Alla Game Connection abbiamo fatto il punto della situazione sui primi titoli per Oculus Rift
A pensarci con più calma, quella di Oculus VR è una storia davvero esaltante che ha portato in poco meno di due anni e mezzo a creare una periferica in grado letteralmente di rivoluzionare il settore. Non ci sono obiezioni in tal senso: finché non si indossa per la prima volta il visore, non si riesce pienamente a capire la portata di questa nuova tecnologia, che sta progredendo a vista d'occhio migliorandosi a un ritmo spaventoso. Lavorando su prototipi e dev kit prodotti in un numero relativamente ristretto di unità, l'azienda di Palmer Luckey e soci è stata indubbiamente più libera di mettere le mani alle varie versioni di Oculus Rift per migliorarle e affinarle in tempi molto ravvicinati, facendo tesoro dei tantissimi feedback ricevuti da parte degli sviluppatori e dei coraggiosi early adopter che per primi hanno creduto nel progetto. Non doversi confrontare direttamente con il mercato e con tutte le problematiche che ne derivano li ha lasciati in una sorta di bolla al cui interno concentrarsi esclusivamente sui prototipi, sulle fiere di settore e sull'incredibile hype che ha inondato il settore, anche se prima del traguardo di strada ce n'è ancora parecchia da fare, sia da parte di Oculus VR, sia da parte degli sviluppatori. A fare il punto sulla situazione ci ha pensato Aaron Davies, head of developer relations di Oculus VR, che durante la Game Connection di Parigi ha tenuto un interessante conferenza nella quale ha analizzato dal punto di vista dello sviluppatore hardware quanto di buono e meno buono è uscito in ambito videoludico in attesa del lancio ufficiale previsto per il prossimo anno.
Passato e futuro
L'obiettivo di Oculus è quello di trasformare radicalmente il mondo videoludico, intervenendo direttamente sulle modalità con le quali il giocatore interagisce con l'ambiente virtuale che si trova davanti. L'immersione ovviamente diventa totale, ma sono tantissime le difficoltà con le quelli ci si ritrova a fare i conti, in primis il motion sickness e successivamente la risoluzione dei due schermi.
È un progetto con obiettivi a lungo termine, almeno decennale ha dichiarato Davies, che impatterà in maniera molto importante non solo nel campo dei videogiochi ma in tutto il settore dell'intrattenimento, film e internet compresi. Una volta sviluppato il cosiddetto DK1, al contrario di ogni previsione, la strada si è fatta tutta in salita. La situazione in questi due anni di sviluppo è stata costantemente in divenire, e lo è tutt'ora nonostante si avvicini sempre più imminente l'arrivo della versione retail. Una volta data la periferica in mano alle software house il focus si è spostato sul lato software, lavorando incessantemente allo sviluppo di nuovi tool che andassero incontro alle loro esigenze. D'altro canto finché non dai in mano il visore agli sviluppatori è impossibile immaginare tutte le situazioni in cui verrà impiegato. Davies infatti ci ha tenuto a sottolineare quanto Oculus Rift sia un progetto interamente "developer oriented" che implica un costante dialogo tra le due parti per la realizzazione di nuove feature e tool da utilizzare nello sviluppo. D'altronde senza giochi e programmi pensati appositamente non si va da nessuna parte: questo Oculus VR lo sa e spinge incessantemente verso la creazione di una libreria ricca di alternative, già al momento del lancio.
Per facilitare l'accesso a tutti i contenuti è in sviluppo un'interfaccia utente particolarmente ricca che dia libero accesso allo store, a internet e a tutti i contenuti compatibili con Oculus Rift presenti sul PC. Nei loro uffici la compagnia di Irvine sta anche prendendo in considerazione la possibilità di creare un metaverse nel quale riscrivere le regole delle interazioni sociali online, ma è un progetto a dir poco ambizioso che non si è ancora tradotto in nulla di concreto. Sul lato hardware, i prossimi traguardi sono la riduzione della latenza e il refresh rate di almeno 90 frame al secondo per garantire comandi più responsivi e una conseguente riduzione del motion sickness, e ovviamente la risoluzione dello schermo, dove l'obiettivo dichiarato senza mezzi termini è l'8K in modo tale da annullare completamente l'effetto zanzariera e offrire un'immagine priva di scalettature. Poi c'è l'audio integrato, che ha esordito con l'ultimo prototipo Crescent Bay e che apre scenari interessanti anche sotto il profilo del suono tridimensionale per un coinvolgimento e un'immersione ancora maggiori.
