Una cosa è certa: George Romero è George Romero!
E questo Survival of the Dead (che arriva dopo lunga attesa) lo dimostra in pieno riportandoci nelle atmosfere classiche romeriane e mostrandoci dal primo all’ultimo minuto ciò di cui il vecchio george è capace.
Survival of the Dead chiude la seconda trilogia sugli zombie dopo Land of the Dead e Diary of the Dead.
E proprio da quest’ultimo prende avvio, possiamo anzi considerarlo uno spin off di Diary of the Dead visto che seguiamo gli eventi di un gruppo di militari in fuga, lo stesso gruppo che avevamo incontrato in una sequenza secondaria del film precedente, sequenza che ci viene riproposta quasi subito dal nuovo punto di vista.
Mi sembra che come inizio sia meritevole!
In realtà prima ancora di questa sequenza abbiamo già di che godere visto che l’apertura del film è col botto.
Alan van Sprang racconta in prima persona quello che sta accadendo (mondo invaso dagli zombie) e ci troviamo immediatamente in una situazione in cui assistiamo all’eliminazione di due o tre morti viventi con metodi che non lasciano nulla all’immaginazione.
Subito dopo ci viene anche mostrato quello che succede sull’isola che sarà palcoscenico dell’intera vicenda.
Due famiglie rivali continuano a pensarla in modo diverso anche nel momento di crisi ed i due capifamiglia non smettono di farsi la guerra.
Mentre il primo vorrebbe eliminare tutti gli zombie presenti sull’isola per ripulirla, il secondo prova ad imprigionarli nella speranza che prima o poi si trovi una cura… del resto sono tutti parenti.
La situazione sull’isola è grottesca con il postino incatenato alla buca delle lettere che continua a consegnare in loop la stessa posta e situazioni simili.
Per concludere la trama vi dico che il gruppo di militari (tre uomini, una donna ed un ragazzo che si aggrega alla comitiva) arrivano sull’isola e si schierano con uno dei due litiganti.
Il plot è tutto qui ma è sviluppato in maniera talmente perfetta che il film mantiene alta la tensione per ogni secondo di pellicola ed godibilissimo pur non avendo una trama innovativa.
Le novità però non mancano, a partire dalla nuova metodologia con cui sono gestiti gli zombie… e Romero riesce a stupirmi per come trovi ancora e continuamente situazioni nuove legate al suo tema principe.
Ma quello che più è da godere sono le singole sequenze: geniali, divertenti, ironiche a seconda del momento.
Sorprendente l’entrata in scena di Athena Karkanis, che incontriamo per la prima volta mentre si sta masturbando vestita di tutto punto in tuta mimetica. La spiegazione (logica, non c’è che dire) è che il tempo per queste cose è ormai esaurito e nemmeno c’è spazio per un minimo di privacy.
Geniale e altamente ironica invece l’immagine del tipo sul tetto di un capanno impegnato a pescare zombie con una canna da pesca classica, un modo come un altro per sfoltire la popolazione.
E non mancano ovviamente le sequenze di splatter puro, a partire dalle teste ancora viventi impalate nel bosco, per arrivare agli sgranocchiamenti inevitabili per i morti viventi e che tuttavia non sono assolutamente esagerati almeno per numero.
Per finire in un tripudio di vero splatterume durante la sparatoria conclusiva, con gli zombie finalmente liberi che smangiucchiano quello che capita mentre le loro teste esplodono come al luna park.
E se fossimo in Zombieland il premio per la miglior uccisione di zombie della settimana andrebbe senz’altro al vecchio O’Flynn che infilza il malcapitato con un forchettone da barbecue corredato da salsiccia d’ordinanza.
Chiudo senza rivelarvi la sorpresa finale (ma aspettatevela) che rischia di scombinare tutte le convinzioni raccimolate durante il film (e direi anche durante le cinque pellicole precedenti).
Ah… dimenticavo… anche qui non manca la satira sociale, ma questa è roba a cui Romero ci ha abituato fin dal 1968.