Syriza: ambiguità e incongruenze

Creato il 07 febbraio 2014 da Rodolfo Monacelli @CorrettaInforma

“Tìmeo Debitologi” che ti vogliono governare(1)

Un’ affermazione di G. Stathakis, parlamentare di SYRIZA eletto a Chania e consulente finanziario di Tsipras ha di nuovo acceso il dibattito sul debito: il debito pubblico greco è oneroso o no? Stathakis, professore di economia, ha parlato alla radio partigiana di SYRIZAAl Rosso“. A un certo punto il giornalista chiede al professore se SYRIZA accetta il debito o se ritiene che dovrebbe essere rivisto e il signor professore risponde: «Ci sono due categorie di debiti, una è quando un paese prende prestiti liberamente dai mercati e l’altra è rappresentata dal credito bilaterale, quello cioè per qualcosa di particolare come i programmi di armamento. Il paese non ha un debito bilaterale. Questo tipo di debito ce l’hanno i paesi del terzo mondo che prendono prestiti dalla banca centrale mondiale per costruire scuole. Se questo denaro non arriva mai al paese perché, per esempio, il primo ministro lo ha preso ed è andato in Ecuador, allora si pone la questione del debito oneroso e questo pezzo del debito viene cancellato. Nel caso della Grecia, il debito oneroso è limitato. Riguarda i programmi di armamento e l’elettrificazione di OSE (ferrovie dello Stato ntd) che non è mai accaduta. Quindi è solo il 5% del debito che bisogna rivedere mentre gran parte del debito, oltre il 90%, è un debito obbligazionario. Lì non ha senso e nemmeno è prevista una procedura analoga a quella riguardante i debiti onerosi, non esiste una procedura legale per contestarlo. Il fatto che questi soldi il governo li abbia usati per fare opere costose o …Olimpiadi, non giustifica un processo di revisione sostanziale. Quindi in questo senso la maggior parte del debito non è contestabile, malgrado il fatto che i governi greci non abbiano usato i soldi nel migliore dei modi.»

Queste affermazioni hanno fatto saltare di gioia il portavoce di Samaras, S. Kedikoglou, che a sua volta ha fatto la seguente dichiarazione: «Il membro del team economico di SYRIZA, G. Stathakis, oggi ha affermato che SYRIZA considera oneroso soltanto il 5% del debito. Però la decisione politica del congresso costitutivo di SYRIZA (punto 13.2) prevede “la denuncia della maggior parte del debito”. Quindi o il signor Stathakis prende in giro il popolo greco o questo lo fa SYRIZA – Aspetteremo che chiariscano la loro tesi entro oggi e che ci dicano finalmente se la loro agenda è ancora valida e se loro cancelleranno unilateralmente la maggior parte del debito o solo il 5%…»

Come ogni gioco comunicativo richiede, SYRIZA ha risposto con un commento: “Il signor Kedikoglou fa di nuovo una lettura selettiva delle posizioni di SYRIZA, ma noi lo perdoniamo. Solo che sarà meglio che la prossima volta lui sia al corrente del fatto che SYRIZA chieda la cancellazione della maggior parte del debito, sia esso oneroso o no, e il pagamento della restante parte con clausola di sviluppo, nell’ambito di una regolamentazione europea, atta ad assicurare la coesione sociale e la ripresa economica. Inoltre, se il portavoce del governo si decidesse di informarsi circa la tesi del governo sulla questione debito, si prega di informare anche il popolo Greco”.

Nella rissa comunicativa è intervenuto anche il PASOK con la seguente dichiarazione: “Ci fa piacere il fatto che SYRIZA per mezzo del signor Stathakis abbia finalmente ammesso chi veramente ha cancellato la parte onerosa del debito”.

La vera posizione di SYRIZA

Abbiamo citato tutte le dichiarazioni per far vedere come gli asini della politica litigano nel fienile altrui (2). Dietro questa rissa virtuale traspare la facilità con cui si mettono d’accordo tra di loro su un punto fondamentale, cioè sul fatto che il popolo greco debba pagare il debito. La discussione riguarda le agevolazioni, le condizioni di restituzione. Quello che SYRIZA ammette è semplicemente che negozierà con i creditori sulle possibili agevolazioni che sostanzialmente gli permetteranno di mettere con più facilità il cappio al collo del popolo greco e di legarlo sul mangano del debito. Niente di più.

Non bisogna farci illudere dalla dichiarazione di SYRIZA sulla cancellazione del debito.. Si tratta di un augurio di SYRIZA che si affida alla buona volontà dei creditori “nell’ambito di una regolamentazione a livello europeo della questione debito”. Quindi SYRIZA cancellerà la maggior parte del debito se e quando saranno d’accordo i creditori e se ci sarà “una regolamentazione europea” per l’intero debito dell’eurozona. Cioè…”campa cavallo che l’erba cresce“.

