La corsa alla svalutazione
Una moneta forte che benefici di un alto tasso di cambio rispetto alle altre valute, è generalmente considerata come avente un segno di superiorità economica, mentre le valute cosiddette deboli sono le grandi perdenti del mercato globale. Tuttavia, questa regola ora sembra aver perso di credibilità. In tutto il mondo, ciascuno trema all'idea che la sua moneta nazionale possa diventare troppo forte. In Svizzera, la banca centrale è già intervenuta per limitare l'apprezzamento del franco nei confronti dell'euro. La stessa politica è adottata, nei confronti del dollaro, da parte delle banche centrali del Giappone e di molti altri stati, mentre i paesi emergenti, come il Brasile, stanno lottando disperatamente per evitare la rivalutazione delle loro monete. D'altra parte, gli economisti statunitensi ed europei sono tutt'altro che rattristati dalla tendenza al ribasso sperimentata dal dollaro e dall'euro, anche se un tempo avevano l'abitudine di vantarsi, con orgoglio, per la solidità delle loro monete. Tutto ciò assomiglia sempre di più ad una corsa alla svalutazione.
Questa situazione deriva dalla struttura, in pieno mutamento, del capitalismo di crisi. L'economia mondiale nella sua fase attuale funziona solo ad una bolla di credito dalle dimensioni surreali e grazie agli scambi internazionali che tale bolla genera. I paesi in surplus: Giappone, Cina, Germania, dipendono dalle loro esportazioni; i paesi in deficit dipendono dai flussi transnazionali di capitale monetario [Geldkapital]. In entrambi i casi, i limiti sono stati raggiunti. Ognuno sta ora cercando di risanare il suo bilancio commerciale a scapito degli altri, o cercando di preservare a tutti i costi il suo surplus di esportazioni, o cercando di conquistare, a sua volta, una quota maggiore di esportazioni. Ma le esportazioni sono economiche, e quindi più competitive, quando la valuta è debole - cosa che, al contrario, fa rincarare le importazioni. La corsa alla svalutazione rivela che si è fatta una croce sulla congiuntura economica interna
In zona euro, bisogna far fronte ad una situazione del tutto paradossale: i paesi in deficit non possono svalutare la loro moneta rispetto alla Germania (paese in surplus), a causa, naturalmente, della moneta comune. Inoltre, l'euro debole ha favorito le esportazioni tedesche verso il resto del mondo. Tuttavia, ciò costituisce un successo di breve durata, in quanto distrugge le sue proprie basi: è il rullo compressore delle esportazioni tedesche, che appiattisce l'euro. Il ritorno alla vecchie valute nazionali farebbe aumentare il debito dei paesi in deficit fino a fargli raggiungere proporzioni gigantesche e, allo stesso tempo, il marco tedesco, ritornando, si rivaluterebbe a tal punto da fermare la macchina delle esportazioni. In breve, il passaggio alla moneta unica è stato una missione suicida.
Per i paesi che beneficiano di una grande eccedenza di esportazione, una rivalutazione può non essere (temporaneamente) un problema, a patto che godano anche di un forte mercato interno e/o di una posizione di monopolio industriale. Questo fu il caso del Regno Unito, nel XIX secolo, e degli Stati Uniti nella metà del ventesimo, e questo ha permesso alle loro valute di assumere il ruolo di moneta internazionale. Ora che l'economia americana ha cominciato ad andare sotto, non siè presentato nessun candidato alla successione (certamente non la Cina). La drastica rivalutazione della moneta cinese, che avrebbe dovuto avvenire molto tempo fa, sarebbe la rovina per vasti settori di esportazione e, allo stesso tempo, svaluterebbe le enormi riserve di dollari del paese. Certo, nessuno può scambiare la sua posizione con quella di un altro, ma è chiaro che le esportazioni a senso unico, verso i paesi indebitati, sono ormai oggettivamente impossibili, e lo sono in modo permanente. Al di là della crisi dell'euro, la corsa alla svalutazione ha portato ad una crisi globale monetaria.
- Robert Kurz - 14 novembre 2011 su "Neues Deutschland" -