Superfici VS Superficiale al CFDA Fashion Icon Award

Cosa hanno in comune: Johnny Deep, Lady Gaga, Iman, Kate Moss, Sarah Jessica Parker, Nicole Kidman e C.Z. Guest con Rihanna?

Apparentemente nulla, eppure è sull’apparire che si basa il nostro denominatore comune; tutti loro, in un periodo che va dal 2014 al 2002, hanno ricevuto il prestigioso CFDA Fashion Icon Award.
Per i non addetti ai lavori è un premio consegnato durante un evento annuale: il Council of Fashion Designers of America Awards, evento che si tiene dal 1981, dove vengono riconosciuti gli eccezionali contributi apportati alla moda americana da parte di individui da tutti i settori dell’industria e delle arti ad essa correlate.
E quest’anno, il 2 giugno al Lincon center di New York, il premio è stato consegnato a Rihanna, ed è stato subito chiacchiericcio, twitterate, googolate e articoli come se piovesse, ma non una minima parte dell’attenzione è stata riversata sul premio e al suo motivo d’essere, bensì sul COME è stato ritirato.

Scintillantemente avvolta dallo stilista Adam Selman in 230,000 swarovsky (il numero esatto non è noto neanche a coloro che hanno lavorato all’esagerata applicazione per una settimana intera) e coperta solo da una stola di volpe cipria, con guanti e copricapo anni 20 in abbinato, la ventiseienne ha sbalordito tutti, ancora una volta.
Le masse, disorientate da cotanta nudità e sfavillio, si sono divise in due fazioni che esaltano una la genialità e l’altra l’inopportunità dell’outfit scelto.

Effettivamente è nuda, ma accertato il dato di fatto, non si sono riusciti a trovare articoli sul merito o su quello che potrebbe aver portato la giuria a questa scelta. Non un accenno alle scelte stilistiche ed estetiche che hanno accompagnato Rihanna sin dai suoi esordi e l’hanno resa star mondiale innovativa e di tendenza. Non un accenno alle sue collaborazioni con gli stilisti (Armani e River island) o con MAC o alle campagne pubblicitarie che l’hanno vista protagonista e mezzo per esaltare un’estetica precisa, pensiamo per esempio all’ultima campagna P/E 2014 di Balmain.

Eppure, per portare alcuni esempi, quando Johnny Depp aveva ricevuto il premio nel 2012, si era parlato di tutte le sue interpretazioni mutevoli nel look ma sempre credibili, del suo personalissimo look hobo ma specchio del suo estro, per Iman nel 2010 si era detto che era uno dei momenti più importanti della storia moderna del fashion e per Sarah Jessica Parker nel 2004 si è detto che era una scelta naturale, lei che dello stile ne ha fatto personaggio e status simbol.

Allora la domanda è: perché non si riesce ad andare oltre queste trasparenze?
Perché tutta questa criticità?

Anna Wintour, direttrice di Vogue Us, severa sovrintendente del gusto e dello stile le ha dedicato una presentazione molto acritica, un esegeta giusta e riflessiva che ha espresso il suo parere cosi: “I am here tonight to talk about how Rihanna communicates through fashion, because of course, that is what style icons do. They tell us captivating stories, about themselves and about the world we live in, through the boldness and beauty of their clothes. Whether it’s the simple, white, Stella McCartney floor-length dress she wore to the Met — a vision of Hedy Lamarr Hollywood glamour mixed with the hard-edged chic of Grace Jones — or her ’80s moment in a cartoonish shearling jacket and Cleopatra wig for a recent Paris Show, Rihanna speaks to her fans with her every look. And what she says to them — and I include all of us in that group — is that it’s fun to feel a little boyish one day and dress up like a dazzling diva the next. I think that’s what she was going for tonight”.

E se la moda assiste le ICONS nel narrare storie e parlare con i fan, perché la moda non è percepita come mezzo di comunicazione? Per quale ragione è intesa come superficialità per il solo fatto che copre una superficie? Anche la pittura, infondo, altro non è che materia che ricopre la tela, ma per quelle, di trasparenze, nessuno si è permesso negli ultimi anni di dare giudizi cosi cocenti.

Certo l’arte deve essere capita, studiata, ponderata per afferrarne il significato, ma cosa ci impedisce di farlo anche con la moda? Non è comunque annoverata tra le arti minori? Non ci sono musei che si affaccendano per allestire mostre e portare alla luce la storia queste opere?

E se parliamo di trasparenze perché sono concesse nella pittura e non nella moda?
Di esempi di trasparenze ne abbiamo tanti da enumerare: Botticelli ce le ha regalate eteree nella sua Primavera, Klimt ce le ha date come una sfida nella Giuditta, Mucha le ha avviluppate nelle sue sensuali linee noveau e prima di loro tanti e tanti altri fino ad arrivare a Nefertari e Nefertiti.

“We definitely wanted to make it a little bit scandalous”, Selman ha raccontato a Style.com, ma non lo sarà stata anche la Giuditta? Non lo saranno state anche le Grazie? Cos’è che rende il racconto che ci fa la moda scandaloso e quello che ci fa la pittura artistico?

Per adesso l’ultima parola sul suo essere “sconveniente” la lasciamo al discorso che ha fatto Rihanna al ritiro del premio: “Growing up I didn’t have a lot of access to fashion. But as far as I could remember, fashion has always been my defense mechanism. Even as a child I remember thinking, “She can beat me, but she cannot beat my outfit.” [Laughter and cheers.] And to this day I mean, that is how I think about it. I can compensate for all my weaknesses with my fashion. And so really, you really can … I enjoy the most that you can tell so much about who someone is just by their style — the way they put fashion together. And I think fashion has been an outlet for me to express myself, to speak up, to say who I am and to be very loud about it at times, and I just like to have fun with it. Fashion is just a world of thrills, it’s exciting, there’s no rules, there’s just … I mean, SHE has tons of rules [gestures at Anna Wintour, audience laughs] … Scratch that! Scratch that! [More audience laughter.] There are RULES! But rules are meant to be broken. [Audience cheers and claps.]

 I want to thank MAC for being so supportive and for keeping my face so cute. I want to thank all of the stylists who I’ve worked with because it’s steps, it’s stages to get here, and now I can’t believe that we’re here at the CFDA Awards. Mel Ottenberg, thank you! You GET ME. You honestly get me, and you understand what I’m trying to say. I can send you two pictures, and you bring back the rack full of exactly what I wanted. There’s nothing better than that because fashion should never be frustrating. It should be fun! Make it easy to me. I want to thank everybody here tonight, my friends, my family for being supportive, thank you, guys! Good night”.

A cura di Martina Cotena.