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Sylvester Ogbechie, intellettuale nigeriano,docente universitario in California,chiede di salvare la cultura africana

Creato il 28 gennaio 2012 da Marianna06

 

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Mentre in Africa molti giovani studenti , tanto al liceo che all'università,specie nelle cosiddette scuole esclusive, sono  attratti ,oggi giorno, sempre più da una cultura mondialista, a partire dalla conoscenza delle lingue straniere e non solo,  e i governi locali incoraggiano tale tendenza con programmi scolastici ,che ricalcano i modelli  europei o americani, alcuni intellettuali , come Sylvester Ogbechie,  un noto professore nigeriano, che insegna Arte in un'università della California, é  assolutamente di parere diverso.

Secondo Ogbechie e i suoi sodali quello che accade nelle scuole e nelle università africane è negativo, perché conduce inevitabilmente a relegare in un cantuccio o addirittura a far cadere  nel dimenticatoio culture e tradizioni delle diverse etnìe presenti sul suolo africano. Ed è male.  Anzi malissimo.

Egli, parlando in pubblico a Lagos, in occasione della presentazione di un suo libro, porta degli esempi di alcuni giovani africani ,che conoscono benissimo la storia delle principali nazioni europee, sanno tutto delle grandi capitali del mondo,dei più famosi musei  mentre ignorano completamente la propria storia.

E per storia, Ogbechie non intende solo quella politica, economica o sociale , ma sopratutto, da esperto d'arte quale egli è,essenzialmente quella artistica africana,di cui il continente è comunque ricco.

Un appunto sollevato che, allargato ai diversi rami del sapere,cade a proposito.

E che tuttavia si presta, volendo, ad un dibattito critico perché una scelta culturale del genere potrebbe anche trasformarsi in una chiusura di orizzonti, non idonea ai tempi che stiamo vivendo.

Ecco allora che il docente precisa che il modello da seguire potrebbe essere, ad esempio, quello giapponese, che è stato capace di operare un'armonica integrazione tra tradizioni culturali del passato e modernità.

Facile a dirsi, difficile da attuarsi. Anche perché siamo in Africa.

Resta valido comunque il fatto che la proposta di Ogbechie e di quegli intellettuali ,che sono del suo stesso avviso, è una sfida che potrebbe essere colta e messa in atto.

Magari ,forse, per gradi.

Senza farsi eccessive illusioni insomma, in quanto le priorità da risolvere nel continente africano sono davvero ancora tantissime e bisogna  rispondere a quelli che si chiamano bisogni primari e cioé offrire alla maggioranza delle persone una dignitosa qualità della vita.

Dare cibo, casa, salute, lavoro certo e anche istruzione ovviamente.

Senza ,però, fare salti nel buio.

Con il rischio di cadere e farsi male e non risolvere nemmeno il poco risolvibile.

 

   A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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