Taglio ideologico?

Creato il 07 settembre 2011 da Oblioilblog @oblioilblog

L’unico aspetto positivo degli ultimi delle ultime due misure inserite dal governo della manovra, vale a dire Iva al 21% e contributo di solidarietà per redditi superiori a 300 mila euro è che se prima erano scontenti quasi tutti, ora sono scontenti tutti, nessuno escluso.

C’è chi però era già uscito, ingiustificatamente, tartassato dalla finanziaria della prima ora: le coop.

Le cooperative, rosse o bianche che siano, sono un mondo produttivo al servizio del cittadino che spesso sopperisce alle mancanze dello Stato. Sono circa 80 mila in Italia, danno lavoro a oltre un milione di persone e costituiscono il 7,6% del PIL nazionale. Nonostante la crisi economica, le coop hanno registrato un aumento dell’occupazione del 3%. Sono società nate per durare nel tempo, anche oltre cento anni, perché la loro continuità economica è slegata dai fondatori. Un’azienda a conduzione familiare, per dirci, ha una vita media di vent’anni. 

Nella manovra è stata inserita la riduzione delle agevolazioni per le cooperative: un aumento del 10% delle imposte sugli utili accantonati a riserva, vale a dire quelli tenuti in ghiaccio per spese o investimenti futuri. Le coop agricole versano il 20% di questi profitti, quelle di consumo il 55%, le altre il 30%, escluse quelle sociali che sono esentasse. Ancora per poco.

Il provvedimento rischia di essere molto pesante calcolando che le coop sono spesso società modeste e non hanno finalità di lucro: il 75% ha il capitale sociale sotto i 10 mila euro, la soglia minima prevista per le Srl. Ogni euro, quindi, fa più che comodo.

Questo surplus di tasse, però, non frutterà molto allo Stato. Le stime sono molto differenti, tuttavia si tratta lo stesso di spiccioli: 714 milioni di euro per il Corriere, 800 per Libero, 300 per Il Giornale, 40 per il Sole 24 Ore. Secondo Luigi Marino, presidente di Confcooperative e portavoce dell’Alleanza delle Cooperative Italiane, circa 80-90 milioni. Soldi non decisivi per l’equilibrio della manovra, ma fondamentali per le coop.

Il sospetto che gira nel mondo delle cooperative è che si tratti di ritorsione del governo. Susanna Camusso, leader della CGIL, parla di “vendetta contro i settori economici in disaccordo con l’esecutivo”. Pure Il Giornale ha chiamato in causa “l’eterna partita tra i governi di centrodestra e il mondo cooperativo, bianco e rosso”.

La battaglie è ideologica e si gioca su due concetti di economia totalmente contrapposti. Lo sottolinea Carla Fiaschi, presidente del Consorzio nazionale delle cooperative di solidarietà sociale:

È chiaro che la forma cooperativa ha una sua forma economica che non è di tipo capitalistico anzi è alternativa a quella delle società di capitali e la manovra ne mette in discussione l’utilità. È un’economia a due velocità il cui motore viene frenato dalla manovra che colpisce l’istituto al cuore che va a indebolire la parte patrimoniale che i soci non usano come ricchezza privata come avviene nelle aziende ma accantonato in un fondo di riserva indivisibile che viene destinato per statuto alla stessa attività d’impresa, nella creazione di ulteriore occupazione e nello sviluppo di beni e servizi per la collettività. L’istituto stesso del lavoro cooperativo prevede che i soci rinuncino ad accumulare ricchezza privata prodotta dalle loro attività per destinare quelle risorse allo sviluppo di impresa e a vantaggio della comunità e del territorio. Forse è questo il punto: un’economia in cui il profitto si sposa con l’interesse generale non si piega agli interessi particolari di nessuno, non si manipola e per questo forse non piace

Ieri la maggior parte delle coop non hanno scioperato perché non certi servizi non posso essere interrotti:

Non è immaginabile né praticabile interrompere il lavoro con forme di astensione perché significherebbe fermare la consegna dei pasti a malati e anziani, l’accompagnamento di persone con handicap e tutti gli altri servizi di necessità sociale che svolgiamo. Al 90% noi svolgiamo servizi pubblici essenziali. Da anni siamo in una condizione in cui lo Stato non riesce a soddisfare i bisogni della collettività come erogatore di servizi di natura sociale. Le società cooperative suppliscono a questa prima mancanza e ancora a una seconda. Perché se ne parla poco ma chi lavora con le pubbliche amministrazioni viene pagato con ritardi crescenti che facilmente vanno dai sei mesi all’anno e mezzo. Nel frattempo le cooperative anticipano in proprio le spese ed eseguono le mansioni affidate accollandosi rischi e costi per pagamenti sempre incerti e differiti.

Giuliano Poletti, presidente di Legacoop, spiega perché l’aumento delle imposte è sbagliato:

Le agevolazioni non sono dei privilegi, ma sono legate a un diverso tipo di regime societario. In dieci anni ci sono stati già tre interventi di riduzione, nel 2001, 2004 e 2006.

Luigi Marino chiosa:

Così si toglie il pane a chi lavora ma si rastrellano briciole per fare cassa e con effetti decisamente contenuti.


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :