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Superman - L'uomo d'acciao

Creato il 07 luglio 2013 da Mikdarko
"Darai agli abitanti della Terra un ideale per cui battersi; si affretteranno a seguirti, vacilleranno, cadranno... ma col tempo, si uniranno a te nella luce."
Se per anni avete pensato che il significato di quella grande “S” rossa che compare sul petto di quel famoso supereroe con la tuta blu e il mantello rosso fosse la semplice iniziale del suo nome, avete davvero preso un grosso abbaglio. Zack Snyder, regista dell’attesissimo Man of steel - L’uomo d’acciaio, in uscita oggi nelle sale italiane, è pronto a dimostrarvi che quella “S” non è nemmeno una lettera, ma un simbolo che significa “speranza”. 
Superman - L'uomo d'acciao
Al di là della curiosa coincidenza dovuta alla traduzione italiana del termine “hope”, la “S” (che quindi una S non è), è il simbolo della casa degli El, la potente famiglia del pianeta Krypton da cui discende Clark Kent, il personaggio ideato dai fumettisti Jerry Siegel e Joe Shuster e interpretato per la prima volta al cinema da Christopher Reeve nel 1978. Superman è forse uno dei supereroi più noti al mondo e probabilmente uno dei personaggi più utilizzati nella storia del cinema e della televisione: a lui sono stati dedicati ben cinque lungometraggi (tra cui il deludente Superman Returns del 2006, nato come ideale seguito di Superman II) e tre serie TV: la prima, Adventures of Superman, con George Reeves nel ruolo di Clark, e la famosissima Smallville, con il bel Tom Welling, che racconta l’adolescenza del futuro grande supereroe. Ovviamente ben lontano dalle atmosfere liceali di Smallville, L’uomo d’acciaio è un tentativo di presentare il supereroe dal mantello rosso sotto un punto di vista nuovo, spesso poco considerato: non tutti infatti ricordano che Clark Kent è a tutti gli effetti un alieno dalle fattezze umane, dotato di super poteri che lo rendono inevitabilmente un essere superiore rispetto ai normali terrestri. Come potrebbe, quindi, un giovane ragazzo, che un giorno si ritrova con dei poteri fuori dal normale, riuscire ad accettare se stesso e comprendere il senso della propria diversità?
Questa è la domanda da cui parte la pellicola, ideata e prodotta da Cristopher Nolan (Il cavaliere oscuro, Inception) e scritta dal suo fidato sceneggiatore David S. Goyer.
Lavoro quindi coerente all’immaginario del suo produttore, Man of steel – L’uomo d’acciaio parte dalle origini della storia di Superman, dal momento in cui il suo pianeta natio, Krypton, è prossimo al collasso.  La popolazione del pianeta sta per essere spazzata via da un’enorme implosione, così il consigliere e scienziato Jor-El (Russel Crowe), di comune accordo con la moglie Lara (Ayelet Zurer) decide di spedire il figlio Kal-El (Henry Cavill) su un pianeta alieno, la Terra.  Il bambino è un essere speciale, perché l’unico a non essere stato generato artificialmente secondo il programma di controllo delle nascite di Krypton, che permetteva al pianeta di prosperare e gestire nel miglior modo possibile ogni attività.  Sopravvissuto all’esplosione, il piccolo giunge sulla Terra, dove viene accudito dai coniugi Martha (Diane Lane) e Jonathan Kent (Kevin Costner), che lo ribattezzano con il nome di Clark.  Ben presto, però, il giovane dimostra di non essere un ragazzo qualunque, perché dotato di incredibili poteri. 
Un giorno, il padre adottivo gli rivela la sua vera identità: Clark, turbato, si vede così costretto a intraprendere un viaggio alla ricerca di se stesso e del suo passato, che terminerà solo con il ritrovamento di una nave kryptoniana all’interno di un ghiacciaio, dove conosce per caso la giornalista Lois Lane (Amy Adams), inviata per documentare lo strano ritrovamento.  Salito a bordo dell’astronave, l’ologramma del padre Jor-El gli illustra il motivo della sua presenza sulla Terra: egli è in possesso di un importante codice genetico, per questo il comandante Zod (Michael Shannon), salvatosi dall’implosione di Krypton, sta per raggiungere la Terra al fine di recuperarlo e far rinascere così il pianeta natio a scapito dei terrestri.  Sarà allora che il giovane Clark dovrà decidere di non vivere più nell’ombra e scegliere da che parte stare. 
