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Svenart!

Creato il 28 luglio 2012 da Patuasia

Ritorno sull’argomento perché come saprete l’arte mi sta particolarmente a cuore. Dunque, “Nel cuore della Valle d’Aosta, in quella Saint-Vincent che è da sempre luogo cruciale della storia per la sua posizione stategica, della cura e della salute grazie alle sue benefiche acque, dell’intrattenimento con il suo storico casinò e della cultura grazie ad una attenta programmazione, si svolgerà dal 29 novembre 2012 al 31 gennaio 2013 la prima edizione di SVEART, Premio Biennale di Arte Europea.” Il comunicato stampa oltre che servile è deprimente, sa di Valle da bere e in effetti chi festeggerà a Prosecco (eh eh) ci sarà eccome! Questo Premio viene presentato come una “novità assoluta che vuole restituire dignità alle Accademie di Belle Arti europee e al contempo riportare la Valle d’Aosta al centro di un processo di diffusione culturale di livello internazionale”. Queste sono le parole; i fatti si tradurranno in un centinaio di opere selezionate dagli artisti medesimi che a loro volta saranno stati scelti dai direttori delle loro rispettive Accademie. Cento opere quantitativamente costituiscono una personale, altro che Biennale internazionale! L’ideatore e curatore dell’evento, Paolo Levi, intende “riaffermare un’arte affrancata dalle regole del mercato, in un’ottica di libera circolazione delle idealità e dei talenti”. Parole vuote come una zucca di Halloween. Ma creano facili suggestioni nei cervellini provinciali dei nostri amministratori che di arte e di mercato dell’arte non  capiscono un tubo! Un’arte affrancata dalle regole del mercato non esiste, non per gli artisti che con quelle regole pagano l’affitto, ma esiste eccome per i curatori che sfruttano i giovani, presupposti talenti come materia prima per le loro elucubrazioni intellettuali, quando ci sono, ma soprattutto per  riempire il loro portafoglio. (Ricordo che questa mostra che conta un centinaio di opere di studenti costa 500.000 euro!). I giovani artisti fanno fine e non impegnano, più che altro non costano: le loro opere “affrancate” dal mercato necessitano di un’assicurazione ridicola, le responsabilità sono ridotte all’osso: le creature sono disposte a tutto pur di avere un minimo di visibilità. Si tratta quindi di un’operazione che ridarà lustro al curatore, riconfermerà il suo appeal proprio in quel mercato che dice di voler respingere. E noi paghiamo!


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