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«Sviluppo infrastrutturale in Centroamerica e Caraibi»: il resoconto della conferenza alla Camera

Creato il 06 luglio 2015 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
«Sviluppo infrastrutturale in Centroamerica e Caraibi»: il resoconto della conferenza alla Camera

Mercoledì 24 giugno si è svolto presso la Camera dei Deputati, a Palazzo San Macuto, il convegno intitolato “Sviluppo infrastrutturale in Centroamerica e Caraibi. Aspetti geoeconomici e opportunità per l’Italia”, organizzato dall’Istituto in Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG).

I lavori sono stati aperti dal dott. Daniele Scalea, Direttore Generale dell’IsAG, il quale ha sottolineato l’importanza strategica di questa regione, investita negli ultimi anni da nuove e interessanti direttrici di sviluppo legate agli attuali mutamenti negli equilibri internazionali. Esempi di queste dinamiche sono l’allargamento del Canale di Panama, il futuro Canal Interoceánico del Nicaragua e l’apertura al mercato internazionale di Cuba, con la creazione della Zona Economica Speciale di Mariel. Questi progetti testimoniano di una regione che guarda al futuro, in crescita esponenziale da circa dieci anni, nella quale il mondo imprenditoriale italiano può trovare enormi potenzialità di investimento.

daniele scalea maslenikov castellanos

La prima relazione è stata quella dell’Ambasciatore della Repubblica di Panama in Italia, S.E. Fernando Berguido Guizado. L’ambasciatore ha ribadito che il suo Paese, piccolo per superficie e popolazione, sta vivendo un’importante fase di crescita dalla fine della dittatura militare nel 1990. La transizione alla democrazia e l’accettazione popolare dei meccanismi che essa implica, dalle libere elezioni all’alternanza di governo, sono stati i fattori chiave dello sviluppo panamense, corroborato dunque dal tacito accordo tra i partiti succedutisi al potere per mantenere inalterate le condizioni necessarie alla crescita senza pregiudizi ideologici e interventi politici. Tale alleanza bipartisan realizzata in nome dello sviluppo ha favorito la stabilità governativa e gettato le basi per una crescita del PIL pari a circa l’8,5% negli ultimi dieci anni, con previsioni rosee per il futuro (6,5% nei prossimi cinque anni) malgrado la crisi globale.

Fernando Berguido Guizado

Per quanto riguarda il canale, l’Ambasciatore ha sottolineato i rilevanti progressi in merito al progetto di espansione. Dopo aver ricordato brevemente la storia del canale (sotto la sovranità panamense solo dal 1999) e le sue caratteristiche (lungo circa 81 chilometri che separano i due oceani, profondo 12 metri e largo fino a 300 nel tratto del Lago Gatún), sono stati mostrati i lavori di ampliamento, finanziati con un investimento di tre miliardi di dollari. Il progetto prevede la costruzione di un terzo sistema di chiuse su ambo i lati per aumentare la capienza, permettendo così il passaggio delle navi cisterna e triplicando così il carico trasportabile. In tal modo Panama mira a consolidarsi come hub marittimo cruciale nel collegamento di due oceani e come centro per la redistribuzione mondiale di merci, come dimostrano gli otto porti (cinque sull’Atlantico, tre sul Pacifico) presenti su entrambe le rive.

Il progetto è totalmente in mano panamense, gestito dal gruppo “Unidos por el Canal”, e sarà completato nel 2016, quando finirà la costruzione del sistema di chiuse, che non metterà a rischio la flora e la fauna locale. L’Ambasciatore Berguido ha infatti sottolineato che il Governo panamense avrà cura non solo delle funzioni logistiche del canale, ma anche di quelle sociali, essendo prevista la salvaguardia dell’ambiente, con piani di riforestazione delle zone chiave, nonché indagini archeologiche e paleontologiche.

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Lo sviluppo infrastrutturale di uno dei Paesi più prosperi dell’America Latina non si esaurisce nel suo fiore all’occhiello: il governo panamense ha infatti in mente ulteriori progetti per porsi come snodo fondamentale nella regione centroamericana, approfittando anche della posizione strategica a cavallo tra Caraibi e Sud America. Sono previsti per i prossimi anni cospicui investimenti per migliorare la “Metro de Panamá” (prima città della regione con sistema di treni metropolitani) e l’aeroporto della capitale nonché per potenziare l’interconnessione elettrica con la vicina Colombia. Infine, l’ambasciatore ha ribadito che il suo Governo apre alle imprese straniere a patto che lavorino con trasparenza e rispettando la leale concorrenza: a tal proposito, ha sottolineato l’importanza della cooperazione con l’Italia, con molte industrie coinvolte anche nei lavori di ampliamento del Canale (es. la Salini Impreglio).

Monica Robelo Raffone

La seconda relazione è stata quella dell’Ambasciatrice della Repubblica di Nicaragua in Italia, S.E. Monica Robelo Raffone, che ha illustrato i lavori del “Gran Canal Interoceánico”, iniziati da poco e da ultimare entro il 2019, secondo il progetto approvato dal Parlamento di Managua nel 2013, con cui è stata attribuita una concessione cinquantennale per la costruzione dell’opera alla Hong Kong Nicaragua Canal Development Investment Company (HKND), rinnovabile per altri cinquant’anni dal momento dell’effettiva entrata in funzione del canale. La costruzione del canale interoceanico, che non si porrà come concorrente a quello di Panama quanto piuttosto come struttura complementare, è un altro dei processi in atto che testimoniano della dinamicità della regione e che merita attenzione per le ricadute economiche e commerciali (come ribadito anche nella VII Conferenza Italia – America Latina e Caraibi svoltasi a Milano il 12 e 13 giugno scorsi): un ulteriore impulso verso la maggiore cooperazione con paesi come il Nicaragua, con un’economia in ripresa (crescita del 4,5% annuale con previsioni del 10% nei prossimi anni, deficit inferiore all’1% del PIL) durante la fase di transizione post-neoliberale condotta dal presidente Daniel Ortega. La forte leadership del politico sandinista, al potere dal 2007, non ha inoltre impedito lo sviluppo di un governo plurale e aperto a forme di partecipazione, che ha portato il Paese nel suo miglior momento storico, in cui verrà realizzato uno dei sogni millenari del popolo nicaraguense. La costruzione del Gran Canal Interoceánico si accompagna alla crescita dell’export (duplicato negli ultimi dieci anni) e degli investimenti esteri diretti (quintuplicati dal 2006) nonché a livelli di pubblica sicurezza più alti della regione e alla riduzione della povertà e delle diseguaglianze, obiettivo prioritario del Fronte Sandinista, da perseguire anche creando posti di lavoro con progetti ambiziosi come quello in questione: un investimento che dunque avrà ricadute sociali fondamentali. Da ricordare inoltre anche l’impegno ecologico di Managua, che ha cambiato matrice energetica sfruttando fonti rinnovabili che attualmente producono il 53% dell’energia, con l’ambizione di raggiungere il 90% entro il 2020. Un altro invito per le PMI italiane coinvolte nel settore, che potrebbero beneficiare di quest’interessante opportunità.

Maslenikov Castellanos

A concludere la prima parte della conferenza è intervenuto il dott. Maslenikov Castellanos, funzionario economico dell’Ambasciata della Repubblica di Cuba in Italia. Quest’isola è la più grande dei Caraibi ma la scarsità di risorse naturali e il sistema economico socialista la pongono in una condizione diversa rispetto a quella degli altri Paesi della regione. Cuba è in una fase di lenta e graduale crescita dall’inizio degli anni ’90, dopo una breve crisi dovuta alla caduta del blocco sovietico, con cui L’Avana ha avuto prolifici rapporti. Ma ciò che ne condiziona l’ingresso nel mercato mondiale è sicuramente l’embargo statunitense, che si protrae da oltre cinquant’anni e che di certo non cesserà a breve: malgrado le aperture di Obama in seguito allo storico incontro con Raúl Castro nel dicembre scorso, il commercio tra Cuba e Stati Uniti tutt’ora non esiste.

L’economia cubana sta attraversando comunque una fase di crescita (tassi del 4% registrati l’anno scorso), con rapporti commerciali particolarmente floridi con i Paesi del continente americano (oltre il 50%) e quindi con Europa (circa il 27%, con l’Italia all’ottavo posto) e Asia (15%, con la Cina al primo posto tra i partner). Tra i settori in crescita si segnalano agroalimentare, farmacologico, informatico, turistico e medico, che testimoniano dello sforzo del paese per fabbricare da sé prodotti altrimenti da acquistare all’estero. Il Governo cubano ha previsto inoltre numerosi progetti per sviluppare energia da fonti rinnovabili, con l’obiettivo di produrne almeno un quinto entro il 2030 (diminuendo la quantità di combustibile fossile attualmente utilizzata per quasi il 95% dell’energia ottenuta) oltre che per realizzare nuove infrastrutture, fattori chiave per gli investimenti esteri.

A tal proposito, il progetto di sviluppo nella Zona Economica Speciale di Mariel risulta un tassello fondamentale per attirare capitali stranieri, ricalcando il modello degli anni ’70 della Cina di Deng Xiaoping. Il porto di Mariel è situato a circa 40 chilometri di distanza da L’Avana e ha un’estensione di più di 460 chilometri quadri e secondo i progetti saranno garantite concessioni sia a investitori nazionali sia a investitori stranieri. La zona sarà divisa in diversi blocchi, come quello del porto, che riveste un’importanza cruciale nell’economia cubana poiché vi è stata spostata tutta l’attività commerciale rivolta alla capitale, quello del parco tecnologico o ancora quelli destinati allo sviluppo dell’agricoltura e dell’attività petrolifera. Obiettivo de L’Avana è anche aumentare il traffico marittimo con i paesi circostanti, approfittando della posizione strategica di Cuba, vicina ai porti di Stati Uniti, Messico e di altri paesi della regione centramericana. La finalità della zona economica speciale di Mariel è attirare investimenti esteri, anche tramite particolari incentivi (per i primi dieci anni le aziende saranno esentate dalle tasse sulla manodopera), per poi destinare i frutti di quest’ambizioso progetto a finalità sociali, nell’interesse del popolo cubano.

francesco g. leone

La seconda parte della conferenza è stata aperta dall’avv. Francesco G. Leone, Direttore del Programma “America Latina” dell’IsAG, che ha illustrato i possibili svantaggi di un approccio puramente geografico alla regione centroamericana, dimenticandone i presupposti ideologici che ne sono alla base e che determinano le alleanze in gioco: Cuba e Nicaragua fanno infatti parte dell’ALBA, che propone un modello di sviluppo fortemente cooperativo, mentre Panama vuole integrarsi all’Alleanza del Pacifico, basata invece su un modello competitivo. Queste alternative di sviluppo meritano di essere analizzate per capire come i diversi modelli possano stimolare investimenti anche in chiave sociale, ricordando che tali modelli sono vincolati al tipo di diritto di cui la società in questione decide di dotarsi.

I Paesi della regione protagonisti di questa fase di crescita devono trovare il giusto equilibrio tra protezione del capitale straniero e difesa degli interessi locali: è necessario assicurare tutele e garanzie all’investitore estero ma al contempo facendo in modo che i suddetti investimenti abbiano importanti ricadute sociali, con la promessa di miglioramenti non soltanto economici.