Zack Snyder è ormai un veterano delle trasposizioni cinematografiche di fumetti: il suo curriculum vanta due memorabili lavori dal calibro di 300 e Watchmen.  Produttore e regista non possono perciò definirsi affatto inesperti in materia, ma la sensazione che si ha nel momento della fruizione di Man of steel - L’uomo d’acciaio è che il connubio di queste due menti, che hanno dimostrato di essere ognuna attenta a diversi aspetti dell’identità di personaggi con superpoteri, non sia riuscito perfettamente. Gli apporti dei due registi si percepiscono infatti in maniera netta e distinta, le due rispettive visioni sono perfettamente riconoscibili. Da una parte c’è l’amore per l’iper-tecnologia e la ricerca interiore di Christopher Nolan, indubbi retaggi del Cavaliere Oscuro (che vantava, a differenza di altri film sui supereroi, dei villains davvero epici), dall’altra i dubbi etici e gli interrogativi esistenziali di Zack Snyder, a loro volta già presenti in quell’ottima pellicola che fu Watchmen.  Il paragone tra Superman e il Dottor Manhattan (uno dei protagonisti di Watchmen, ndr) è piuttosto immediato, ma se in Watchmen il supereroe decideva di abbandonare la Terra, e con essa gli umani, al suo triste destino, qui Superman (il cui nome, per altro, viene citato una sola volta all’interno del film) decide, coerentemente ai suoi principi morali, di aiutare i terrestri. 
Clark Kent – Kal-El si fa così un vero e proprio Dio sceso in terra, una sorta di “Cristo Supereroe”. Clark è paragonato al Cristo-Salvatore, è un Dio in mezzo agli uomini, e l’esagerazione non è casuale: nel film, Clark afferma di avere 33 anni e, come se il paragone fosse poco chiaro, un’inquadratura ce lo mostra in primo piano mentre alle sue spalle è ben visibile una vetrata che raffigura il Cristo mentre è intento a pregare. Entrambi sono dotati, a loro modo, di superpoteri, ed entrambi hanno le proprie rispettive debolezze: nell’orto del Getsemani, la notte prima di essere crocifisso, Gesù invocò il Padre nella speranza di sfuggire alla tremenda sofferenza che lo avrebbe aspettato l’indomani.  Una debolezza, quella di Cristo, ravvisabile anche nel Clark Kent di Snyder e Nolan, indeciso se abbracciare le grandi responsabilità che il suo potere comporta, o continuare a vivere nell’ombra.  L’idea è di indubbia provenienza snyderiana, così come la brillante intuizione basata sul fatto che il punto di debolezza del supereroe, stavolta, non sia la kryptonite, ma la morale.  Sono i nostri principi etici a renderci deboli, afferma Snyder, sono i nostri scrupoli morali a impedirci di compiere scelte importanti e decisive: in Watchmen, il genio Ozmandyas si vedeva costretto a distruggere intere città per evitare una guerra nucleare, perché, a detta sua, «alcuni sacrifici sono necessari». 
Man of Steel, quindi, incarna esattamente l'ideale di Superman e ne mette in mostra il suo lato più forte, e non riguarda i suoi super-poteri bensì la sua umanità. Perché prima di tutto Superman è umano, sebbene sia nato su un pianeta lontano popolato da esseri decisamente più evoluti rispetto ai terrestri, e questa sua umanità gli è stata trasmessa dai suoi genitori adottivi, Jonathan e Martah Kent,
che gli hanno insegnato a convivere con i suoi poteri, accettarli e utilizzarli al meglio, per difendere l'umanità e non per suo tornaconto. In realtà, la caratterizzazione dei genitori di Clark è anche molto più complessa, e differente da quella cartacea; non più descritti come i genitori perfetti, ma semplicemente umani, in tutti i loro difetti, e ne è a dimostrazione Jonathan Kent che insegna al figlio di non manifestare i suoi poteri, perché la gente non capirebbe, perché l'umanità non è pronta, ma nel complesso il loro ruolo rimane fondamentale e incisivo sulla personalità del giovane kryptoniano.
Il realismo in Man of Steel è molto presente, non viene tralasciato in nessun aspetto, e viene data la risposta a numerose domande che in una persona qualunque risulterebbe logica, facendo in modo che numerose persone, all'interno del film, vengano a conoscenza dell'identità di Superman (sebbene molti non conoscono il suo vero nome, in fin dei conti).
