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Sylos Labini spiega la caduta del saggio di profitto

Creato il 02 dicembre 2013 da Zeroconsensus

marx

 

La caduta tendenziale del saggio del profitto secondo Marx è un fenomeno evidente: questa «legge» «costituisce il mistero a svelare il quale tutta l’economia politica si è adoperata dal tempo di Adam Smith: la differenza fra le varie scuole da Smith in poi consiste nei diversi tentativi per giungere a tale soluzione» (Capitale, libro 111, cap. XIII). La soluzione proposta da Marx è la seguente. Ammessa una corrispondenza univoca e necessaria fra valori e prezzi (là dove i valori esprimono un certo numero di ore di lavoro incorporato nelle merci) e chiamando saggio del plusvalore il rapporto fra plusvalore (p) e capitale variabile (v, dato dal monte salari), l’aumento
della composizione organica del capitale, data dal rapporto fra capitale costante (C, macchine, materie prime e altri mezzi di produzione) e capitale totale [c/(c+v)], fa diminuire il saggio del profitto [p/(c+v)]; e l’aumento della composizione organica è reso inevitabile dalla concorrenza tra capitalisti. Infatti, se in una data attività economica una certa impresa introduce un nuovo metodo che consente di aumentare la produttività del lavoro e quindi di ridurre i costi, essa ottiene un profitto straordinario. Ciò spingerà le altre imprese a introdurre via via quel metodo e indurrà nuove imprese ad entrare nel mercato, con conseguente aumento sia della produttività che della produzione. (Si tratta, in ultima analisi, dello stesso processo di meccanizzazione cui abbiamo accennato dianzi.) Di conseguenza, i prezzi diminuiranno, in proporzione ai costi, e i profitti torneranno al livello di partenza. Un tale processo, che via via si ripete in tanti e tanti rami di attività economica, comporta un aumento nella composizione organica del capitale, giacché i nuovi metodi normalmente si incorporano in macchine, che sono parte del capitale costante. Con l’aumento della composizione organica nell’intera economia, il saggiomedio del profitto tenderà a cadere. Questa tendenza può essere contrastata e, per così dire, sospesa per periodi anche considerevoli. A lungo andare, tuttavia, essa non potrà non prendere il sopravvento; e poiché «il saggio del profitto costituisce la forza motrice della produzione capitalistica» (sono parole di Marx), ne risulta compromesso i1 processo di accumulazione: il sistema capitalistico entra pertanto in una fase di crisi generale, che non può non essere l’antefatto della sua fine. Oramai, la soluzione di Marx non è più accolta da nessun marxista di rilievo, per quauto io sappia. In primo luogo, lo stesso fenomeno – che Marx dava per scontato – è, a dir poco, estremamente dubbio: a periodi, non brevi, in cui si sono osservati indizi abbastanza consistenti di flessione del saggio medio del profitto (per esempio: l’andamento del saggio medio dell’interesse – specialmente dell’interesse reale – può costituire uno di questi indizi), sono seguiti periodi che presentavano indizi opposti: non sembra proprio che si possa parlare di una tendenza visibile in modo chiaro e distinto. Quanto poi alla specifica soluzione analitica di Marx, apparentemente semplice e convincente, essa si fonda su schemi estremamente problematici, a cominciare dall’assunto che vi sia una corrispondenza univoca fra valori e prezzi (e il saggio del profitto si fonda sui prezzi, non sui valori). Questa, che era la «legge di movimento» cui Marx più teneva, non regge; pertanto non reggono neppure le conseguenze che ad essa Marx attribuisce. I1 capitalismo può certo venir meno – nella pienezza del tempo – ed essere sostituito da un altro sistema economico-sociale: il socialismo. Personalmente sono convinto che – nella pienezza del tempo, appunto – è molto probabile che ciò avvenga. Ma la trasformazione può aver luogo in radicalmente diversi da quelli prospettati da Marx.

Paolo Sylos Labini, Le forze dello sviluppo e del declino, Laterza, Bari 1984


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