Magazine Cultura

Supreme Dicks - Allucinazioni sonore

Creato il 31 ottobre 2010 da Lesto82

 

 

LO SPELEOLOGO

 

supreme dicks album.jpg

 

 

di NICOLAS ICARDI

 

I Supreme Dicks si formano nel 1982 a Boston, ma impiegano una decina d'anni a trovare un contratto discografico, vengono alla luce perciò agli inizi degli anni '90 e fanno parte di un genere alquanto incatalogabile.Furono sicuramente uno dei progetti più rivoluzionari degli anni '90, portatore di un linguaggio originalissimo, unico ed ineguagliato. Un complesso, Dan Oxenberg (chitarra e voce), Jon Shere (chitarra e voce), Steve Shavel (voce e chitarra slide) Mark Hanson (batteria e voce), Jim Spring (chitarre ed effetti), che ha amato nascondersi nella leggenda. Essi prendevano in prestito da tanti generi trovate surreali e realizzavano pezzi stralunati ed eccentrici, amavano attraversare in sordina le note, dandogli un tocco di oscurità e restituircele poi decomposte, in una struttura malinconica al limite dell'ubriacatura, priva di qualsiasi schema. Il significato delle loro canzoni sta nelle loro atmosfere, e l'atmosfera deriva dal loro modo quasi svogliato di suonare. Il punto di partenza, probabilmente, dovrebbe essere ricercato nella musica caotica dei Pere Ubu ma anche nel sound randagio di Tom Waits e nella psichedelia alla Syd Barrett in pratica un misto di psychedelic/lo-fi/folk/noise. Diedero alla stampe soltanto tre album visto che, come spesso accade per chi si esilia dal circuito commerciale, diventarono ben presto un peso per la loro casa discografica. Si affacciano alla discografia con un singolo nel 1992 ("Sky Puddle - Country Of Nuns"), che lasciava intravedere soltanto una parte del loro eccentrico programma, seguito, a distanza di qualche mese, dal primo album, "The Unexamined Life", stralunato, notturno e ipnotico, manifesto del loro folk dissonante, un po' ubriaco e un po' drogato, in cui l'esecuzione poco ortodossa conta quanto i testi e le melodie. Furono proprio quest'ultimi, espliciti e criptici, se vogliamo, a emarginare il gruppo rispetto al resto della scena ma, nel contempo, a creare attorno a loro un’aura oscura e mistica. E` anche però l'esecuzione, quel giocherellare distrattamente con i suoni degli strumenti, a conferire un senso di uniformità ai loro dischi (che sono di fatto tutti dei concept). Pubblicato il primo disco, sotto la spinta della critica entusiasta, il gruppo diede fondo agli archivi, e quindi vide la luce nel 1994 col titolo di "Workingman’s Dick", una sorta di concept album "sui generis" con molti brani indecifrabili e privi della parte cantata registrati negli anni '80, e poi nel successivo più frammentato EP "This Is Not A Dick", per certi versi folle e inascoltabile. Dati per spacciati e perduti mentalmente per gran parte della critica, i Supreme Dicks piazzano invece la zampata storica con "The Emotional Plague" nel 1996, l'ultimo loro album, che rappresenta sicuramente uno dei progetti più rivoluzionari degli anni '90. Esso si pone al confine fra musica ambient, psichedelia e d'avanguardia, ma non appartiene a nessuno di loro. L'album si scrolla di dosso qualche ingombrante paragone (Syd Barrett, Tim Buckley), per addentrarsi con convinzione in una deformazione, sempre di stampo psichedelico, del suono e della melodia, costruendo cumuli di dissonanze alternate a frammenti di canzone, dove è sempre il suono ad essere al centro dell'attenzione, con l’introduzione di strumenti intrusi e la cancellazione di qualsiasi flusso ritmico. L'intero disco e` immerso in un'atmosfera claustrofobica, e talvolta allucinogena, le tracce sembrano quasi appunti strumentali disegnati apparentemente a casaccio, le chitarre sono le vere protagoniste, che suonano in maniera "scorretta", quasi sempre fuori tempo e senza logica. Gli altri strumenti sembrano andare ognuno per proprio conto, abulici, svogliati. Il canto, che si affaccia di rado, sembra il bisbiglio di un sonnambulo. Il clima infatti è meravigliosamante onirico, notturno, un lavoro affascinante quanto surreale, contraddittorio ma sublime. L'album, essendo fondamentalmente un concept, va ascoltato per intero, dato che i brani, non essendo fondamentalmente brani, non possono essere ascoltati separatamante. Spariti definitivamente dalla circolazione, musicalmente parlando nel 1996, in modo alquanto strano, come d'altronde erano, pare a seguito di un caotico concerto in cui furono raggiunti sul palco (continuando però a suonare) da un fan esagitato che si autoproclamò nuovo leader della band. E' abbastanza difficile oggi trovare gli album dei Supreme Dicks, ma scandagliando bene la rete su qualche sito li troverete. Non sarebbe uno sforzo inutile procurarsi, meglio se in qualche bancarella o tra gli scaffali di negozi di seconda mano, quantomeno "The Emotional Plague" che resta uno dei dischi fondamentali degli anni '90.
Dal loro ultimo album " The Emotional Plague" vi propongo tre tracce:
"Cúchulain (Blackbirds Loom)" è una ballad iperdepressa. Il tono è come al solito sconsolato, quasi ubriaco, ma possiamo dire che questa è l'unica traccia più simile ad una "canzone" dell'album, Certo, è la loro versione della "canzone", legata a un "ritornello", che per quanto strampalato, sempre ritornello è.
"Columnated Ruins/Seeing Distant Chimneys" si presenta come uno degli incubi più profondi del disco, un vero manifesto di onirismo in musica. Ha inizio con accordi che non possono non richiamare alla mente Tim Buckley. La voce è tremante e disturbata. Sembra una seduta spiritica che si protrae per minuti nel caos leggero e nonsense prima di acquistare la fisionomia di un lugubre blues. Per fortuna la chitarra si fa più dolce, emettendo più "familiari" plettrate, la batteria diventa simile a una vera batteria, e non a quella strana forma di batteria alla quale somigliava pochi attimi prima, ma sul più bello, tutto scompare.
"Porridge for the Calydonian Boar", ha un’introduzione da manuale, persino eterea. Ma non nelle sue intenzioni. Dopo un pò capiamo che diventa un'estenuante tema circolare sviluppato per quasi dieci minuti con imperturbabile testardaggine con voci fuori campo che narrano storie da incubo e la musica di colpo si devasta in un delirio onirico, culminante in un'orgia strumentale completamente strampalata.
Finalmente svegli, con la consapevolezza di poter sognare quando si vuole, senza bisogno di addormentarsi, ma solo facendo suonare questo disco straordinario. Il tempo non invecchierà mai la sua bellezza. Forse le renderà il dovuto omaggio.

 

pagina Wikipedia

 

 

CUCHULAIN(BLACKBIRDS LOOM) - 1996

Audio

 

COLUMNATED RUINS/SEEING DISTANT CHIMNEYS - 1996

Audio

 

 

PORRIDGE FOR THE CALYDONIAN BOAR - 1996

Audio

 

 

appuntamento a domenica prossima...

 

 


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :