Della loro fantomatica esistenza avevo cominciato a sospettare un paio di anni fa, quando, durante una vacanza sciistica, ho conosciuto l'Omonimobrizzolato, rispondente al titolo di professore di musica alle medie, il quale parlava con sentito entusiasmo e alta soddisfazione del proprio lavoro. Strano, mi son detta, ben sapendo che una ventina di flauti dolci, se non opportunamente indirizzati, possono trasformarsi in cerbottane a proiettili di carta, oggetti contundenti, fischietti per improvvisate partite di calcetto, freccette da lanciare contro il professore. Poi, quest'anno, quando li ho visti – e, purtroppo, uditi – in collegio docenti, ho capito: non si trattava di normali professori di musica, ma di Professori di Strumento (d'ora in avanti Pidiesse). Ora, il Pidiesse non è un professore di musica come tutti gli altri, no, lui compone, lui è un artista, e in quanto artista non insegna in una scalcagnata classe di questa terra, ma nella SezioneMusicale. Orbene, la SezioneMusicale è una specie di Campo Eliso dei prof, di Eden primordiale dell'insegnamento: infatti, per accedere ad essa ed essere ritenuti degni di suonare non il plebeo flauto dolce, ma uno Strumento degno di tal nome – chitarra, pianoforte, violino o flauto traverso – i giovani virgulti sono sottoposti a preventiva, attenta e severissima selezione. Inutile che io vi dica da che tipo di famiglia provenga, in genere, un alunno che si iscrive alla SezioneMusicale. Superfluo che aggiunga quali capacità non solo musicali possieda solitamente un ragazzino portato per maneggiare uno Strumento. Lapalissiano sarebbe sottolineare che, quando tra un vasto numero di pretendenti di tal fatta se ne sceglie la crema, il gruppo ottenuto sarà di per sé di alto, se non altissimo, livello. Aggiungete a ciò che queste classi sono anche meno numerose dei carnai in cui un insegnante medio è sempre più costretto a lavorare. Infatti quando parlo con i colleghi che hanno la buona sorte di stazionare nella Sezione Musicale e confronto quello che riesco a fare io con ventotto delinquenti e quello che fanno loro con venti/ventiquattro arcangeli caduti, mi vengono attacchi di panico, vomito e nausea da inadeguatezza professionale. Ma torniamo indietro. Perché le classi ad indirizzo musicale sono meno numerose? Semplice, perché sono composte da quattro gruppetti di Strumento, ognuno formato da cinque o sei alunni. Ora, se già la vita di un professore qualunque, in tali classi, è migliore della media, quella dei Pidiesse è una vera pacchia: fare lezione con un microscopico gruppetto di elementi che tu stesso hai scelto per capacità, motivazione e interesse, solitamente provenienti da famiglie colte e attente. Voglio dire, non è il sogno di qualunque insegnante normalmente alle prese con compiti non svolti, errori di ortografia, quaderni in disordine, risse in classe? Potessi farlo io, le mie microclassette super-selezionate all'esame di terza media declamerebbero armavirùmquecanò al contrario, altro che confondere Austria e Australia! Ma ai Pidiesse questo non basta, no: non è sufficiente la mini classe superfiga, non è sufficiente non avere mai un ciufolo da correggere, non è sufficiente – poichè generalmente fanno lezione al pomeriggio – essere esentati da riunioni e Collegi docenti. No, rompono anche: e non si dà abbastanza importanza alla loro materia che è tutta cultura, e non si fanno abbastanza uscite all'Opera, e le date dei saggi musicali e dei concerti non vanno bene, e non capisco perché il collega si lamenti tanto quando tutta la classe è a fare le prove proprio il giorno della verifica di geometria fissata da un mese.
Sarà per questo che in questi giorni in cui sembro uscita dal set di Twilight, pallida, smunta, con gli occhi cerchiati, la bava alla bocca, grondante penna rossa dai pacchi di fogli protocollo, e incrocio in sala professori i Pidiesse, belli, freschi e riposati, che ti chiedono "Ma perché stasera non vieni a sentire i ragazzi che suonano a teatro?" mi vengono in mente mille modi di usare chitarra, pianoforte, violino o flauto traverso come raffinatissimi Strumenti. Di tortura, però.
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