Jean Renoir vanta all’attiva appena due cortometraggi, ma entrambi hanno certamente lasciato il segno. Con Sur un air de Carhleston, il regista francese presenta un divertente film post apocalittico che ribalta la mentalità tendenzialmente razzista dell’epoca. Il tutto con una forte componente avanguardistica. La storia nasce da un’idea di André Cerf sceneggiata da Pierre Lestringuez.
Uno scienziato nero (Johnny Huggins) lascia i lidi Africani per andare, a bordo di un’astronave sferica, nelle inesplorate terre Europee del 2028. Qui, all’interno della colonna Morris, trova una selvaggia (Catherine Hessling) che comunica con lui danzando sotto lo sguardo di alcuni angeli (tra cui lo stesso Renoir)…
Potremmo dire che Sur un air de Carhleston prende in giro con delicatezza le certezze di superiorità della cultura occidentale su quella Africana, prima di tutto, ma non solo. Con una danza sfrenata e divertente Renoir lancia un messaggio di amore e fratellanza che culmina con il finale dove i due protagonisti partono insieme nella navicella sferica. Si tratta, insomma, di un’allegra commedia musicale di fantascienza, una sorta di preludio, al contrario, de “il Cantante Jazz“, dove Al Jolson recitava con il viso truccato di nero seguendo la tradizione blackface. Questa maniera di truccarsi il volto, ormai stereotipato, arrivò ad essere utilizzato anche dai neri stessi. Johnny Hudgins, ballerino afroamericano, venne scelto così nella parte del protagonista e si presentò truccato alla blackface. Verrebbe per altro da chiedersi quante volte, prima di questa, un attore nero abbia interpretato la parte di protagonista in un film, quantomeno a livello europeo potrebbe essere una prima assoluta. Nel complesso è comunque la danza la vera protagonista della vicenda e in particolare il Charleston, ballo di derivazione jazzistica nato in America intorno agli anni Venti e presto diffusosi in tutta Europa. Divertente la prova di Catherine Hessling, musa nonché prima moglie dello stesso Renoir, tra balli e situazioni comiche. Ballo che diviene un gioco nel gioco, con il regista che si diverte a rallentarlo o velocizzarlo e studiarlo in tutte le sue molteplici sfaccettature.A livello scenografico posto di rilievo va sicuramente alla Colonna Morris di Parigi, utilizzata in passato, ma ancora adesso, per reclamizzare spettacoli di ogni tipo e che qui funge da dimora della selvaggia. Divertente anche la scena in cui viene mostrata una Torre Eiffel con la punta storta, probabilmente a seguito degli scontri avvenuti in un periodo imprecisato tra il 1927 e il 2028 in cui è ambientato il film.
Vista la componentistica jazz del corto, è certamente un vero peccato che la composizione originale, opera di Clément Doucet, sia andata perduta. In compenso bisogna lodare lo splendido lavoro di restauro effettuato dalla Cinématèque Française, che contribuisce a rendere ancora più godibile l’opera di Renoir. Questo corto è compreso in numerose raccolte di film di Renoir purtroppo spesso non a prezzi troppo accessibili ad eccezione della versione americana in 3 dischi contenente: La Fille de l’eau, Nana, La Marsellaise, i due corti (il nostro Sur un air de Charleston e La petite marchande d’allumettes), Le Testament du docteur Cordelier e Le Caporal épinglé.
Curiosità: come abbiamo già sottolineato Renoir non era solito fare cortometraggi (escluso questo fece solamente La Petite Marchande d’allumettes). In passato Sur un air de Charleston è stato definito come una sorta di gioco fatto per utilizzare la pellicola avanzata dal dispendioso Nana. Probabilmente inizialmente il film doveva avere una durata maggiore ma l’idea venne poi modificata per dare vita al breve ma intenso cortometraggio che conosciamo.