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Super 8: Innovativo Cinema Vintage

Creato il 15 settembre 2011 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Super 8: Innovativo Cinema VintageMichael Bay di tutto il mondo unitevi e imparate! Quella a cui state per assistere è una lezione di cinema, di quel cinema perduto come non se ne fa più da tempo. È un appello all’intelligenza e alla sensibilità dello spettatore, il sogno nostalgico e vintage di un cineasta multimiliardario padrone dell’industria cinematografica (Spielberg) che, proprio come il Kane di “Quarto Potere”, sembra voler evocare i fantasmi di un glorioso e più genuino passato quasi per espiare le colpe del proprio presente produttivo. In anni in cui il potere dell’immaginazione (E.T.) si è trasformato lentamente in una dittatura dell’immaginario (Transformers) arriva questo Super 8 (produzione Spielberg e regia di J.J. Abrams, quello di Lost e Star Trek) a mettere letteralmente a fuoco le cose nel modo giusto. Perché è in questa visione sfocata e approssimativa, come quella per l’appunto fornita da una vecchia 8 mm, che risiede la verità del linguaggio, così come il filmino amatoriale dei ragazzi che cattura casualmente il segreto di una cittadina sconvolta da eventi più grandi di lei. Storia (semplice) di un gruppo di ragazzini malati di cinema in un piccolo paese dell’Ohio e di una cinepresa che ne segna il passaggio all’età adulta fra segreti militari, alieni ostili e sentimenti inespressi, Super 8 ingloba tutta l’archeologia del cinema fantastico-avventuroso che fu e la rielabora sotto forma di manuale insostituibile e prezioso di un modo di raccontare storie ormai quasi perduto oltre che di un’estetica che fa scuola a sé.

Super 8: Innovativo Cinema Vintage

Luci distorte, campi lunghi, inquadrature che accarezzano i volti dei giovani attori ansiosi di comunicare emozioni (niente recitazioni mocciose o enfant prodige dell’ultima generazione) sono tutti elementi che in Super 8 diventano i segni silenziosi di una dichiarazione d’amore per la settima arte che non ha precedenti nella recente produzione fantastica. Un calco amorevole di modelli del passato vissuti da una generazione (i 30-40enni) che non accetta di seppellire prematuramente la propria memoria sotto i colpi assordanti di un Decepticon o affievolirsi nella retorica dei cinecomics attuali. Del resto il cinema degli anni ’70 ed ’80, quando l’America dell’intrattenimento globale abbandonava la paranoia del Watergate per abbracciare ben altre guerre spaziali, è quella in cui venivano gettati letteralmente i semi della nuova poetica dei blockbuster, prodotti miliardari sì ma anche film pionieristici per certi versi e lontani a volte dall’essere garanzie di successo (perfino Francis Ford Coppola era convinto che Star Wars sarebbe stato un flop come ammise all’amico Lucas). Film in cui i volti, la tensione delle storie, l’empatia con quei personaggi contavano anche più dell’effetto speciale comunque realistico.

Super 8: Innovativo Cinema Vintage

Basti richiamare alla memoria i 135 minuti di “Incontri ravvicinati del terzo tipo” in cui le quasi due ore dedicate all’attesa dell’incontro, alle storie personali dei protagonisti con i complotti militari e l’aria di mistero incombente a fare da contorno, non sono meno magici o coinvolgenti della meravigliosa epifania finale degli alieni. Super 8 è come una macchina del tempo che sembra venire da quell’epoca e non solo perché ambienta la sua vicenda negli anni ’70 ma perché di quel cinema è impregnato fino al midollo, dalla recitazione dei protagonisti (tutti bravissimi e già maturi) fino alla scansione dei tempi e degli sviluppi emotivi. Tra luoghi di spielberghiana memoria (la cittadina di E.T., le fabbriche e la ferrovia-giocattolo di Incontri ravvicinati), citazioni dal cinema dell’epoca (Halloween, La notte dei morti viventi) e stanzette disordinate che profumano di giochi, fumetti e vernice, quando PC e PlayStation ancora non avevano imbavagliato l’immaginazione e alterato il tempo, questo nuovo classico della sci-fi moderna (non semplice modernariato si badi) riscrive perfino le coordinate sociali e sentimentali di quel cinema.

Super 8: Innovativo Cinema Vintage

Apre con un lutto tremendo, il più insostenibile di tutta l’infanzia, sullo sfondo di una America operaia dove anche le donne possono morire orribilmente sul posto di lavoro. Istantanee tragiche di una working class costretta a fare i conti già allora con l’insicurezza e un contesto suburbano al quale i figli possono sfuggire solo imbracciando una bici che però non può ancora volare. Qui la macchina da presa dei ragazzi rappresenta il sogno di un riscatto personale ancora di là da venire, il mezzo per evadere dalle proprie gabbie familiari ed esorcizzare l’orrore del quotidiano ma soprattutto il luogo dove i morti viventi inevitabilmente fanno molta meno paura di quelli veri. Vengono dritte da Spielberg quelle figure di padri assenti così assidue in tutta la sua filmografia ma che in realtà non sono altro che ennesimi bimbi sperduti costretti a misurarsi anche loro con solitudini e sensi di colpa. E se i militari ottusi e responsabili rispecchiano il tipico antagonismo da popolo dell’Area 51, l’E.T. di turno non è più l’amabile folletto con la testa a tartaruga e il dito luminescente con il quale vorremo tanto fare il salto intergalattico, ma una creatura livorosa e affaccendata che sul suo cammino non ha mai incontrato Elliott o l’amicizia e vuole solo ritrovare la strada di casa anche a costo di uccidere.

Super 8: Innovativo Cinema Vintage

Il bambino e l’alieno nell’unico faccia a faccia del film hanno modo di guardarsi negli occhi ma non (stavolta) per dichiararsi il reciproco affetto quanto piuttosto per incrociare le rispettive solitudini e scoprirsi simili nel proprio bisogno di casa. Ma se in “Incontri ravvicinati” i destini di umani ed alieni tendevano a convergere verso la stessa nave madre dentro cui rinascere a nuova vita, in Super 8 la nave diventa simbolicamente madre anche per il ragazzino protagonista, perché in essa lascia che si perda quell’ultimo frammento che lo lega al ricordo del suo genitore più caro. Il ciondolo che fluttua nel lirico finale dell’ultimo incontro alieno suggella con dolore lo struggente addio all’età dei giochi e l’approdo inevitabile a quella adulta. Quell’innocenza perduta a cui Spielberg, tramite Abrams, sembra ancora anelare proprio come il Kane di Quarto Potere con la sua Rosebud d’infantile memoria. Il filmino amatoriale che scorre sui titoli di coda non può che confermare la sincerità di tutta l’operazione. Super 8 è davvero la dimostrazione che un altro blockbuster è ancora possibile.


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