Superipocondriaco
Creato il 11 marzo 2014 da Veripaccheri
Superipocondriaco
di Dany Boon
con Dany Boon, Kad Merad
Francia, 2014
genere, commedia, azione
durata, 107'
Promotore di uno dei successi più clamorosi del box office francese, con incassi paragonabili a quelli dei blockbuster
americani, “Giù al nord” aveva fatto del sodalizio tra Dany Boon e Kad
Merad una delle sue carte vincenti. In quel caso poi, Dany Boon, regista
oltrechè attore, si era inventato il classico asso nella manica, con
una storia che esasperava pregiudizi e diversità tra due opposti
culturali e geografici, capaci di diventare paradigmatici di una
condizione universale.
Era perciò logico che Boon, dopo
una manciata di sortite non altrettanto fortunate (“Niente da
dichiarare?”, “Un piano perfetto”) decidesse di ritornare all’antico,
riproponendo la formula che gli aveva consentito simile ascesa. Questa
volta però, forse per cercare di rinnovare il repertorio, Boon si
ripresenta con una commedia spuria, nel senso che la comicità ed il
divertimento scaturiti dalla dialettica tra il protagonista e la sua
spalla sono contaminati da un diverso registro, ora drammatico, ora
romantico, che prende piede quando Romain Faubert, ipocondriaco e single
viene scambiato per Anton Miroslav, rivoluzionario in fuga dal
Tcherkistan, immaginaria nazione dell’est europeo. Da quel momento in
poi la storia subisce un’accelerazione improvvisa, trasportando le
ossessioni dello sciagurato protagonista in un contenitore assolutamente
dinamico, con fughe rocambolesche, scontri a fuoco, e salvataggi
all’ultimo minuto che riproducono luoghi e dinamiche frequentate dal
cinema d’azione.
Lo scarto, pur evidente, viene
tenuto a bada con disinvoltura dal regista che continua a privilegiare
gestualità da cartone animato (i capitomboli si sprecano così come le
mimiche facciali ) e quelle improvvisazioni linguistiche che
appartengono alle specialità della casa, qui utilizzate quando Romain
deve far credere di essere un cittadino straniero, e quindi di conoscere
a malapena la lingua francese. Caratteristiche che non vengono meno
quando gli interni borghesi della Parigi della rive gauche
vengono sostituiti dall’anonimato fatiscente e grigio della prigione
dove il protagonista ad un certo punto si ritrova, ed in cui, in una
scena da libro cuore, assistiamo alla tragicomica consumazione di un
companatico, equamente diviso con topi e scarafaggi. Così come
nell’assunzione di responsabilità che Romain sarà obbligato ad accettare
durante la cattività, per superare gli ostacoli che lo separano dalla
felicità. Diversamente dal capodopera che l’ha preceduto,
“Superipocondriaco” rinuncia quasi del tutto all’analisi del contesto
sociale ed allo scavo psicologico delle varie tipologie umane che
entrano in gioco solamente per innescare le fobie del protagonista. Il
meccanismo funziona a fasi alterne, perché se da una parte la scrittura
del film assicura un progressione narrativa che non concede pause,
dall’altra fa capolino una certa autoreferenzialità che copre solo in
parte i limiti di un ispirazione troppo programmatica.
(pubblicato su dreamingcinema.it)
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