All’inizio di una gara: esplode il colpo di pistola dello starter e gli atleti scattano fulminei. Prima esistono il silenzio, la concentrazione e la tensione. Dopo c’è solo il movimento.
Nel taijiquan si vive la stessa sensazione. Arrivando dal silenzio e dalla concentrazione, in modo spontaneo e naturale; esplode, fluido, il movimento.
Le 108 tecniche sono ben chiare nella mente e nel corpo, seguiranno, ma “qishi” (起式) è il primo gradino nel salire una scalinata, è rivelarsi uscendo dall’ombra. Gli ideogrammi richiamano proprio questo concetto: crescere, sorgere, apparire, iniziare.
In una frazione infinitesimale di secondo si attraversa l’immobilità proiettandosi verso il movimento. Si viene dal nulla, dal vuoto creato intorno, dallo sguardo verso l’interno e si cresce verso l’esterno, verso il visibile. Tutto viene dilatato all’estremo; come trovarsi in una bolla al di fuori di tutto e di tutti dove tempo e spazio scompaiono.
Questo è il concetto di qishi. Il sorgere del sole, lo sbocciare di un fiore, un pugno che si apre mostrando un dono. Per poi tornare nell’immobilità, apparente.