Magazine Diario personale

Svendita

Da Pioggiadinote

mercato di Barcellona

Mi piacerebbe tanto poter leggere in una sfera di cristallo il futuro, una trentina d’anni in là; non un generico futuro (e non il mio, soprattutto), ma quello della scuola benemerita italiana: la scuola pubblica.

Ne scrivo in queste pagine con preoccupazione, poiché ultimamente mi accade di osservare da vicino quanto e come la Scuola vada sempre più ispirandosi, nella gestione dei rapporti con gli allievi e le loro famiglie nonché dei rapporti con il mondo esterno in generale, ai principi del marketing. In tal modo i fruitori  del “servizio” (gli allievi), sono considerati alla stregua di clienti: e i clienti, come ben si sa, vanno soddisfatti sempre! Essi possono infatti reclamare: è necessario fornirgli un contratto nel quale si elencano gli impegni che l’istituto scolastico si assume (contratto univoco: la formazione è garantita ma l’allievo può sempre non studiare o comportarsi malissimo). Ho sentito addirittura il termine tracciabilità riferito al percorso scolastico nelle singole materie (vedi voti, giudizi, note): guai definire la valutazione di un allievo se non si è in possesso di una quantità sufficiente di testimonianze scritte del suo percorso. Ho visto anche gli ormai diffusissimi termini mission e vision insinuarsi nella programmazione scolastica.

Gli insegnanti cercano di adattarsi, sono già abituati al vociare del venditore-capo [chief account manager], il quale recita la sua pantomima ricordando ai docenti i loro doveri e preoccupandosi specialmente della visibilità, dell’immagine; e di evitare i possibili reclami. Trovarsi sotto gli occhi di tutti: questa sembra essere la maggiore preoccupazione. L’incubo di the big Brother ha infestato i corridoi delle scuole, mentre la “formazione” è in vendita come prodotto ben confezionato. Un prodotto, grazie a dio, ancora ricco di contenuto, ma di un contenuto del cui valore non siamo più ben sicuri: come se non bastasse, come se avesse bisogno di pubblicità. Di fatto è in svendita, per paura che resti sul banco.

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