Questo passerà alla storia del mio blog come il post più squallido, lo so, mi inchino davanti ai vostri malefici sguardi di disapprovazione ma sono completamente stravolto. Se Dio vuole tra due giorni finisco la mia sessione degli esami e sarò leggermente sollevato almeno per tre giorni, tre splendidi giorni in cui la Liguria mi aspetta ridente, con la sfiga che mi ritrovo tutte le nuvole di Fantozzi mi seguiranno come una maledizione. Io però me ne frego, spavaldo e a testa alta andrò anche a vedere la mostra degli Impressionisti a Genova. Tiè.
Questo post parla del cappello. Splendido accessorio che riesce a dare un tono alle nostre teste stempiate e in via di decesso psico-fisico. Hai la capoccia che sbuffa dopo un esame? Hai dei capelli che manco Maurizia Paradiso ha mai sfoggiato? Hai un taglio ridicolo? Il cappello ci da la soluzione a questi insormontabili problemi che angustiano le nostre quotidianità.
Io ne ho davvero tantissimi ed è una passione che si avvicina più alla concezione occidentale di “malattia cronica di dipendenza” ma in fondo non faccio del male a nessuno. Come ben sapete il guru del cappello è da sempre Borsalino. Problema: costa un occhio della testa (Tanto per restare in tema). Soluzione: mercatino dell’antiquariato. Al mercatino della domenica sui Navigli ne ho trovati due davvero preziosi e praticamente nuovi, li ho pagati pochissimo e in uno (quello marrone) ci sono addirittura incise le iniziali in oro. E.G. Eva Grimaldi? Elio Germano? Enrichetto Gepponiueddu? Insomma, ci si possono fare mille castelli in aria, in realtà è il cappello ritrovato in qualche cantina abbandonata. Ovviamente non sono i nuovi modelli disegnati da Lapo Elkhann (per carità di zia Assunta) ma sono i classici Borsalino eterni e che non passano mai di moda.
Quello grigio in particolare, con la tesa più larga è in effetti un po’ “datato” ma vi assicuro che è elegantissimo e abbinato ad un look più casual è un tocco di classe, altro che Zara. Per quello marrone invece ho cercato un modo per renderlo più spiritoso e meno serio, così ho optato per una fascia leopardata (non chiedetemi il motivo ma so solo che ci stava bene). E’ un modo molto semplice per personalizzare qualcosa che magari visto così può sembrare il classico cappello da nonno. L’anno scorso ho lavorato per sei mesi in Francia nel negozio di una stilista di cappelli, tutti molto pomposi e decorati, fatti a mano per i matrimoni e le invitate. Lì ho capito quanto il cappello sia l’emblema della nostra personalità, ci da un certo non-so-che, ognuno ha il suo genere, la sua taglia, il suo giusto cadere davanti al viso ed è estremamente personale.
Conoscendo anche le fanciulle ho fotografato Marti, ormai protagonista delle foto di questo blog, con un bel cerchietto che può essere una valida alternativa per decorare il vostro look, ovviamente quando avete i capelli profumati e lucenti, altrimenti vale l’ “escamotage” del cappello.
Concludo consigliandovi di visitare alla Triennale di Milano la mostra di Borsalino in cui vengono proiettati film di grande successo in cui le scene madri hanno come protagonista lo storico cappello (credo che dedicherò un post a parte). Aspetto anche le vostre pezzentissime domande per la rubrica settimanale, potete mandarmi un’e-mail all’indirizzo che trovate sovrimpressione.
Sogni d’oro con Eminflex.
[Se non passo l’esame vado davvero ad accarezzare i materassi losangati]
Vostro sapiens Lollo