Il dramma di un bambino emarginato che si ritrova con dei poteri ingestibili nemmeno è lasciato da parte, e ancora una volta sono i genitori che fanno in modo che egli impari a gestirli. Ma un bambino del genere, che posto può avere nel mondo? Jonathan Kent non gli dice mai la strada da intraprendere, non lo indirizza, ma gli ricorda sempre che qualunque sia il ruolo che il figlio sceglierà, inciderà moltissimo sull'umanità. "Devi decidere che tipo di uomo vorrai diventare".
Il ruolo del genitore non è limitato solo a coloro che lo hanno cresciuto, ma anche ai genitori biologici, in particolare al padre Jor-El, il quale incide definitivamente il carattere di Kal-El e gli ricorda le sue radici kryptoniane dandogli un ruolo ben specifico: far rivivere la loro razza, ma non nella maniera di Zod che punta alla conquista e alla distruzione, ma ricordandone i lati migliori. Prendere il meglio dalla razza umana e quella kryptoniana, e far nascere un popolo migliore, rigoglioso nella conoscenza e di forti ideali morali.
E lì dove i padri giocano un ruolo importante, anche le madri non vengono da meno. Commovente la scena in cui Lara Lor-Van dice addio un'ultima volta al figlio, spedito nello spazio verso il pianeta Terra; anche lei, come Jor-El sa cos'è meglio per il futuro della sua razza, acconsentendo di regalargli un'esistenza che può farlo aspirare a qualcosa di grande mettendo da parte l'amore che prova nei suoi confronti, salvandolo dalla distruzione di Krypton.
Martha Kent, invece, rappresenta lo stereotipo della madre amorevole, ma non della martire. Ancora una volta, andando a cercare tra le scene memorabili c'è quella in cui lei, con la casa semi-distrutta, raccatta solo gli album fotografici, esclamando "la casa la potremmo ricostruire, sono solo oggetti", quasi come preservare non solo i ricordi dell'infanzia di Clark, ma la sua umanità.
Il film, per chi come me è alla ricerca di dietrologie e simbolismi, è ricco di riferimenti del genere, e forse il più evidente è durante la scena di volo. Impossibile non notare, infatti, l'espressione di Clark quando impara a volare, il suo sorriso, il suo entusiasmo, ancora una volta la sua umanità traspare. Tuttavia il film, nonostante questi aspetti sono tipici dei classici film lenti, è ricco d'azione.
L'intero film, a dire il vero ne è piena. Scene di lotta intense, non confusionarie, accompagnate da degli effetti speciali veramente ben fatti, tali da far sembrare il volo di Superman quasi naturale, così come il resto dei suoi poteri, che - a proposito - ci sono tutti: dalla vista calorifica a quella telescopica, dal super-soffio a quella a raggi x! Forse chi non ama particolarmente i disaster movie e la distruzione che si portano dietro, avrà un po' da ridire con la scia di distruzione che Superman "attira" tra Smallville e Metropolis, ma ricordiamoci che è di Superman che parliamo, e che sta affrontando dei kryptoniani, esseri che posseggono la sua stessa forza. Inoltre non dimentichiamoci che si tratta sempre di un cine-comics, questo susseguirsi di scene d'azione è roba di tutti i giorni nel mondo dei fumetti, ma non per questo è un aspetto che rende la pellicola scadente.
Lì dove Avengers peccava di essere solo un film con tutta azione e una trama scarsa, Man of Steel ha quel tocco in più che lo rende un capolavoro di film soprattutto dal punto di vista intellettuale.
Tornando alla descrizione dei personaggi, ovviamente non lasciamo da parte Lois Lane, interpretata da Amy Adams, che ben si adatta al ruolo dell'intrepida giornalista nonché donna con un gran bel paio d'attributi, e che svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo del personaggio di Superman. È proprio grazie a Lois, infatti, che Superman decide di battersi per l'umanità, è lei che dona speranza all'Uomo d'Acciaio mostrandogli che anche gli umani sono pronti a fare del bene, aspetto che viene messo anche in risalto dal giornalista Steve Lombard e il capo redattore Perry White, interpretati rispettivamente da Michael Kelly e Laurence Fishburne.