Non è assurdo, specialmente in questo periodo che vengono fuori uno dopo l’altro gli scandali con le tangenti sugli armamenti e gli enormi crediti concessi dalle banche alle élite e mai restituiti, che nessuno ponga la questione fondamentale, cioè come si è creato il debito e chi ne ha usufruito? E, anzi, proprio questo periodo vogliono che i creditori siano sicuri che nessuno degli aspiranti “stalloni politici” porrà la questione della legittimità del debito. Questo era il significato dell’affermazione del signor Stathakis, che SYRIZA ha condiviso in modo indiretto nonchè chiaro. L’obiettivo era quello di rassicurare i centri stranieri, che hanno schiavizzato il paese con l’arma del debito, che loro mai e in alcun modo solleveranno la questione della legittimità del debito. Qualunque cosa venisse scoperta. Qualsiasi scandalo barbaro scoppiasse, mostrando la portata mai vista del saccheggio e dello sciacallaggio compiuto.“Ciò che è fatto, è fatto. Ora stai zitto e paga!”, è questo che ci dicono e ci promettono come se fossimo degli ergastolani, che cercheranno al massimo di ridurci la pena alla quale, grazie al debito, siamo condannati. Importante è che rendiamo felice il carceriere cioè l’UE.

E per gettarci fumo negli occhi continueranno a far finta di litigare con i governanti, nella speranza che noi penseremo che il partito di Tsipras sia migliore. É questo il punto, convincere il popolo del fatto che non ci sia nessuna possibilità di offendere o di denunciare la legittimità del debito che invece il popolo dovrà pagare con la propria vita, con quella della sua famiglia e del suo paese.Certamente la verità è un’altra. Il debito pubblico greco non è solo oneroso ma anche odioso, è un crimine orrendo contro il popolo greco. Cerchiamo di srotolare la matassa di filo e di eliminare la confusione che i politici creano deliberatamente. Non ci occuperemo delle teorie economiche del signor Stathakis perchè fanno ridere. Non vale niente ciò che sostiene. Non so dove le ha trovate le cose che dice, ma questo signore non sa di cosa parla.

Credito bilaterale e immunità fino agli anni ’80. La prestazione attraverso obbligazioni è il modo più oscuro e speculativo di indebitamento di uno stato, perchè la libera e anonima circolazione di obbligazioni nei mercati secondari agevola ogni tipo di pagamenti poco chiari. Il crollo dei mercati finanaziari e le ripetute bancarotte degli stati nel periodo interbellico durante la “grande recessione” spinsero gli stati a cercare diversi tipi di credito. Abbandonare cioè le obbligazioni che tradizionalmente usavano e preferire i contratti bancari di credito. Ritenevano che, specificando la responsabilità di credito, avrebbero dissuaso le banche a concedere crediti in sofferenza agli stati. Questa forma di credito è prevalsa durante il periodo dal dopoguerra fino alla grande crisi del debito del 1982 ma anche dopo. Persino lo stato greco prendeva prestiti tramite contratti di credito con banche fino alla fine degli anni ‘80. Però il controllo dei contratti bancari di credito era, e lo è tuttora, relativamente facile e i paesi debitori potevano porre questione di legittimità del debito e rifiutare il pagamento di contratti abusivi ed illeciti. Negli anni ’80 questo successe più volte. Soprattutto con i paesi del movimento di Cartagena, che era una alleanza di paesi indebitati dell’America Latina che posero la questione della legitimità dei loro debiti con le banche americane. All’inizio degli anni ’90 si tornò alla prestazione mediante obbligazioni; il motivo è semplice. In questo modo l’acquisto di debiti diventava libero e le banche non sarebbero state più responsabili dei contratti abusivi e illeciti concessi agli stati debitori, come invece lo erano nei decenni precedenti. La responsabilità del creditore spariva nell’anonimato dei mercati dei titoli. Ciò che invece rimaneva ancora era la responsabilità dello stato debitore; e il FMI avrebbe gestito questa responsabilità in modo tale che nessuno stato avrebbe mai più rifiutato di pagare il proprio debito.

Secondo Ross Buckley uno dei più noti esperti moderni nella gestione dei debiti nel mondo : «Prima del 1982 la maggioranza delle crisi di debito pubblico finivano con default (sospensione de pagamento). Dopo il 1982 meno del ¼ dei paesi in crisi hanno sospeso il pagamento dei loro debiti. Come mai c’è stata l’inversione di questa tendenza storica?» (Ross P. Buckley, International Financial System, Wolters Kluwer, 2009, σ. 115)

Perchè è successo questo? Perchè lo stato è munito di immunità nei confronti dei suoi creditori per via della sovranità nazionale. Quindi in caso di default i creditori non possono fare altro che sperare o premere per un’arrangiamento. Questo era un vantaggio per lo stato debitore. Cosi fino agli anni ’80 la stragrande maggioranza dei casi di paesi in crisi di debito, andavano in default e sospensione unilaterale del pagamento. In questo modo i creditori erano costretti a trattarre con lo stato debitore.

