Striscio i piedi per le strade del famoso quartiere fichetto alternativo punk chic della Capitale. La mamma marcia degli empi, sempre storicamente pregna, ha partorito fin qui una teoria di marciapiedi sconnessi, strozzati da ostacoli di ogni genere, ostruiti da cavalli di Frisia di pubblicità, paline, catene, catenacci, kryptoniti, bici, scooter e auto in sosta selvaggia, perversa, barbarica, con una, due, tre, quattro ruote sul basolato, sullo spartitraffico, sulle zebre o sulle aiuole rognose e incolte e a loro volta totalmente incrostate da polte stratificate di guano frammischiato d’uomini, ratti, cani e felini come in un’inconcepibile Chimera stercoraria che si erga con la presunzione di riassumere metaforicamente il contesto sociale tramite una divina mimesis di miasmi occulti, fomentati ulteriormente da accenti di deiezioni urinarie e sporadiche zaffate di vomiti acetonici ad alto tasso alcolico.
A fare da degno sfondo al simposio dialettico fra birre e pizze, truzzi e piacioni, strappone e zecche, occulti fregacci multicolori graffitati a man salva sui muri con isterica pervicacia fino ad annullare anche la possibilità di una prospettiva architettonica e a far ricadere l’intera strada in un piattume sporco e uniforme evocante la derelitta recinzione di qualche latrina campestre abbandonata e negletta nei pressi di qualche oscena bidonville del quarto mondo e frequentata prevalentemente da truppe di mercenari in vena di dissacrazione. I piedi stridono su un tappeto di vetri rotti che secondo gli autori canonici dovrebbe limitarsi a bordare le muraglie roventi degli orti esistenziali e invece ci rinnova quotidianamente il travaglio da fachiri dilettanti già suggerito dalle prime pagine dei principali giornali. Di fronte a me due ragazzini chiacchierano ad alta voce. «Io me sa che m’iscrivo a cinese…». «A cineseeee? Ma nun è difficile?» «Sì ma checce voj fare er futuro ormai è la Cina…» «Eh c’hai raggione, pure er presente… e me dispiace perché a me li cinesi me fanno schifo…». «Pure a me» annuisce saggiamente l’altro.