Forse non sono il solo.
Quando aspetto di sentire che quel muscolo pulsante nel petto cominci a battere, quando infine trovo quiete.
Temo di svegliarmi, con le ossa rotte, mentre sto per scivolare infine lungo l'ultimo tratto prima che sia inevitabile non riconoscere più nessuno. Come se il domani, il dopodomani, il futuro che non ti aspetti. Hai saltato il confine, e dov'era?
Non è vero affatto che viviamo di presente. Viviamo perdendolo, con una tenaglia che non funziona mai. Mi va bene: senza capirlo, va bene, va bene. Ma afferrare non è capire, è slanciarsi, ghermirsi, assetati di vita.
Forse non sono solo a temere di non aver desiderato abbastanza questa vita, da sprofondare in un tempo che non c'è più, tra volti che non si riconoscono e non avere neanche la lucidità di chiedersi neanche come si sia finiti lì, allora. Dev'essere la perdita di senso, la perdita del presente.