Come è iniziata la cessione della sovranità

Questa dottrina cominciò a cambiare gradualmente quando gli USA per primi hanno votato un atto legislativo, il «Foreign Sovereign Immunities Act» del 1976, seguiti dalla Gran Bretagna con lo «State Immunity Act» del 1978. Questi atti legislativi prevedevano la possibilità dello stato debitore di rinunciare volontariamente alla sua immunità. Cosi diedero ai creditori la possibilità di obbligare gli stati a firmare contratti di credito basatι sulla legislazione inglese o newyorkese.La nuova dottrina era semplice e la formulò molto chiaramente Walter Reston, presidente della Citibank-Citicorp americana, che aveva la maggior quota di prestiti ai paesi latinoamericani, subito dopo che il Messico annunziò la sospensione di pagamento del suo debito nel 1982: «I paesi non possono fare bancarotta. Questa è una procedura prevista dalla legislatura occidentale che ha lo scopo di perdonare le responsabilità individuali di un privato o di un’azienda che deve più di quello che possiede. Un paese, però, per quanto gravi possano essere le sue condizioni, possiede molto di più rispetto a ciò che deve. Il problema sono i flussi di cassa (cash flow) e la cura è mettere in atto programmi di risanamento e concedere del tempo per permetterli di funzionare» (New York Times, 14/9/1982). Da allora è iniziato lo sforzo del cartello bancario internazionale, con la piena collaborazione del FMI, degli USA, della Gran Bretagna e dell’Europa, indirizzato a non permettere ai paesi debitori di sospendere o cancellare i loro debiti quando diventano insostenibili, come invece facevano nei decenni precedenti.

Si, ma perchè la maggioranza dei governi degli stati membri obbedirono a questa dottrina? Uno dei più grandi studiosi di questo problema, il professore Luiz Carlos Bresser Pereira, quando la commissione parlamentare statunitense lo invitò a rispondere a questa domanda, lui disse che «malgrado le indicazioni sempre più numerose di impossibilità di pagamento dell’intero debito, una parte importante delle élite dei paesi indebitati rimane disposta a tentare di pagare. Possiamo pensare a diverse spiegazioni di questo comportamento…. ma vorrei sottolineare in questa sede, solo una possibile spiegazione: le élite nei paesi indebitati non sono tra quelli che soffrono da una crisi di debito. Al contrario un parte di esse guadagna dal debito» (Luiz Carlos Bresser Pereira, Testimony, January 5, 1989, Committee of Banking, Finance and Urban Affairs, U.S. House of Representatives).

In altre parole il motivo per cui uno stato debitore non procede con una sospensione unilaterale di pagamento e cancellazione del debito, nell’uno o nell’altro modo, dipende quasi esclussivamente dalla qualità dell’élite che lo governa. E, così, per proteggere gli interessi delle banche e in generale dei mercati finanziari, i paesi debitori e i loro popoli vengono condannati all’inferno. Se hai uno come Néstor Kirchner dell’Argentina che alle minacce dei mercati rispose che i debiti dell’Argentina sono odiosi perchè pagarli significa lacrime e sangue per il popolo (The Economist, 20/2/2004), allora sì i debiti di un paese si possono cancellare e il popolo può essere salvato dall’inferno totale dell’essere nelle mani dei creditori. Se invece hai la banda criminale che ci governa oggi allora il disastro totale è assolutamente certo.

Cosa Stathakis e company non ci dicono…

Esattamente sulla stessa onda si muove il signor Stathakis di SYRIZA, non solo adesso ma sin dall’inizio della crisi. Vale la pena ricordare che due mesi prima che la Grecia entrasse ufficialmente nel pozzo nero della peggiore bancarotta della sua storia, Stathakis aveva scritto sul giornale ΑΥΓΗ (14/3/2010) un lunghissimo articolo che finiva con questa domanda: «Sta fallendo l’economia greca»? Sapete la risposta che dava? «La risposta è una parola sola: No! I paesi di regola non falliscono, come ben si sa, e nemmeno i loro debiti si cancellano. Il debito greco fino ad oggi era gestibile. Dal momento che la Grecia si è trovata nel vortice dei mercati finanziari e degli sviluppi in Europa, la situazione ha presentato un repentino peggioramento, soprattutto dopo la rivelazione dei falsi dati riguardanti gli ultimi 5-10 anni».