Per quanto riguarda i nemici, mi dilungherò in particolar modo su Zod e Faora, come giusto che sia, senza però dimenticarci di altri personaggi ben riconoscibili quali Jax-Ur e quello che io ho attribuito a Non, il bruto che accompagna Faora nella battaglia a Smallville. E parlando proprio di Faora, poco prima di vedere il film, ho letto parecchie lodi sull'interpretazione di Antje Traue e non posso far altro che aggiungermi al coro. Non è solo per il fatto che il personaggio di Faora sia ben riuscito, e nemmeno perché praticamente massacra Superman per buona parte del film, ma è l'interpretazione.
Malvagia, senza morale, letale, stronza fino all'osso, e tutto questo traspare alla perfezione nelle espressioni dell'attrice, che dona al personaggio più credibilità.
E Zod, invece... davvero, non ci sono parole. Fa quasi dimenticare l'ottima interpretazione di Terence Stamp in Superman II. Michael Shannon e Antje Traue sono due dei migliori cattivi apparsi sul grande schermo proprio grazie alle loro interpretazioni, coinvolgenti e malvagie al punto giusto. Lì dove trama, effetti visivi e cast sono stati eccellenti, non è da tralasciare l'aspetto comparativo tra cinema e fumetto.
Personalmente, sono il primo che cerca di non fare comparazioni, in quanto un film non potrà mai rispecchiare totalmente un fumetto o libro che sia, tutto ciò che si può fare è adattare, e talvolta va anche reinterpretare.
E qui, le reinterpretazioni non mancano, a partire dalla visione di Krypton data da Zack Snyder, che è tutt'altro che orribile. Un misto tra un luogo altamente tecnologico a puramente fantastico, popolato da creature che sembrano sbucate da un racconto fantasy e da un design decisamente moderno e che sa dare quella sensazione appunto di 'alieno'. E non solo nella caratterizzazione del pianeta, ma anche dai costumi, dal design delle navette, e da come viene descritta la società kryptoniana.
Dal punto di vista della trama, la storia di Superman non subisce molte variazioni, se non nella faida tra Zod e Kal-El, con il primo deciso ad impossessarsi del codice genetico kryptoniano racchiuso nelle cellule di Superman. Infine, potrei benissimo sbagliarmi, ma la scena in cui Superman va in chiesa a confessarsi con il prete mi ha ricordato parecchio la mini-serie Per il domani scritta da Brian Azzarello, che sia una citazione voluta o no, rimane comunque una delle scene chiave per il film.
Non mancano, poi, gli easter egg che rimandano alla LexCorp e a Batman, precisamente nella scena del combattimento tra Zod e Kal-El nello spazio quando entrambi finiscono su di un satellite che porta su il logo delle Wayne Industries. Per non parlare del robot Kelex, anch'esso citato nella scena su Krypton, mentre a quanto pare, c'è anche un easter egg riguardo Booster Gold, ma quello ammetto di essermelo perso.
Per concludere, passiamo ad un ultimo aspetto della pellicola, precisamente nel finale, e qui vi consiglio di smettere di leggere questo paragrafo, se non volete rovinarvelo. Come è stato abbastanza chiaro durante tutto il film, Superman alla fine decide di combattere per l'umanità, seguendo il sogno del suo padre kryptoniano di unire il meglio delle due razze, e il suo ultimo atto che consoliderà il suo status di salvatore della Terra è quando uccide il suo nemico che a sua volta sta per uccidere degli esseri umani. Un lato di Superman che raramente è stato mostrato in ogni sua interpretazione. Il gesto che compie, tuttavia, non è per niente facile da affrontare per Clark, il quale è visibilmente scosso, nonostante lui abbia agito per salvare delle vite, e a dimostrazione del suo dolore per quell'atto estremo, non a caso arriva Lois a consolare Superman.
Certamente, questo andrebbe a spezzare l'unica regola di ogni supereroe, anche se oggigiorno tale regola è messa in atto solo da pochi, ma dal punto di vista del film e del senso che gira attorno ad esso, non si spezza nulla.
Superman rimane ancora l'eroe che deve ispirare l'umanità a dare il meglio di sé.
 
Infine per concludere, ecco il punto debole che ho trovato in Man of Steel: non la kryptonite, né il suo alto senso morale, bensì la debolezza è la sua stessa identità: egli è un supereroe senza troppi lati oscuri, eccessivamente perfetto e anche un po’ goffo nei panni del suo alter-ego umano. Un supereroe da ammirare, ma a cui è difficile affezionarsi, perché in un essere così perfetto noi, forse, possiamo riconoscerci ben poco.
Fonti: http://www.wakeupnews.e; http://dcheroesaddicted.blogspot.it

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