Com’è infatti possibile che una futura suocera si comporti nei confronti della ragazza del figlio con lo sciocco cattivo gusto lamentato da Laura? Ho appena pubblicato il suo lungo commento e le risponderò presto nel dettaglio. Intanto leggetelo: in primis voi, madri di figli maschi in età coniugale! Se ne ricava una sorta di vademecum su ciò che non dovete assolutamente dire e fare. Presa da rinnovato sconforto, ho fatto un giro in rete . La conoscenza aiuta molto a sdrammatizzare, si sa, e mi è sembrato utile rivedere (ne ho infatti parlato in altri post) in qual modo scienza e filosofia trattino il pruriginoso rapporto.
La 27ora, blog del Corriere della sera, offre notizie ancor più tragicomiche e affligenti, come queste: nel vicentino una donna di 69 anni ha perseguitato la nuora con incursioni in casa, pedinamenti, telefonate fino ad esasperarla; pochi mesi fa a Viterbo un’altra quasi suocera ha tormentato la ex ragazza del figlio implorandola di tornare con lui, ma con una tale insistenza da beccarsi una denuncia.
Si trovano però in un articolo interessante, * di cui citerò qualche passaggio utile. Il punto di partenza è un saggio (Le suocere, le nuore e le altre relazioni pericolose) di Aldo Naouri, pediatra parigino noto per i suoi studi sulle relazioni all’interno della famiglia. La tesi è che il rapporto madre-figlio, potentissimo e esclusivo da sempre, sia arrivato oggi all’esplosione perché non più controbilanciato dal potere del patriarcato che lo ha tenuto in scacco per secoli. Nel senso, riassumo rozzamente, che il potere del maschio ha tenuto a bada le due donne. * http://27esimaora.corriere.it/articolo/suocere-nuoreecco-perche-scatta-la-rivalita/
Si passa poi a esaminare, escludendole, le basi biologiche della rivalità. Anche se, dice Telmo Pievani, Non c’è dubbio che il sesso forte sia quello femminile e il rapporto madre-figlio una specie di asse fondamentale di questo processo. Le conclusioni filosofiche le trae Elena Pulcini: Credo che nella relazione fra suocera e nuora giochi un ruolo fondamentale l’invidia, un sentimento obliquo che è stato favorito dalla subalternità sociale della donna, almeno quale è stata finora. Ma non è più così, per fortuna, penso io, e donne ormai emancipate dovrebbero liberarsi dall’ invidia, o almeno riuscire a controllarla!
Non dico niente di nuovo, prosegue la Pulcini: basta pensare a Biancaneve e Grimilde, la regina cattiva, e alla posta in gioco fra le due: bellezza, giovinezza, potere. Il problema di oggi è che in questo conflitto non c’è più la mediazione di un mondo patriarcale. E il vuoto di ruoli certi e di autorità può far prevalere un’ambivalenza emotiva rischiosa quando la posta in gioco fra due donne diventa altissima: il rapporto con il figlio per l’una, quello con il marito per l’altra».
L’antidoto? Forse le rivalità affettive(…) si attutiscono uscendo dalla segregazione del privato e costruendosi un’identità sociale sempre più solida. Non credo infatti, conclude (e siamo tutte d’accordo, spero), che le donne desiderino tornare al patriarcato perché incapaci di moderare i loro conflitti.
In sintesi: consapevolezza (delle origini dell’invidia), autocontrollo (per dominarla); buon inserimento sociale (autostima, autonomia). Volete almeno provarci, care suocere e nuore?
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