In un’analisi scevra da pregiudizi ideologici sui sistemi giuridici del Centroamerica si possono notare interessanti punti di contatto con l’ordinamento italiano, utili a tranquillizzare coloro che ancora hanno una visione distorta sulla regione in questione. Se la proprietà in Italia è pubblica o privata, a Cuba, in un paese socialista in cui per definizione la seconda non dovrebbe esistere, esiste tuttavia la proprietà delle imprese miste delle società e delle associazioni, con una certa tolleranza dunque verso gli investitori esteri, a riparo da arbitrarie espropriazioni. La Costituzione del Nicaragua non parla apertamente di proprietà pubblica o privata ma si concentra sul concetto di proprietà in generale, definendola inviolabile. Panama, di tradizione giuridica diversa, parla di proprietà privata e nel contempo anche di funzione sociale della proprietà.

Per quanto concerne gli indici di rischio legati a un investimento estero, l’avv. Leone sostiene che è importante soffermarsi non tanto sui dati forniti da alcune entità creditizie e/o assicurative, quando sul modo in cui i medesimi vengono calcolati, spesso lontani da realtà oggettive e ricavati da fonti derivate. Ad esempio il sito della SACE segnala che a Cuba ci sarebbe un rischio del 96% a causa del mancato pagamento della controparte bancaria e che in Nicaragua il rischio di un conflitto politico è pari al 50%: addirittura per Panama, Paese di storica e consolidata tradizione nell’attrarre investimenti dall’estero, il rischio di guerra si attesterebbe al 42%. Ma la SACE prende come vero tutto ciò che viene calcolato dall’OSCE, che indicizza, in modo azzardato, soltanto i Paesi che di tale organizzazione non fanno parte. Se invece venissero presi in considerazione i dati del World Economic Forum si noterebbe che la differenza tra l’Italia e alcuni paesi del Centroamerica per quanto riguarda la qualità delle istituzioni pubbliche è più lieve di quanto si pensi: il Nicaragua occupa il 106esimo, solo uno in meno rispetto all’Italia, contrassegnata da una fortissima sfiducia dei cittadini nei confronti dellla politica. Statistiche che, tra l’altro, premiano il Panama, considerato in generale più competitivo dell’Italia, ma che non riguardano Cuba, perché non fa parte del World Economic Forum.

simona bottoni

Successivamente è intervenuta la dott.ssa Simona Bottoni, Ricercatrice Associata del programma “America Latina” dell’IsAG, con una relazione focalizzata sul ruolo di Stati quali Russia, Cina e Brasile in Centroamerica, attori chiave nell’attuale contesto geopolitico multipolare e che nutrono particolare interesse verso gli sviluppi infrastrutturali in atto. L’area centroamericana a breve si porrà come snodo strategico nel traffico commerciale grazie all’ampliamento del Canale di Panama, alla costruzione di quello del Nicaragua e al progressivo ingresso di Cuba nel mercato mondiale, permettendo in particolare l’aumento dei flussi di cambio con i paesi asiatici, Cina in primis. Lo sfruttamento e il controllo di queste strutture diventando obiettivi appetibili, che potrebbero cambiare gli equilibri geopolitici in un futuro prossimo.

L’affacciarsi dei Paesi BRICS sulla scena centroamericana non comporta un minore interesse da parte degli Stati Uniti, i quali al contrario punteranno sullo sviluppo delle infrastrutture di questa regione strategica per implementare le esportazioni di shale gas, il cui sviluppo in alternativa al petrolio gli consentirà non solo di raggiungere l’indipendenza energetica ma anche di porsi come fornitore per alcuni paesi asiatici come la stessa Cina. Le navi di grande tonnellaggio preposte a questi traffici beneficeranno dei lavori in corso negli Stati centroamericani.

Eppure, la Cina ambisce ad ottenere il controllo di questi processi, fondamentali per incrementare un volume di scambio con i Paesi dell’America Latina che ha raggiunto traguardi ragguardevoli (261 miliardi di dollari nello scorso anno) e per permettere a Pechino di aumentare l’approvvigionamento di risorse naturali strategiche (es. il petrolio venezuelano, il litio boliviano, i minerali brasiliani, eccetera). Non è un caso dunque che sarà proprio la Cina tra i principali investitori del nuovo porto di Mariel a Cuba, oltre ad avere un ruolo chiave anche nella costruzione della ferrovia transoceanica che collegherà la costa atlantica del Brasile a quella pacifica del Perù e del Gran Canal Interoceanico del Nicaragua, che cercherà di ottenere una fetta pari al 5% dei traffici commerciali mondiali (il Canale di Panama raggiunge il 10%).

