultati tramite delle applicazioni, anche se dal mio punto di vista quello che cambia è solo il mezzo ma di certo il diffondersi di applicazioni specifiche non può fare altro che rendere più semplice la creazione di contenuti (Ad esempio tramite uno smartphone) che poi saranno riversati comunque sul web. Non si deve dimenticare che nella maggioranza dei casi le applicazioni non sono altro che un diverso tipo di interfaccia, ottimizzata per un certo tipo di scopo, per dei servizi che vivono sul web.Questo concetto sarà portato all'estremo dalla piattaforma di Google che da un lato spingerà molto lo sviluppo per Chrome o Chrome OS, mentre dall'altro continuerà a fornire gli strumenti per la creazione di applicazioni ad hoc per i dispositivi Android. E non venitemi a dire che Google non conosce abbastanza bene internet. Anche se recentemente ha fatto delle scelte sbagliate con Wave e Buzz non si può dire che sia l'ultimo arrivato della rete.
Dal punto di vista del traffico l'analisi è completamente priva di senso: qualcuno mi spieghi il significato di confrontare la quantità di dati spostata per il web rispetto a quella spostata per i contenuti multimediali, che tra l'altro spessissimo sono una parte del contenuto di una pagina web.Questo tipo di dati ha senso se si deve dimensionare una rete, ma dal punto di vista dell'utente finale non è molto significativo, anzi.E' come affermare che la Divina Commedia sia di diversi ordini di grandezza meno valida rispetto alla più scadente pubblicità da trenta secondi solo guardando lo spazio necessario per memorizzare i due diversi contenuti.Se poi al posto di guardare i dati relativi si guardano quelli assoluti, come ha fatto BoingBoing, è evidente che il web non è esattamente in declino come dice Anderson.


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