Qualcuno negli anni ’80 con spirito contestatario canticchiava “ Io non vado a Sun City” ma oggi le cose sono cambiate. E parecchio pure.
Sun City è in Sudafrica, poco più a nord di Johannesburg, la meta di molti giocatori d’azzardo. Europei, statunitensi, orientali e, naturalmente, indigeni benestanti.
Lì il denaro scorre a fiumi. Si vince e si perde. Si ammucchiano, grazie alla “dea bendata”, ingenti fortune in una sola sera, le stesse che poi possono dissolversi nei pochi istanti successivi e con grande facilità.
Quanto a lusso, a eccentricità, a divertimenti d’ogni genere e a escursioni molto esclusive, Sun City non è affatto seconda a Las Vegas, a Montecarlo o a Venezia.
E tutto mentre a pochi chilometri c’è il “nulla”, la povertà, molto spesso il degrado dei più, cui unica chance è quella di assistere impotenti e con stupore all’andirivieni di questi strani esseri privilegiati oppure, se un po’ di fortuna è pure dalla loro parte, ottenere qualche modesto lavoretto, magari temporaneo, per sostentare se stessi e le proprie famiglie.
Le attrazioni, per chi unisce al gioco il desiderio di qualche distrazione alternativa, che sappia di silenzio della savana, possono essere le visite guidate alla riserva dei coccodrilli, al cimitero degli elefanti oppure al Parco nazionale del Pilanesberg.
Pratiche pseudo-ecologiche per ricconi sfondati e coccolati.
E chi lavora in queste mansioni a Sun City sono in genere uomini di etnia Tswana.
Chi ha avuto l’opportunità di visitare la “mecca” dell’azzardo parla ,comunque, di fascino grottesco.
E, alla luce della ragione, e in tempi come i nostri, non ha tutti i torti.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)