Altro Paese che guarda con interesse a questo sviluppo è il Brasile, potenza mondiale emergente ed economia di riferimento della regione. Le imprese brasiliane intendono incentivare l’export verso la regione dell’America centrale e in particolar modo a Cuba, di cui, come ribadito da Dilma Rousseff, Brasilia mira a sostituire il Venezuela come primo partner commerciale, di qui l’ingente investimento, pari a 900 milioni di dollari, nella zona speciale di Mariel. Inoltre, i miglioramenti infrastrutturali regionali permetterebbero di aumentare il volume di scambi con la Cina, di cui il Brasile è già primo partner in America Latina.

Infine, degno di nota appare anche l’interesse russo, più per motivi geopolitici che economici. Mosca ha seguito con attenzione le vicende relative alla costruzione del canale nicaraguense: se è vero che molto probabilmente non riuscirà a partecipare al finanziamento dell’opera, Putin ha però garantito il proprio appoggio in merito alla sicurezza necessaria per portare a termine i lavori. Un sostegno militare volto a rafforzare la presenza russa in un’area strategicamente cruciale, soprattutto in caso di trasferimento interoceanico della flotta se deciderà di creare una base navale a Cuba o in Venezuela. Una mossa volta a creare preoccupazioni agli Stati Uniti e a controbilanciare il progressivo rafforzamento della NATO in Europa orientale.

alessandro di liberto

Infine, ultima relazione è stata quella del dott. Alessandro Di Liberto, Ricercatore Associato del programma “Infrastrutture e sviluppo territoriale” dell’IsAG, che si è soffermato sul rapporto tra sviluppo infrastrutturale e cambiamento geopolitico cui si sta assistendo negli ultimi anni, come dimostrato dai progressi in Centroamerica ma anche dai lavori che l’Egitto sta portando avanti a Suez. Il caso cubano è particolarmente interessante considerato il nuovo corso inaugurato da Raúl Castro, imperniato su una maggiore apertura al mercato, di cui la zona economica speciale di Mariel è simbolo tangibile. Ma se da un lato Obama ottiene un risultato notevole con la “normalizzazione” de L’Avana (sia per seguire una politica di “zero problemi con i vicini” sia forse come risposta alla crisi ucraina), dall’altro rischia di veder crescere nell’ex cortile di casa statunitense l’influenza di Pechino tramite il “cavallo di Troia” del canale nicaraguense, dall’importanza strategica enorme.

Di fatto, la Cina e i Paesi asiatici saranno da qui al 2030 i Paesi con la maggior crescita economica mondiale e con una classe media in ascesa che desidererà acquistare risorse e prodotti. Se il Canale di Panama è figlio di un secolo dominato dagli Stati Uniti, il Gran Canal Interoceanico del Nicaragua testimonia di un secolo multipolare con nuovi protagonisti, a trazione cinese e asiatica ma nel quale la regione latino-americana giocherà un ruolo chiave, sfruttando ad esempio la complementarità dei due canali e la propria posizione che ne fa un hub privilegiato. Una Cina dunque impegnata a ridisegnare gli equilibri geopolitici mondiali (si pensi anche all’Africa e all’Asia Centrale) e a finanziare lo sviluppo globale di reti infrastrutturali che serviranno da arterie per facilitare il commercio: la contrazione di consumi degli ultimi anni viene considerata un arresto momentaneo, dovuto soprattutto alla finanza che ha drenato liquidità dall’economia reale, e pertanto non spaventa Pechino, impegnata nella costruzione di opere durature che saranno i tasselli della sua crescita futura.

(Foto di Priscilla Inzerilli)

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