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Synecdoche, New York

Creato il 11 aprile 2012 da Misterjamesford
Synecdoche, New YorkRegia: Charlie KaufmanOrigine: UsaAnno: 2008Durata: 124'
La trama (con parole mie): Caden Cotard, regista e produttore teatrale, vede la sua vita andare in pezzi, in bilico tra l'ipocondria che si porta appresso e l'abbandono della moglie Adele, quasi fuggita in Europa portandosi dietro la figlia Olive in modo da fare esplodere lontana dal marito il suo enorme talento artistico.Per guarirsi da questa ferita l'uomo fa entrare ed uscire dalla sua vita Hazel, bigliettaia che pende dalle sue labbra e dai suoi sogni, per poi finire sposato all'attrice Claire ed avere una seconda figlia di cui non ricorda neppure il nome.Nel frattempo, la sovvenzione di un riconoscimento importante gli permette di allestire uno spettacolo in totale libertà, in cui replicare la sua stessa esistenza e la città di New York neanche fosse una sorta di dio alla ricerca di risposte troppo grandi perfino per lui.Il gioco delle parti arriverà ad una conclusione soltanto quando la morte metterà la parola fine ad uno spettacolo in perenne divenire. O forse no?
Synecdoche, New York
Era dai tempi di Kynodontas che non mi capitava di detestare così tanto un film impossibile da non riconoscere come gigantesco.
Charlie Kaufman, sceneggiatore geniale cui si devono cose come Il ladro di orchidee ed Eternal sunshine of a spotless mind si è presentato in casa Ford sfruttando l'esca appassionata gettata da Dae nella sua recensione di questo titolo con un film enorme, ambizioso e poetico quanto irritante e radical chic. Sfruttando un cast in stato di grazia - da Seymour Hoffman a Tom Noonan, da Michelle Williams a Samantha Morton - ed uno script così stratificato da riportarmi quasi immediatamente al ricordo del viaggio che fu Inland empire, Kaufman fa tutto il possibile fin dai primi minuti per mettermi in condizione di afferrare le mie ormai ben note bottiglie e schiantarle una dopo l'altra e più volte sulla sua testa, spingendo l'acceleratore su un'infinità di quelle apparenti stronzate forzatamente d'autore che tendenzialmente mi portano ad incazzature fuori dal comune.
Ma l'impressione che tutto fosse una trappola, o una sorta di banco di prova per capire se sarei stato in grado di arrivare ad una delle escalation conclusive più incredibili cui abbia assistito negli ultimi mesi - e in questo è riuscito a farmi tornare alla mente Take shelter - è rimasta, così mi sono ritrovato ad ingoiare i rospi così sistematicamente propinati dal regista in modo da capire, una volta giunti i titoli di coda, se davvero fosse valsa la pena di attendere, e resistere, o se i colpi proibiti del saloon avrebbero a ragione preso il sopravvento con un piglio ancora più deciso.
Ed eccomi, dunque, percorso da brividi, seguire l'impresa titanica di un piccolo uomo alle prese con le architetture complesse della vita - sua, e in generale -, riflettendo i fallimenti e le meschinità nelle conquiste e in un corpo poco generoso - quasi un'interpretazione sotto acido di La versione di Barney - che arriva a toccare il cuore di una donna dopo l'altra proprio a partire dalle sue insicurezze, da una fragilità che non permette di godere di un'esistenza così piena se non rifugiandosi in un'interpretazione di se stesso che assume dimensioni diverse - e di nuovo torna il personaggio incredibile interpretato da Noonan, splendido dall'inizio alla clamorosa uscita di scena - o nel lamento di chi ha troppa paura per poter effettivamente osare, o forse osa troppo dentro perchè tutto possa essere portato fuori.
E lo spettacolo in divenire, il tempo che si dilata e contrae, una città nella città, donne e figlie che scompaiono, crescono, muoiono, prendono il posto da protagoniste e sovvertono tutte le regole fa pensare a questo antieroe come ad una sorta di Don Giovanni in lotta per la sua anima, un uomo troppo piccolo per comprendere un disegno che riesce difficile solo immaginare, e che Kaufman rappresenta straordinariamente a livello visivo con l'ultimo viaggio attraverso un set che neppure Kane in Quarto potere avrebbe potuto pensare essere così mastodontico.
La Rosebud di Caden Cotard è una creatura sfuggita al suo controllo, è sua figlia, sua madre, sua moglie, sua amante.
La Rosebud di Caden Cotard è una città che si evolve, cresce e decade come il nostro corpo sotto il peso delle stagioni che passano. Successi o fallimenti non fermeranno il suo incedere.
La Rosebud di Caden Cotard è una voce dalla regia, che detta i tempi per un'esistenza di fronte alla quale lui stesso si è fatto ormai minuscolo, tornando ad essere un embrione di qualcosa che, chissà, forse sarà.
La Rosebud di Caden Cotard è una Godot che è arrivata. Ed è così enorme da portare sulle spalle da non poter permettere altro al suo uomo se non di lasciare che sia quella voce all'auricolare ad illustrare come potrà finire.
O andare avanti, ancora.
Una parte per il tutto: questa è la sineddoche.
Questo è Caden Cotard.
Questi siamo noi, rispetto alla vita.
Una parte per il tutto.
Quale saremo pronti a recitare?
MrFord
"That time when things got better
we'd take trips across the wire
like the night we took the mad acid
swore we saw the city hall on fire
we come from across the border
we drink the six mile water
this mongrel needs a new home
this mongrel needs a new home
(la-la-la-la) I'm sorry
(la-la-la-la) I'm sorry
(la-la-la-la) I'm sorry
but I'm not ready for home."Therapy? - "Six mile water" -

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