Svartidauði: la morte nera. Non quella di Guerre Stellari, ma una ben più oscura, terrificante e satanica entità, questo è ciò che si cela nelle spire ghiacciate del gruppo islandese, fra le più recenti novità dell’underground black metal.
“Flesh Cathedral” è il loro debutto ufficiale, una missa nigra in quattro movimenti, per quasi un’ora di musica cerebrale, dissonante e sinistra, aggettivi che siamo abituati ad associare anche e soprattutto a realtà come Deathspell Omega, verso i quali gli Svartidauði sono certamente debitori.
La fredda angoscia e il terrore infinito che si dipanano per 15 inesorabili minuti dall’opener “Sterile Seeds” inquadrano chiaramente le componenti del loro sound nei riff disarmonici e stridenti di Þórir e Nökkvi, irrobustiti dalle cupe e grezze stoccate del basso di Sturla Viðar (anche al mmicrofono), una volta tanto non solo percepibili, ma notevole presenti nel mix. Altra particolarità degli Svartidauði, che contribuisce parecchio alla costruzione di una loro identità specifica e ben riconoscibile, sta nelle vocals di Sturla Viðar, un diabolico rantolo ipersaturo, di effetti, dolore, distorsione, ma in ogni caso straziante e decisamente fuori dagli schemi.
Fra composizioni più veloci e dinamiche (“The Perpetual Nothing”) e peregrinazioni strumentali quasi rituali, nella loro ripetitività strutturale (“Psychoactive Sacraments”), “Flesh Cathedral” (disponibile tramite Terratur Possessions) innalza un monumento al più puro e oscuro nichilismo in musica, un’opera ostile e nefasta, ideale colonna sonora di inevitabili cataclismi e apocalissi senza speranza, sia planetarie che interiori. Un ottimo ascolto per tutti i sostenitori della frangia più estrema, cacofonica e trascendente del black metal contemporaneo, adatto per brindare, magari col calice qui in copertina, alla prossima, imminente fine del mondo, for those who believe…