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Superbugger, aku

Creato il 30 luglio 2012 da The New Noise @TheNewNoiseIt

AKU

Ora, prima di ascoltare AKU assicuratevi di avere le pareti ben insonorizzate o di abitare in aperta campagna senza case intorno. Certo, esistono le cuffie, ma per entrare in sintonia con un disco del genere l’esperienza fisica è indispensabile: impianto a palla e volumi ai limiti del sostenibile, that’s the way. Roba non per tutti, si capisce. Viene da ridere solo a pensare di sentirsi questo primo parto sulla lunga distanza dei due neozelandesi Antony Milton e James Kirk con le cuffiette dell’ipod: musica brutta fiera di esserlo, dai suoni talmente sporchi e distorti che pare di sentire una registrazione di un branco di mentecatti incisa su una vecchia C90 smagnetizzata, con la lancetta – come si legge sulla loro pagina Bandcamp – sempre sul rosso. White Light White Heat docet, solo che loro erano i Velvet Underground, ma è nato tutto da lì: in fondo è sempre rock and roll, ammesso che si considerino tali il primo Skullflower, gli Hey Colossus o gli Aufgehoben. I Superbugger sono un altro di quei casi in cui quello che si sente è talmente (e volutamente) distorto e spinto ai limiti del parossismo che si tramuta in qualcos’altro. Trattori, mietitrebbie o altri motori agricoli, ad esempio, o aeroplani che scendono in picchiata dal cielo, fabbriche siderurgiche e frullatori, quando invece sono “solo” gli strumenti classici del rock, chitarra basso batteria e persino una voce che qua e là si fa strada tra i rottami, come in “Bus Girl”. È ovvio che è perfettamente inutile tentare di capire i testi o anche di comprendere una sola sillaba che abbia senso compiuto. Noise e psichedelia vanno qui a braccetto e minano la sanità mentale di chi ascolta: dal vivo questa deve essere roba che fa male, me li vedo proprio questi qua racchiusi nello scantinato dell’XM24 a Bologna – o in qualche altra situazione simile – che scrostano i muri a suon di feedback, ma chissà se e quando passeranno da queste parti. Per adesso, accontentiamoci del graveolente AKU, che esce per la Heart & Crossbone di Tel Aviv, un’etichetta che non ha certo paura di sporcarsi le mani con i suoni più zozzi ed estremi: la roba che pubblica o la si ama o la si odia, non ci sono mezze misure.


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