Tutto quello che Berlusconi ha promesso dal1994 al 2010, non lo ha mai mantenuto.
Cercherò di fare una breve cronistoria.
Nel 1994 la flat tax, l’aliquota unica del 33% per tutti i contribuenti. «Tutti pagheranno meno tasse e i poveri saranno esentati». Mai realizzata.
Poi le aliquote diventarono due: 23% e 33%. Berlusconi prese l’impegno solennemente in televisione davanti a Bruno Vespa, firmando il contratto con gli italiani.
Annunciò, presentando la Finanziaria 2003: «La riduzione dell’Irpef partirà dal prossimo anno e riguarderà ventotto milioni di italiani». In effetti, il Parlamento approvò una legge delega che prevedeva non soltanto le due aliquote, ma, la famosa «armonizzazione della tassazione delle rendite finanziarie».
Inutile dire che il 3 maggio del 2005 la legge delega con le due aliquote e l’«armonizzazione» delle imposte sulle rendite era scaduta senza essere applicata: il governo non aveva mai fatto i decreti legislativi per attuarla.
Nel frattempo le aliquote Irpef erano già diventate tre: 23%, 33%, 39%. Poi quattro: 23%, 33%, 39%, 43%. Pur riluttante, il successore di Tremonti, Domenico Siniscalco, sottoscrisse una riforma che i colonnelli del centrodestra, alle prese con sondaggi traballanti, giudicavano assolutamente necessaria per risalire nei consensi. L’Irpef fu rimodulata su quelle quattro aliquote e tagliata di circa 6 miliardi di euro. I contribuenti esultarono. Ma in compenso vennero investiti da una raffica di aumenti per i bolli e altre imposte marginali.
Mentre Berlusconi insisteva: «L’anno prossimo aboliremo la quarta aliquota». L’anno seguente, 2006, nel programma elettorale della Casa della libertà spuntò invece il quoziente familiare. «Un padre di famiglia pagherà il 30% in meno di tasse», s’infervorò il Cavaliere e, «Introdurremo il quoziente familiare prendendo le risorse dall’evasione fiscale», promise di nuovo il 16 marzo 2008.
Venti giorni più tardi: «Porteremo l’aliquota massima al 33%, con le risorse che verranno dalla cura in profondità che attueremo per diminuire i costi dello Stato». Nell’attesa sono arrivati il terzo e il quarto scudo fiscale. Nonostante Berlusconi e Tremonti avessero proclamato prima delle ultime elezioni: «Basta con i condoni». E nonostante da dieci anni ormai sia stata dichiarata guerra all’Irap («Quella tassa farà una brutta fine», sparò il Cavaliere l’8 maggio del 2001 ancora a Porta a Porta),quella imposta sopravvive imperterrita.
In un Paese normale, un politico così non avrebbe avuto un’altra possibilità e, invece qui da noi non solo continua a dire bugie ma, c’è ancora chi dopo tutto gli crede. Certo, si sa una bugia ripetuta tante volte diventa una verità.
Il piazzista sa bene che non ha nessuna importanza se quello che dice può mantenerlo, l’importante è raggiungere l’obiettivo e per Berlusconi da quando è sceso in campo, l’unico pensiero è avere il potere e, per riuscirci questa volta, sapendo che sarà la sua ultima possibilità, è disposto a tutto. In questa campagna elettorale, parla più che mai alla pancia dell’elettorato e, la proposta shock di restituire l’Imu agli italiani, è figlia di questa strategia. Sa bene il cavaliere che in questo anno gli italiani tra i tanti sacrifici, quello dell’Imu, è stato quello più mal digerito.
Berlusconi non ha a cuore il bene comune ma solo i suoi interessi e dopo vent’anni gli italiani dovrebbero saperlo bene. Ma ho l’impressione che gli italiani che ancora lo sostengono, a parte quelli che lo fanno per interesse, si trovino nella stessa situazione che si verifica quando una donna, palesemente maltrattata dal suo partner, senza alcuna ragione continua ad amarlo.
Alcuni italiani vivono ormai da vent’anni prigionieri di un incantesimo, incapaci di distinguere il vero dal falso. E gli altri, gli italiani immuni, che invece discernono il bene dal male, sperano di liberarsi dal peggiore politico della nostra storia, superato solo da Mussolini. Lui ci ha fatto una proposta shock, noi tutti, sarebbe ora che gli facessimo prendere uno shock, alla fine dello scrutinio.