Oculus Rift - Videoanteprima GamesCom 2014
Work in progress
Oltre alle demo che abbiamo provato praticamente ad ogni fiera alla quale abbiamo partecipato nel corso dell'ultimo anno, molti sviluppatori si stanno dedicando allo sviluppo di nuovi progetti o all'adattamento di titoli già sul mercato, con risultati ancora molto altalenanti.
Lucky's Tale
Guardando ai dati, nonostante l'Unreal Engine sia pienamente supportato, più del 90% del software è sviluppato in Unity, segno che sono soprattutto le software house medio-piccole, in molti casi indipendenti, a cercare il successo con questa nuova tecnologia. Davies ha quindi fatto una carrellata sui progetti che hanno implementato Oculus Rift con più o meno successo, focalizzandosi soprattutto sugli errori commessi in fase di realizzazione. Non tutte le tipologie di videogioco sono adatte alla realtà virtuale e, almeno per ora, è richiesta una sorta di adattamento alle regole della periferica per riuscire a realizzare prodotti validi che ne esaltino le potenzialità. Lucky's Tale è sicuramente il migliore esponente dei giochi in realtà virtuale, sviluppato da Paul Bettner in esclusiva e pubblicato direttamente da Oculus VR. Si tratta di un platform adventure in terza persona in cui muoversi liberamente nel cartooonesco mondo di gioco esplorandone liberamente ogni angolo, con la possibilità di zoomare sui particolari e controllare la telecamera con l'head tracking. Alone, è invece un gioco dalle tinte horror nato alla VR Jam dell'anno scorso che crea una sorta di inception mettendo l'utente davanti a un televisore a giocare a un videogioco, in una casa nella quale accadono cose a dir poco inquietanti. La software house ha scelto la carta dell'esperienza virtuale che riproduce quello che avviene nel mondo reale trasportando il giocatore in un contesto disturbante che amplifica le sensazioni di ansia e paura.
Alone
Eve Valkyrie è forse l'esperienza più esaltante di Oculus Rift, un connubio perfetto tra immersione e fascino dell'ambientazione spaziale. I titoli più difficili da trasportare in modo convincente nella realtà virtuale sono gli sparatutto in prima persona, che a causa di un gameplay veloce e frenetico rischiano di diventare incomprensibili e poco divertenti. Hawken che ha un ritmo più compassato di molti altri sparatutto, è riuscito a ricreare un ottimo feeling, grazie soprattutto a un cockpit molto dettagliato che dà la reale sensazione di essere seduti all'interno di un mech da combattimento. Quello che manca però è lo sfondo, con geometrie troppo semplici che non riescono a creare un senso di profondità tale da rendere l'esperienza abbastanza coinvolgente. Among The Sleep invece ha il grossissimo problema di prendere il controllo della visuale della telecamera muovendola bruscamente in modo del tutto imprevedibile senza che vi sia una coordinazione con i movimenti reali del giocatore. Prendere il controllo delle percezioni di qualcuno in maniera del tutto libera e improvvisa è una delle cose peggiori che si possa fare in ambito Oculus Rift, assolutamente da evitare. Insomma, tanto lavoro è stato fatto e tanto ce n'è ancora da fare, ma il modello produttivo messo in piedi da Oculus VR con un continuo flusso di informazioni tra l'azienda e le varie software house non fa altro che alimentare ulteriormente le belle speranza che riponiamo in questo ambizioso e innovativo progetto.