Sapete perchè era gestibile il debito che oggi Stathakis ritiene “non sostenibile”? «È attorno ai 300 miliardi di euro e il suo pagamento è ancora ragionevole. Assorbe appena il 4,5% del PIL, 5.5 nel 2010. Cioè attorno al 10-13% della spesa pubblica». Allora il debito era gestibile perchè costava circa 11 miliardi di euro annui in interessi. Mentre oggi è “non sostenibile” perchè costa 9 milardi di euro in interessi. E Stathakis finiva dicendo: «Tuttavia l’economia greca non fallirà. Forse la pressione dei mercati per misure più dure continuerà,  forse il governo ritornerà col terzo pacchetto di misure, forse le misure del secondo pacchetto non renderanno quanto si aspettava per via della recessione, forse il disegno di legge fiscale correggerà un pochino l’enorme ingiustizia sociale dei primi due pacchetti, però è pressochè sicuro che il debito greco, che corrisponde al solo 2% del PIL europeo, non porterà il paese alla bancarotta. È vero che siamo di fronte a trattative dure e conflitti sociali intensi, però bisogna tenere le distanze dagli scenari catastrofologici e focalizzare su quelli veri, cioè quelli politici. Come e con quali adattamenti sociali sarà affrontata la crisi nella realtà e non nella sfera della fantasia».

A chi si riferiva all’epoca Stathakis quando parlava di “scenari catastrofici”? Ma a chi scrive questo articolo. Appena una settimana prima (7-3-2010), il giornale ΑΥΓΗ in un suo unico lampo pluralistico – mai ripetuto da allora – aveva pubblicato un mio articolo col titolo “C’è una questione di fallimento per la Grecia?”. In questo articolo, dopo che avevo dimostrato che la spesa complessiva per il pagamento del debito era arrivata al 35% del PIL nel 2009, da 19,3% che era nel 2002 e che, dal 65% della spesa pubblica nel 2002 ha avuto un aumento vertiginoso arrivando all’89,8% nel 2009, concludevo con la seguente affermazione: «Il paese viene portato verso un regime asfissiante di occupazione finanziaria, in quanto l’“adattamento fiscale” che i mercati e Bruxelles chiedono, equivale a una politica suicida, catastrofica e dissolutiva. La principale preoccupazione di Bruxelles non è evitare la bancarotta di per sè, ma evitare, per il maggior intervallo di tempo possibile, il suo annuncio ufficiale; anche se i dati dicono che non la si potrà evitare per molto ancora. Il paese è condannato ad un disastro totale allo scopo di usare l’ultima traccia vitale della sua economia e ciò che è rimasto del potere d’acquisto degli strati sociali popolari e del mercato interno, per pagare i suoi creditori».

Chi aveva ragione allora, lo ha dimostrato in maniera tragica la vita stessa. Stathakis, allora come adesso, eseguiva gli ordini dei suoi mandanti. Non sapeva, allora come non sa oggi, che nella spesa del debito non vengono calcolati soltanto gli interessi, ma anche le obbligazioni che scadono. Cosi, oggi come allora, ci assicurava che la Grecia non sarebbe andata in bancarotta, perchè cosi gli veniva detto dai suoi mandanti, e che i debiti non vanno cancellati; lo stesso dice oggi. Dobbiamo ammettere che è sempre stato molto coerente con i suoi mandanti, chiunque essi siano dentro e fuori SYRIZA.

Ma il punto è un altro. Gli daremo l’occasione, tanto a lui quanto a chi dietro di lui si nasconde, di sbagliare tragicamente un’altra volta? Gli permetteremo di giocare con il nostro destino? Gli daremo l’opportunità di giocare con le nostre vite? A chi non importa pagare il conto con il proprio sangue e col sangue dei sui figli spetta gioire, perchè personaggi come Stathakis si preparano a governare.

NOTE:

1: La frase fa riferimento alla frase latina “Tìmeo Dànaos et dona ferentis” che si trova nell’Eneide (Libro II, 49) di Publio Virgilio Marone. Sono le parole pronunciate da Laocoonte ai Troiani per convincerli a non fare entrare il famoso cavallo di Troia nella città.

2: La frase fa riferimento a un vecchio proverbio Greco e vuole indicare il fatto che la questione del debito greco gravi sul popolo e non sui partiti politici che la strumentalizzano per fare i loro giochi comunicativi.

3: Espressione che si riferisce alla mitologia greca quando Arianna aiutò Theseus a trovare l’uscita dal labirinto del Minotauro.

Scritto da Dimitris Kazakis. Pubblicato a «Χωνί» 2-2.2014

Traduzione Fivi Sokali EPAM INTERNATIONAL




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